Buen vivir. Per una nuova democrazia della Terra

Cinzia Picchioni

Giuseppe De Marzo, Buen vivir. Per una nuova democrazia della Terra, Ediesse, Roma 2009, pp. 168, € 10,00

Buen Vivir… ritornare a sud… la prossima tappa del mio cammino…

Canta così Franco Battiato in una delle sue sempre bellissime canzoni, anche se con questo libro non si torna in Sicilia, è sufficiente fermarsi in Abruzzo, nelle tendopoli del dopo-terremoto di aprile 2009: se ne parla nell’interessante capitolo quinto. Scopro in quelle pagine la shock economy (dal libro di N. Klein, Shock Economy – sottotitolo L’ascesa del capitalismo dei disastri, disponibile presso la Biblioteca del Centro Studi Sereno Regis) che legittima interventi strutturali sfruttando le paure e le insicurezze della popolazione coinvolta in tragedie e pericoli. Scopro in quelle pagine che a L’Aquila, nelle tendopoli, era vietato il consumo di caffè, per non far “eccitare” la popolazione e mantenerla calma e sedata. Proprio l’effetto desiderato dalla “shock economy”: «un abbassamento della reattività sociale per poi introdurre misure strutturali “scioccanti”» (p. 107) senza che nessuno protesti, aggiungo io.

Il libro si apre con la Prefazione di Adolfo Pérez Esquivel, intellettuale e attivista argentino – nonché membro del mir Movimento Internazionale della Riconciliazione – il cui impegno civile contro la dittatura argentina negli anni Settanta gli sono valsi il Nobel per la pace nel 1980.

Il libro si chiude con la Postfazione di Gianni Minà. Titolo: Sterminate 500 anni fa, ora le popolazioni indigene possono salvare il mondo. Già, perché fin dal titolo – Buen vivir cioè «buon vivere”, una vita in armonia con la natura – il libro ci porta nel Sud del mondo. Anche l’autore del libro, Giuseppe De Marzo, che fa l’economista, è attivista e portavoce dell’associazione “A Sud”…

E mentre qui da noi, nel ricco Nord industrializzato c’è qualcuno che vorrebbe vedere interamente riscritta la Costituzione, in Bolivia e in Ecuador la nuova Costituzione riconosce i diritti della natura (e l’acqua come “patrimonio nazionale strategico di uso pubblico”. Leggete, leggete alle pp. 145 e ss., mentre qui da noi, nel Nord, si vuole privatizzare l’acqua!). La natura dunque è titolare di diritti propri; le Costituzioni affrontano anche un altro tema – oltre a quello della titolarità – quello della tutela. La tutela è un istituto giuridico che consente l’esercizio dei propri diritti anche a chi non può esigerli da sé.

«Questi nuovi diritti pongono un freno a un uso insostenibile della natura […]. Ricuciono lo strappo tra passato, presente e futuro[…] assicurando diritti alle future generazioni […] testimoniano i legami di interdipendenza e complementarità tra i viventi […]. Viene quindi riconosciuto un valore intrinseco a tutte le specie ed a tutte le culture in quanto considerate appartenenti alla comunità della Terra. (pp. 150-1)

Riconoscere i diritti della natura permette ai cittadini – tramite la titolarità e la tutela – di interporre azioni per difenderla. Ecco allora la Sitografia, che riporta molti dei gruppi, coordinamenti, associazioni di cittadini e cittadine che dicono “no” a qualcosa, che intendono agire per far udire la propria voce. C’è il Movimento No Dal Molin, l’Associazione Madri di Plaza de Mayo, il Coordinamento Messina Senza Ponte e – la mia preferita – l’iucn International Union for Conservation of Nature, Unione Internazionale per la Conservazione della Natura. Punto. Pulito. Contiene tutto, può contenere tutti gli altri.


 

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