Mamma li turchi. Migranti nelle terre alte

Laura Operti

MAMMA LI  TURCHI. MIGRANTI NELLE TERRE ALTE, DVD, riprese e montaggio di Maurizio Dematteis, 15’, 2009

Si parte da una ricerca effettuata tra il 2008 e il 2009 che ha per oggetto le “storie di vita”di immigrati che si sono stabiliti in paesi di montagna del Piemonte. Il metodo seguito è stato quello dell’“intervista discorsiva guidata”, la parte più significativa delle interviste è stata registrata e ne è venuto fuori il documentario Mamma li turchi, che ci dà un significativo quadro di una realtà non molto conosciuta, ma importante, sia per riflettere sui flussi migratori, sia per ripensare la montagna nel cambiamento che in questi decenni la tocca e la trasforma. Si sono raccolte le testimonianze di 13 comunità straniere per lo più con nuclei famigliari residenti in altrettante zone di competenza delle comunità montane.

Robilante, Sestriere, Pomaretto, Pragelato, Barge, Garessio, Borgo San Dalmazzo, Bussoleno, tutti luoghi che “noi”conosciamo bene, da Torino distano alcuni chilometri, un po’ più, un po’ meno.  Costa d’Avorio, Moldavia, Bosnia, Romania, Albania, Polonia, Cina, Marocco ……Altri paesaggi, villaggi, frontiere, boschi, deserti.

Prima scorrono davanti ai nostri occhi solo i volti, di uomini e donne , che ci dicono i loro nomi e la provenienza. Sullo sfondo una piazza, una chiesa, una montagna, un giardino. Poi ci raccontano qualcosa di loro: perché sono lì, tanto lontano da dove sono nati e in parte cresciuti, cosa fanno e  come vivono la loro condizione di immigrati.

Il primo movimento di queste persone è quello dettato dal desiderio di lasciare un paese dove c’è povertà, per andare a lavorare e vivere dove c’è più benessere e l’Italia rappresenta un paese che pare soddisfare questa speranza. Poi si decide di lasciare le città che sono il primo approdo, per trasferirsi in provincia, in località di montagna dove gli immobili hanno prezzi più bassi e  nell’insieme la vita costa meno. Le loro professioni: badanti, agricoltori, pastori (su cui ci  aspettiamo un altro bel documentario), muratori, operai, infermieri, ristoratori. Voci prevalentemente positive: aspettative soddisfatte, discreta integrazione con la gente che vive in questi piccoli comuni, speranze per il futuro. A Sestriere, cuore delle trascorse Olimpiadi, da sempre luogo di sport, ma anche di esposizione e esibizione di ricchezza, poca tradizione e tanto business, un albanese possiede un locale con tutte le caratteristiche idonee al luogo ed è molto contento della sua vita, (lontane le visioni delle navi del 1991, pieni di disperati che sbarcavano sulle coste pugliesi).

Invece un polacco che vive in Val Germanasca ci racconta che qui per la piccola comunità polacca l’integrazione non è riuscita, molti non parlano l’italiano e le mogli stanno male in questo posto. Se ne andranno.

Per tutti c’è l’esperienza di vivere due culture, quella di origine e quella del paese ospitante, e di queste montagne, bagnate dal sole, dalla pioggia, dalla neve. Oblio, ricordi, elaborazione dei ricordi, voglia di nuove conoscenze, di una nuova identità  per sé e per i propri figli, curiosità, amicizie, conflitti . Tutto ciò che si osserva nei fenomeni di inserimento di comunità straniere nel “nostro” tessuto sociale si ripropone in questa ricerca. Le  immagini ci rimandano nel loro insieme un messaggio abbastanza positivo. Queste persone  sono attive, non isolate, il futuro per loro esiste e il passato non è solo  fonte di struggimento, ma radici che sostengono, che danno forza.

E lo stesso vale per queste montagne che non si vuole siano solo “luogo della memoria, né parco  giochi dove si fa sport la domenica”.

Una bella sfida che le trasformazioni indotte dalle ineluttabili immigrazioni accelerano e illuminano.


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