Una settimana di brutto clima – Johan Galtung

galtung-bn-web A Copenhagen, la montagna ha partorito un topolino che sa appena arrancare. Nessun accordo legalmente vincolante, solo vaghe promesse per l’appuntamento in Messico nel 2010. Ci sono interessi nazionali e aziendali – promesse guidate con cifre che finiscono con uno zero per un anno che finisce con uno zero (con gli USA sempre al 18%). Sommando ad esse le proposte confermate si ridurrebbe il riscaldamento aggiuntivo per il 2050 da 4.8° a 3.8°C: molto lontano dall’obbiettivo più basso di 1.9°C (International Herald Tribune del 19-20.12. 09). L’impegno solenne di 100 miliardi di $ annui (inflazionati?, come aiuto allo sviluppo?) per i paesi danneggiati dal clima vale dal 2020, ma il disastro nel delta fluviale più grande e popolato del mondo, il Bangladesh, avviene adesso, e chiunque lo può vedere. Le Maldive, le Kiribati, Tuvalu: causate dai ricchi.

C’è il desiderio di un accordo fra i principali inquinatori mondiali, USA e Cina, e poiché i primi sono tuttora il paese guida per paesi clienti come Danimarca e Norvegia, il testo guida è diventato quello degli USA, vacuo come la dichiarazione di Obama; mettendo in un angolo ONU e ONG e arrestando molti contestatori. La Cina, sia sviluppata che in sviluppo, si è comportata diversamente, più vicina ai paesi poveri o addirittura a rischio immediato, ma ha attaccato per resistere al monitoraggio esterno. Beh, forse pensano di essere stati già sorvegliati abbastanza dalla CIA, che si infila in ogni missione per qualunque tipo di monitoraggio – con tutto ciò avrebbero dovuto essere più reattivi rendendosi trasparenti.

Ma il problema di Obama con il parlamento USA è più grave di quello eventuale di Wen con il suo partito. La Cina si sta avviando verso una responsabilità globale, ma per il senato USA il riscaldamento globale è parecchio giù nell’agenda; e comunque si sentono al di sopra dell’ONU. Le lobby per lo status quo sono almeno altrettanto forti quanto le forze attive in Cina per far uscire dalla povertà con i vecchi metodi le altre centinaia di milioni di concittadini. Ma la Cina ha un vantaggio sugli USA avanzando verso una tecnologia verde con mezzi verdi, in quanto la crescita nazionale è il fattore dominante nell’economia più che il commercio, e procede anche nell’esportazione di tecnologia verde.

Comunque, invece di compiangere il fallimento di Copenhagen, quale tipo di conferenza ci piacerebbe? Un impegno e un lavoro continuativi verso l’obiettivo, ma anche:

– impegni solenni di adozione di mezzi carbo (e metano)-neutrali, il che vuol dire tecnologie verdi, con un impegno concreto su quali tecnologie – eolica, solare, geo- & idrotermica, basate sul moto ondoso e le maree, a biomassa ecc. – si vogliano impiegare, dove, quando e come, per chi, e come si intendano mitigare i molti conflitti con chi è contrario;

– affrontare concretamente successi e fallimenti e il mix di entrambi, per giungere a conclusioni positive, come la Germania che ha spinto la produzione di energie rinnovabili dall’1% del totale nel 1995 al 14% nel 2007 (vedi “Where’s the Clean Energy?”, The Nation, 07.12-09, http://www.thenation.com/doc/20091207/eshelman );

– cosa fare rispetto a eventuali nuove tecnologie emergenti, e quali modalità sociali promuovere per mitigare gli effetti del riscaldamento globale?;

– come ringraziare e premiare coloro che sono all’avanguardia, oltre che criticare chi si attarda nelle promesse e non si impegna in iniziative concrete?

La coreografia della conferenza di Copenhagen ha prodotto apatia e pessimismo, nulla di tonificante e ispirante. Il centro d’attenzione erano le linee di faglia fra i paesi, molto meno il conflitto con una natura in cerca di nuovi equilibri. Era la solita politica, con gruppi che cercano di aumentare il proprio punteggio, ma nessuna empatia con Madre Terra, nonostante i tanti segni di una natura sofferente, agonizzante. Perché non mirare a un più elevato livello di coesistenza, per esempio con i forestali che aiutano la natura a prosperare, raccogliendo solo ciò che offre oltre il suo fabbisogno di sussistenza? La riforestazione per assorbire carbonio e rilasciare ossigeno per il benessere umano è molto meno di quanto ci suggerisce la natura, se solo impariamo ad ascoltarla meglio. Come per il presidente Evo Morales nel suo brillante discorso molto applaudito.

Ma c’è anche un approccio diverso: la lotta nonviolenta. Abbiamo lo stesso diritto a essere messi in guardia sul pericolo del carbonio come ce l’abbiamo sul fumo; in ritardo, ma meglio tardi che mai. Abbiamo diritto a non comprare, non importare, boicottare. Dati fattuali stampati su ogni prodotto, prego! Come su ogni barile di petrolio (gli USA ne consumano 20 milioni al giorno, la Cina 5-6 milioni). Così, la grossa Statoil nella piccola Norvegia vede ora scritte di protesta sui muri e segue le orme della guerra NATO in Afghanistan per offrire i suoi servizi.

Frattanto: Tony Blair ha dichiarato che avrebbe attaccato l’Iraq anche se avesse saputo che non c’era minaccia nucleare (né armi di distruzione di massa in generale). Nessun dubbio, la guerra riguardava il sodalizio imperialista residuo con gli USA, la cicatrizzazione di ferite da impero perduto in Iraq, il petrolio e le basi per essere presenti in guerre future. Quell’uomo è più pericoloso di Al Qaeda e i Taliban messi assieme per il numero di uccisi e sfollati dovuti alla guerra che ha contribuito a legittimare, ora sotto scrutinio da parte della Commissione d’Inchiesta sull’Iraq. Dovrebbe venire pre-pensionato e mandato a Sant’Elena. Fortunatamente il premier spagnolo Zapatero e altri non l’hanno accettato come candidato per la nuova e potente presidenza UE.

Frattanto: Goldman & Sachs sta superando il profitto netto da primato del 2007 di 46 miliardi di $ dei quali 20 andati in un’indecente “compensazione” a dipendenti. Beh, c’è qualcosa di bello in tale condivisione socialista del profitto con i dipendenti. E qualcosa di abominevole in un istituto che non crea alcun valore reale, bensì solo virtuale, con tanto da spartire. A chi lo si toglie?

Frattanto, un gran trionfo per la nonviolenza: lo sciopero della fame di 32 giorni della indipendentista sahrawi (dell’ex Sahara Occidentale Spagnolo) Aminatou Haidar, è finito con il cedimento del Marocco, che l’ha restituita al Sahrawi dopo averla deportata a Lanzarote in Spagna per aver scritto la sua nazionalità come sahrawi, anziché marocchina.

Uno degli ultimi atti di un Franco – e del suo regime – morente fu di conferire illegalmente la propria colonia al Marocco e alla Mauritania. Il referendum promesso dall’ ONU non ebbe mai luogo, per la contrarietà del Marocco, pienamente sostenuto dalla Francia e con l’assenso USA. Ora tocca alla Spagna e a Zapatero sollevare il tema del referendum in ambito ONU, con un’opzione per l’indipendenza, se è ciò che vogliono i sahrawi.

La Spagna ha gestito malamente lo scontro di un peschereccio basco per tonni con pirati somali (il 19 novembre scorso), attribuendo tutto il torto ai pirati. E’ arrivato il momento di correggere quei due errori nel modo migliore.

21.12.09

Traduzione di Miky Lanza per il Centro Sereno Regis
Titolo originale: A WEEK OF BAD CLIMATE
http://www.transcend.org/tms/article_detail.php?article_id=2291

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