I problemi del progresso – J. S. Mathur

Il conferimento del premio Nobel per la Pace 2007 ad Al Gore e Rajendra K. Pachauri, presidente dell’Intergovernmental Panel on Climate Change [Comitato intergovernativo sul Cambiamento Climatico, NdT), ha focalizzato la discussione sulle calamità che ha di fronte la specie umana come conseguenza del cambiamento climatico. Secondo Pachauri:

«Bisognerebbe fare qualcosa immediatamente per mitigare le minacce del riscaldamento globale che sono prossime e reali».

Gordon Brown ha osservato:

«Il mutamento climatico pone una sfida urgente che minaccia l’ambiente ma altresì la pace e la sicurezza, la prosperità e lo sviluppo internazionali».

Il riscaldamento globale è solo un sintomo della civiltà prevalente. Dobbiamo andare agli elementi fondamentali e non essere deviati enfatizzando i vari sintomi dell’attuale patologia e limitandoci a trovare soluzione a questi. Il 6 aprile 1921 Gandhi scriveva in «Young India»:

«Dobbiamo rifiutare di aspettare per generazioni prima di attrezzarci per una chiara soluzione dei problemi di gravità via via crescenti. La natura non conosce pietà nell’applicare una giustizia severa. Se non ci svegliamo in fretta, verremo spazzati via dall’esistenza».

È davvero ora che ascoltiamo il saggio consiglio di Gandhi e cambiamo radicalmente i concetti connessi con la crescita, il progresso e lo sviluppo. Il suo messaggio è universale per l’intera umanità. Egli fece esperimenti in India e la gente capì il suo linguaggio semplice. Rivolgendosi agli Amici americani osservava:

«Il messaggio dell’arcolaio è ben più ampio che la sua circonferenza. Il suo è un messaggio di semplicità, servizio all’umanità, di modo di vivere tale da non far male ad altri, creando un legame indissolubile fra ricchi e poveri, capitale e lavoro, principe e contadino. Il messaggio è naturalmente per tutti».

Le conferenze internazionali sul cambiamento climatico negli anni recenti sono terminate in pie risoluzioni. Pare che chi frequenta tali discussioni siano politici e burocrati d’alto rango lontani dalle realtà e dalle carenze del sistema attuale. Guardandoli ben vestiti e coi visi raggianti ai tavoli delle conferenze, si può capire la noncuranza d’approccio a quei problemi: non sono disposti a mutare i propri stili di vita. Prestiamo attenzione su quel che Gandhi disse parecchi decenni fa:

«Non credo che la moltiplicazione dei bisogni e del meccanismo ideato per soddisfarli conduca il mondo un solo passo avanti verso la sua meta … Detesto di tutto cuore questo pazzo desiderio di annullare le distanze e i tempi, di aumentare gli appetiti animali e andare in capo al mondo in cerca della loro soddisfazione. Se la civiltà moderna è tutto questo […] la chiamo satanica».

In Hind Swaraj osservava: «Questa civiltà è tale che con un po’ di pazienza si distruggerà da sola». (Mahatma Gandhi, Vi spiego i mali della civiltà moderna. Hind Swaraj, Gandhi Edizioni, Pisa 2009, p. 53 [questa è la nuova traduzione del testo fondamentale di Gandhi, assolutamente da conoscere, NdT]). E ancora:

«La civiltà è come un sorcio che rode mentre ci lusinga. Quando il suo effetto sarà completamente raggiunto, vedremo che la superstizione religiosa è innocua se paragonata a quella della civiltà moderna. Non sto difendendo la continuazione della superstizione religiosa. Dovremo certamente combatterla con le unghie e con i denti […]» [ibid, p. 59, NdT].

«Nell’evoluzione della civiltà le necessità hanno creato macchine e tecnologia semplice. Nella civiltà moderna questa situazione si è rovesciata: nel mondo d’oggi è la tecnologia che crea i bisogni (non necessari) e questo è il lato cattivo. La tecnologia ha creato un’era di ebbrezza, non solo di emozioni artificiali e di piaceri creati dalle fabbriche d’intrattenimento, ma sogni di potere e di conquista dello spazio esterno».

Il mondo ha di fronte vari problemi oltre al riscaldamento globale: inquinamento, squilibri ecologici, esaurimento delle risorse e simili. Ma ben più importanti sono i problemi social ed emotivi che questo sviluppo sfrenato della tecnologia ha provocato alla specie umana. Uno di questi è una sensazione di impotenza e disperazione. Bertrand Russell diceva:

«Viviamo forse l’ultima era dell’uomo, e in tal caso, è alla scienza che dovrà la sua estinzione» (L’impatto della scienza sulla società, Newton Compton, Roma 2005, p. 33).

Albert Schweitzer osservava:

«E’ ora chiaro a tutti che il suicidio della civiltà è nel progresso. Quel che ancora ne rimane non è più sicuro» (Decay and Restoration of Civilisation, p. 16).

Oggi la tecnologia è il dominio dello specialista e uno specialista è uno che conosce sempre di più su qualcosa che è sempre di meno. Basandoci su questa tecnologia fuori controllo abbiamo una centralizzazione a tutto campo col potere concentrato nelle moderne multinazionali che trascendono i confini nazionali e si basano su concorrenza, sfruttamento, coercizione e manipolazione. Il rimedio alle attuali patologie che debbono essere affrontate dal mondo e dall’umanità è una integrale revisione del nostro approccio alla vita. Al Gore ha osservato:

«Siamo anche caduti vittima di una specie di delirio tecnologico, che ci induce a credere che i nostri nuovi poteri possano essere illimitati» (La Terra in bilico, Bompiani, Milano 2008; nell’edizione inglese p. 206)

Una delle caratteristiche della tecnologia è che non ci sia limite alla sua crescita. Gandhi osservava:

«Il mondo delle macchine è come una tana di serpente che può contenerne da uno a cento. […] è il simbolo principale della civiltà moderna […] rappresenta un gran peccato».

Altri tratti della tecnologia sono che non solo sostituisce il lavoro fisico umano e animale, ma ha una volontà propria e dipende dalla creazione di bisogni (non necessari) insaziabili. Mette un’enorme concentrazione di potere materiale e di ricchezza nelle mani di pochi. Un’altra caratteristica è il parassitismo. Obbliga l’uomo a obbedire alla macchina. Oltre a tali caratteristiche c’è una diffusa irresponsabilità.

Queste opinioni sono state espresse per ammonire l’umanità sul pericolo nascosto della tecnologia senza freni. Gandhi non era contrario alla tecnologia come tale bensì a quella che ci domina ed è aldilà del controllo umano. Era per una tecnologia che dia potere agli individui e ai piccoli gruppi e dipenda da fonti di energia rinnovabili, non sia inquinante e conduca alla pace, alla cooperazione e alla fratellanza universale.

Di tanto in tanto leggiamo o sentiamo dire che il mondo è sull’orlo della distruzione totale. È giunto il momento di capire quali sono i tratti di una società sana. Alcuni sono quelli suggeriti da Gandhi:

«In una società ben ordinata garantirsi da vivere dovrebbe essere e risultare la cosa più facile al mondo. In realtà la prova della accuratezza di un paese non è il numero di milionari che possiede, ma l’assenza di morte per fame di molti milioni».

«Il trionfo dell’uomo consisterà nel sostituire la lotta per l’esistenza con la lotta per il mutuo servizio. La legge del bruto sarà sostituita dalla legge dell’uomo».

Il sistema socio-economico dovrebbe provvedere alla piena occupazione. La disoccupazione è una sorta di pena di morte economica. La disoccupazione e l’ozio di milioni non possono che condurre a valori anti-sociali e perfino a sanguinosi conflitti. Occupazione significa che il lavoro dovrebbe essere gradevole e soddisfacente. Gandhi diceva:

“Non sarò mai soddisfatto finché tutti gli uomini abbiano abbondanza di lavoro, diciamo otto ore al giorno [ …]

E continuava:

«In una società sana la concentrazione di ricchezze in poche persone è un grande crimine sociale o una malattia da curare».

Tutto ciò implica il radicale ripudio dell’attuale sistema socio-economico e politico-tecnologico. Non c’è nulla di sacrosanto nell’ordine attuale. Maurice Strong osserva:

«La crescita economica dei paesi, come quella fisica nelle persone, è naturale fino a un certo punto; dopo di che diventa tumorale […] E si dovrebbe considerare crescita reale quella intellettuale, morale e sociale».

Due guerre mondiali, il bombardamento nucleare del Giappone, la sofisticazione sempre crescente dei mezzi di distruzione e sfruttamento di massa, l’esaurimento ubiquo delle risorse, l’inquinamento e lo squilibrio ecologico, la rivalità e la concorrenza fra le nazioni per accedere al nucleare sono segnali ammonitori.

Strutture politiche superate, tradizioni fossilizzate, politiche inflessibili devono essere abbandonate al più presto. Il consiglio di Gandhi:

«La civiltà, nel vero senso del termine, consiste non nella moltiplicazione dei bisogni ma nella loro riduzione consapevole e volontaria. Solo ciò promuove vera felicità e soddisfazione aumentando la capacità di servizio».

Questo richiede quasi un ascetismo estremo. Gandhi si vestiva come i diseredati e Tagore disse:

«Ha parlato a essi nella loro lingua; qui c’era una verità vivente e non solo citazioni da libri […]».

Il consiglio di Gandhi:

«[…] cominciate con il vostro primo convertito. Se ce ne sarà uno, si possono aggiungere zeri a quell’uno decuplicandolo di volta in volta. Se però si comincia con uno zero, se cioè nessuno inizia, la molteplicità degli zeri non produrrà che valore zero».

Speriamo che Al Gore e R. K . Pachauri e i loro simili vogliano avviare un movimento e ascoltare i consigli di Gandhi che la centralizzazione come sistema è incompatibile con una struttura societaria pacifica, nonviolenta.

Ci dev’essere un inizio. Ogni giorno inizia con un’alba e non è mai troppo tardi per cominciare e cambiare i propri passi se vanno in direzione sbagliata. Il viaggio più lungo comincia con il primo passo. Qualcuno deve farlo.

Un Gandhi dedito per tutto il suo tempo alla pace costituì una notizia in tutto il mondo. Molte persone che diano un po’ del loro tempo per la pace e per un sistema socio-economico nonviolento possono fare la storia. L’idealista di quegli anni è diventato l’unico realista di oggi.

* J. S. Mathur è direttore della Fondazione Basant Bihari Jairani di Studi per la Pace di Allahabad.

(Gandhifriends – 29.12.09)

Traduzione di Miky Lanza per il Centro Studi Sereno Regis

Titolo originale: The Problems of Progress

http://gandhifoundation.org/2009/12/29/the-problems-of-progress-%E2%80%93-by-j-s-mathur/

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