Jamming culturale

Jamming culturale

Jake Lynch

Il jamming culturale è un’attività sperimentale e ludica che mette in discussione le relazioni sociali sottostanti al posto dei media nella società.

Lo spazio pubblico si restringe. I centri commerciali lo ricoprono al suolo; perfino i canali TV di proprietà pubblica accettano la pubblicità. La maglietta della vostra squadra preferita è incompleta senza almeno un logo aziendale, spesso ben di più. I media di tutti i tipi sono diventati sempre più esplicitamente attrezzati per vendere; una funzione che ha infettato e sovrapposto la narrazione di storie, come ha fatto notare Danny Schechter, al ruolo dei notiziari trasmessi negli USA, che presentavano l’invasione dell’Iraq come nulla più che un altro prodotto, luccicante e nuovo.

Il jamming culturale

Un’interessante e sempre più prominente fonte di resistenza proviene dalla serie d’attività e produzioni culturali note come jamming (interferenza, ndt) culturale, che mira ad attuare un detournement, espressione originata dal movimento ‘situazionista’ francese, che opera sfamiliarizzando l’immagine o la forma narrativa solita. David Cox definisce il jamming culturale come “attività sperimentali e ludiche che mettono in questione le relazioni sociali sottostanti al posto dei media nella società”.

Una volta visto il logo ‘swoosh’ della Nike, diciamo, giustapposto alle teste chine di manovali bambini in laboratori schiavisti, non si può più, presumibilmente, rivedere quell’immagine in qualunque pubblicità senza simultaneamente pensare al messaggio implicito sottostante: evoca automaticamente una cornice che poi usiamo per negoziare i nostri significati.

Il jamming culturale si è focalizzato su messaggi dichiaratamente commerciali come bersaglio. Le notizie televisive sono un settore stramaturo per tali trattamenti, che finora sono stati relativamente scarsi. E’ una prassi discorsiva che, nelle parole di Stuart Hall, “naturalizza la rappresentazione fino al punto in cui non si può più vedere che qualcuno l’abbia prodotta”. Non per niente Walter Cronkite, il leggendario anchorman del telegiornale CBS, concludeva ogni serata con l’espressione “e così vanno le cose”.

Ciò lo rende specialmente preda della propaganda, definita da due studiosi, Garth Jowett e Victoria O’Donnell, come tentativi di “plasmare le percezioni, manipolare le cognizioni e il comportamento diretto”. Il suo abituale orientamento verso le fonti ufficiali – una caratteristica chiave del giornalismo di guerra – sostiene la sua pretesa all’autorità ma lo rende anche ostaggio di agende auto-gratificanti, giacché – come dice l’ex-redattore del Washington Post Ben Bagdikian nel suo studio classico The Media Monopoly [Il monopolio dei media] – “nella natura delle pubbliche relazioni, gran parte delle autorità emette un elevato quoziente di dichiarazioni imprecise e auto-gratificanti”.

Consumatori di notizie

E’, in altri termini, la familiarità stessa del telegiornale in quanto medium, attribuibile alla sua consuetudine di cancellare la sua stessa costruzione, che lo mette alla mercé d’interessi potenti influenzando fortemente l’opinione pubblica. In un famoso aforisma di un’altra opera di studiosi sulle procedure di redazione, Gaye Tuchman annota: “l’accettazione delle convenzioni di rappresentazione come attualità rende la realtà vulnerabile alla manipolazione”. Questo potrebbe essere seccante per gli spettatori, specialmente quando sia in corso una campagna di propaganda di guerra: “I consumatori di notizie”, ammonisce Annabel McGoldrick, “si seccano perché tirati dentro una cospirazione di attribuzione di significati”.

Quindi potremmo tutti avvantaggiarci da un po’ di jamming culturale applicato al telegiornale, che si appropri delle sue espressioni caratteristiche, della sua struttura narrativa e della grammatica visiva per un messaggio ben diverso. Un esempio è il nostro film sulla protesta Peace Convergence contro le manovre militari Talisman Sabre [Sciabola talismano], che ha coinvolto migliaia di soldati degli USA e dell’Australia, tenutesi recentemente nel Queensland centrale. Ho riprodotto il copione qui sotto. Le prospettive che offre non trovano assolutamente ospitalità nei telegiornali commerciali di massa. In nessuno dei due paesi si può generalmente vedere qualcuno che chieda una riduzione delle spese militari o la fine della guerra in Afghanistan, per esempio. Forma e contenuto quindi divergono.

Per vedere il film:

…e vedete che cosa ne pensate.

Copione di Talisman Sabre

Riprese: sequenza sulla dimostrazione:

Voce1 : La Peace Convergence all’operazione Talisman Sabre porta il suo messaggio nelle strade di Yeppoon. E’ una classica città marittima, e il punto più vicino sulla carta geografica alla zona d’addestramento dei militari australiani di Shoalwater Bay. (Pausa ) Un pomeriggio spensierato in spiaggia è un diritto di nascita australiano – ma anche un privilegio. La fermata successiva per le truppe che marciano a poche miglia a nord di qua non potrebbe essere più diversa.

Riprese: Truppe in Afghanistan:

Voce2: Stanno facendo pratica per unirsi al combattimento contro i taliban, in Afghanistan, ma la ragione per cui migliaia di soldati americani sono giunti sulla costa del Queensland per partecipare si chiama “interoperabilità”.

Riprese: carte geografiche:

Voce 3: Le esercitazioni a fuoco effettivo comportano 50 aerei da combattimento e oltre 1500 corazzati, ed

equivalgono a una prova d’invasione futura di altri paesi a fianco degli USA. E hanno luogo a ridosso del tesoro ecologico australiano rinomato nel mondo, la Grande Barriera Corallina.

Riprese: incontro pubblico con Jeannette e Judith in evidenza:

Voce 4: Fra coloro che sono venuti a pronunciarsi contro le manovre militari congiunte c’è un’anziana aborigena della popolazione Darumbal, Jeannette Yow Yeh, e un’insigne pacifista USA, Judith Le Blanc, che è anche membro della tribù indigena Caddo dell’Oklahoma.

Riprese: band musicale:

Voce 5: Mentre ascoltavamo il concerto per la pace di Yeppoon ho chiesto loro alcune riflessioni. Frammenti d’intervista con Jeannette e Judith

Riprese: Movimenti di elicottero, aereo e militari all’aeroporto:

Voce 6: Aeroporto di Rockhampton, nodo turistico in crescita ma anche punto chiave delle manovre militari. I dimostranti sfilano accanto agli aerei da guerra posteggiati sull’asfalto per arrivare alla caserma locale di cui stanno barricando i cancelli.

Riprese: panoramica della barricata, poi arresto:

Voce 7: E’ bonario, perfino tranquillo, poi improvvisamente uno sfida le file di polizia tentando d’infiltrarsi nella base. (Pausa) Non arriva lontano prima di essere arrestato. A che serve? Una piccola trasgressione alle leggi locali è un segnale che il nostro consenso al coinvolgimento dell’Australia in crimini di guerra come l’invasione dell’Iraq non può venir dato per scontato. Una guerra aggressiva e l’uccisione in massa di civili mettono in evidenza la sproporzione rispetto alla trasgressione costituita dall’oltrepassare la barriera.

Frammento di ripresa con Brian Vavasour

Riprese: hokey-pokey (ballo popolare, ndt)

Voce 8: In effetti c’è più che un tocco d’assurdo nelle disposizioni di sicurezza – la polizia ha formato un cordone a 5 km dal perimetro della base per impedirci d’entrare nei poligoni di tiro facendo sospendere le esercitazioni a fuoco. (Pausa) Da qui l’ hokey pokey – si può introdurre la gamba sinistra, anche tutto il corpo, ma se ci si ferma ruotando invece di saltare immediatamente indietro al di qua della linea, si viene arrestati.

Rivolgendosi al pubblico: “Sembra davvero un po’ esagerato che a questi dimostranti si dica che sono passibili d’arresto se commetteranno un atto illegale attraversando la linea, quando si pensa che quel che succede al di là sono preparativi delle Forze di Difesa Australiane, insieme agli americani, all’invasione e occupazione di un altro paese; cioè si sta preparando attivamente un crimine di guerra premeditato. Ci si potrebbe aspettare che chiunque si preoccupi di rispetto della legge sia più attento a quella illegalità che a quest’altra”.

Riprese: Ancora hokey-pokey, con un attivista veterano.

Voce 9: Si pensi a come è possibile uscire dal militarismo senza ritornarvi. Rinfrescandomi all’ombra, ho parlato con Ray, un veterano del movimento per la pace da cinquant’anni.

Frammento d’intervista con Ray

Riprese: Pubblicità della Marina

Voce 10: L’esercitazione Talisman Sabre è arrivata in un momento in cui la marina militare australiana aveva difficoltà di reclutamento – quindi questa pubblicità mostra il lato divertente di una carriera militare.

Riprese: scene di dimostranti e di Hannah Middleton

Voce 11: E’ importante il modo in cui si vede e si pensa l’apparato militare nella società. Gli uomini e le donne delle Forze di Difesa Australiane fanno un lavoro prezioso in operazioni di peacekeeping, ma i preparativi a combattere nelle guerre illegali USA ne hanno appannato l’immagine. Se la protesta richiama l’attenzione su questo aspetto, avrà raggiunto il suo scopo.

Frammento d’intervista con Hannah Middleton

Riprese: di nuovo sul concerto

Voce 12: Il governo australiano procede a forza verso una maggior spesa militare benché molti australiani siano contrari. La maggior parte di noi non ha mai voluto partecipare all’invasione dell’Iraq. I sondaggi d’opinione fanno supporre che la nostra parte nell’occupazione dell’Afghanistan non abbia più il sostegno della maggioranza del pubblico. Ma queste tematiche rimangono per lo più nascoste. Qui invece sono messe in evidenza.


COMMENTARY ARCHIVES, 3 Jan 2010 Jake Lynch

Titolo originale: CULTURE-JAMMING

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Sereno Regis

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