Riscaldamento globale a Copenhagen – Johan Galtung
Ovviamente tutti noi facciamo i migliori auguri di buona fortuna alla conferenza di Copenhagen, presentata come conferenza su un male sociale primario, quasi come un’invasione marziana del mondo che si crede ci unisca tutti.
Il problema è, come al solito, se sia l’approccio giusto; e che cosa ci possa essere in agguato al di sotto.
Abbiamo avuto e abbiamo tuttora altri mali sociali primari. La schiavitù, il colonialismo e proprio di questi tempi la guerra come istituzione sociale. E sappiamo per esperienza che le conferenze multilaterali con ogni sorta di promesse non sono necessariamente l’approccio giusto. Danno troppo potere ai ritardatari che in un modo o nell’altro “devono esserci”. Per la schiavitù questo avrebbe voluto dire Portogallo-Brasile e gli USA. Per il colonialismo avrebbe voluto dire ancora il Portogallo in Brasile, e gli USA (tuttora attaccati alle Hawai’i e a PuertoRico annessi nel 1898, trasferendovi la propria gente per avere la maggioranza in caso di voto), e Inghilterra-Francia, ancora attaccati all’Irlanda del Nord e a vari altri luoghi più piccoli sparsi nel mondo, compresa Kanaky [Nuova Caledonia], non poi così piccola.
Invece, alcuni paesi hanno mostrato la via. In un caso e nell’altro l’Inghilterra ha avuto un ruolo, potendo essere sia un pioniere che un ritardatario. Per il colonialismo, Gandhi si comportò da libero e invitò l’Inghilterra a fare altrettanto. Una conferenza multilaterale nel 1947 l’avrebbe impedito, data l’estrema diffusione del colonialismo. Ci sarebbero state promesse; “entro il 2000” per esempio. E avrebbero potuto esserci anche delle quote, “tu sei molto indietro in quanto a schiavitù e/o colonialismo, io sono un po’ meglio in uno o tutti e due, potrei avere qualche quota ?”, con una certa riduzione totale, “con ogni deliberata velocità” come si espresse la Corte Suprema USA il 17 maggio 1954 per la desegregazione.
E per la guerra come istituzione sociale? Sappiamo anche troppo bene chi sarebbe il ritardatario, chi vorrebbe far valere l’eccezionalismo, le guerre per l’umanità ecc. Quello là. Laddove altri stanno sperimentando, spesso in maniera maldestra, un’alternativa alla guerra – non il disarmo ma la soluzione dei conflitti soggiacenti – gli USA mandano i marine, proprio come fanno adesso in Afghanistan, senza neppure aprire il discorso su una risoluzione. E gli USA sono ovviamente anche oggi, giorno d’apertura a Copenhagen, un prevedibile ritardatario, tardivo nelle promesse, tardivo nei fatti.
Le promesse sono parole, i fatti contano di più. Sappiamo tutti cosa vuol dire: riduzione sostanziale delle emissioni di carbonio oggi, ieri, avantieri. Forse il contributo danese più importante non è ospitare una conferenza ma la piccola isola di Samsö fra Sjælland e lo Jylland (vedi Der Spiegel, 43/2009. In italiano: http://www.ecologiae.com/vivere-emissioni-zero-isola-samso-guida/7364/, ndt). Lì erano soliti importare via nave gasolio per il riscaldamento e energia elettrica da carbone via cavo, il che voleva dire 11 tonnellate di CO2 annue per abitante. Adesso, otto anni dopo, producono 40% in più di energia rispetto a quanto serva loro e quasi tutta neutrale per il carbonio, da turbine eoliche, celle solari, geotermia dal terreno e dal latte vaccino fresco (!) ecc. Hanno perfino attivato piccole industrie.
Piccola scala, 4000 abitanti, d’accordo. Generalizzabile? Ovviamente. Ci rammenta di piccoli gruppi nel sud degli Stati Uniti, più avanzati di altri nell’integrazione, come la fattoria Koinonia presso Americus, in Georgia, fra i primi a essere un modello di due gruppi etnici conviventi e cooperanti quando il resto era segregato. Qualcuno doveva pur essere più avanti, servire da modello, sperimentare per conto dell’umanità.
I due approcci, multilaterale e intensamente unilaterale, non si escludono a vicenda. Ma ben più importante che promesse solenni e trucchi di quote e riforestazione– in sé pur valide – è la concreta riduzione delle emissioni. Si tratta di vedere semplicemente nella rivoluzione verde una sfida alla creatività, come un tempo la rivoluzione industriale.
Ma sotto sotto occhieggia un sospetto. L’energia nucleare è anche ampiamente carbo-neutrale [ma non nel ciclo complessivo, ndt]: tutta l’impalcatura è forse una spinta poderosa al nucleare civile? C’è questo dietro la cooperazione USA-India, due ritardatari messisi insieme, uno con un Nobel per la pace per via d’un film, l’altro per la presidenza di un gruppo di esperti? Per dire forse che siamo pronti! Eccetto che per l’eventuale arricchimento a scopi militari, il problema tuttora irrisolto della radioattività delle scorie e lo stato di polizia nella scia dell’energia nucleare? Lo vedremo, ben presto.
Vedremo pure se sia consistente il promettente approccio cinese di produzione di tecnologia verde con mezzi verdi per la Cina e per l’esportazione, mantenendo una forte crescita. Con l’energia nucleare e il carbone?
Ma al di sotto di tutto ciò si nasconde ancora un altro pensiero. Che cos’è questo riscaldamento globale in definitiva? Quant’è effettivamente determinato dall’uomo, quanto invece un enorme processo cosmico che sta fondendo i ghiacci nel corso di tutti gli ultimi 10-15.000 anni? A intermittenza, pare, in sintonia con le macchie solari? (Der Spiegel, 47/2009). Difficile da dirsi, pare; e la mancanza di consenso fra gli “esperti” diffonde disagio.
Siamo davvero così contrariati dal riscaldamento globale del passato, seguito dalle Völkerwanderungen (migrazioni di popoli), migrazioni massicce per stabilirsi su terra asciutta? E in anni a venire verso la Groenlandia e Siberia-Alaska-Canada? Brutto affare per gli orsi polari, ma per gli umani? Spostamenti, sì, che però possono essere gestiti dagli inquinatori termici pagando la loro quota del conto. Oppure, siamo di fronte a un grosso trucco protestante, a un puritanesimo del risparmio energetico con la rinuncia ad alcuni piaceri, al moralismo, all’ apocalisse, e a una cascata di parole, seguite o no da fatti?
A differenza della schiavitù e del colonialismo, da questo problema siamo tutti coinvolti. Siamo nella stessa barca del riscaldamento globale e della violenza globale. C’è bisogno di una conferenza globale. Ma dove la barca globale della conferenza stia dirigendo resta da vedersi.
07.12.09
Traduzione di Miky Lanza per il Centro Sereno Regis
Titolo originale: GLOBAL WARMING IN COPENHAGEN
http://www.transcend.org/tms/article_detail.php?article_id=2235
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