GUERRA VIRTUOSA: Una mappa della rete Militare-Industriale-Mediatica-d’Intrattenimento

Jake Lynch

Recensione di “GUERRA VIRTUOSA: Una mappa della rete Militare-Industriale-Mediatica-d’Intrattenimento”, James Der Derian, New York e London: Routledge, 2009, ISBN 978-0-415-77239-6, Seconda edizione.

La copertina del libro

Stiamo entrando in guerra giocando? Due anni prima della fatale decisione di Saddam Hussein di oltrepassare il confine del Kuwait, nel 1990, l’intelligence USA scoprì che l’Iraq faceva simulazioni dell’invasione usando un programma da computer acquistato da un’azienda di software americana. Questa minuzia intrigante, riferita nell’influente libro di James Der Derian, è diventata di pubblico dominio grazie a un’intervista giornalistica al generale Norman Schwarzkopf, da allora soprannominato “Stormin’ Norman” a seguito della sua nomina a gestire l’Operation Desert Shield e, successivamente, Desert Storm, la prima guerra importante dell’era post-guerra fredda.

Prima della quale, annota Der Derian, nonostante la sua immagine sapientemente coltivata di veterano di ‘vere’ battaglie, acconciato da ‘soldato nel fango’, Schwarzkopf occupava un posto amministrativo, incaricato di “un esercito di carta senza proprie truppe, carri armati o aerei” (pag. 15). La sua “inclinazione per le simulazioni al computer non era sorprendente”, quindi, e secondo quanto riferì lui stesso gli occupava gran parte del tempo, nel programmare uno scenario dopo l’altro per la guerra nel deserto.

Già vent’anni fa queste simulazioni stavano diventando altamente sofisticate, e Der Derian usa un aneddoto per introdurre la domanda centrale alla sua tesi in questo libro: “era un paradosso quello secondo cui più i giochi di guerra riproducevano tecnicamente in maniera fedele la realtà della guerra, tanto maggiori erano i rischi che potevano derivare dal confondere l’una con l’altra?” (pag. 14).

Nell’introduzione è riprodotto integralmente il testo del messaggio d’addio del presidente – ex-generale – Dwight Eisenhower’ del 1961 che introdusse nel linguaggio comune l’espressione “complesso militare-industriale” che Der Derian aggiorna, per tenere conto dell’evoluzione tecnologica, in Rete MIMI (MIME-Net) – Rete Militare-Industriale-Mediatica-d’Intrattenimento. E’ un tentativo di mappare le implicazioni degli ammonimenti di Eisenhower sulla “indebita influenza” dell’industria bellica sovrapponendole al concetto molto posteriore di società reticolare, dove il potere del capitale è visto come localizzato in flussi anziché in punti di accumulazione. Manuel Castells, dai cui lavori sono ripresi questi termini, non viene nominato nel libro, ma si chiarisce il debito verso il suo pensiero già prima, caratterizzando la “rivoluzione virtuale negli affari diplomatici e militari” “resa possibile da reti, non attori”.

In altre parole, sostiene Der Derian, siamo tutti trasformati in attori, in una hollywoodizzazione del conflitto globale. La prima parte del libro racconta le sue avventure come osservatore invitato alle esercitazioni militari USA per simulare vari scenari di battaglia. Ha una “epifania” nel deserto Mojave dove finisce sulla rotta di un carro armato Abrams che sopraggiunge e minaccia chiunque si avvicini troppo, sia pure con munizioni a salve.

Tenta la fortuna domandando a un ufficiale di scorta quanto si sia ormai vicini allo scenario finto dei film Terminator, dove il sistema computerizzato Skynet faceva rilievi del terreno dopo essere divenuto auto-cosciente e aver scatenato un olocausto nucleare. Ci sono sensazioni occasionali riguardo agli occhiali a specchio indossati da militari zelanti e alla loro somiglianza ad Arnie (Arnold Schwarzenegger, ndt) o Robocop, alla loro totale mancanza d’ironia per queste faccende e così via.

Entrare nella virtualità della guerra è una dimensione moralizzante, con lo spazio post-guerra fredda dimostratosi ricettivo a “nuovi imperativi etici ed economici per una riforma democratica globale e mercati neoliberisti”, che ha permesso ‘interventi’ militari presentabili come virtuosi: da cui il titolo del libro. Il bombardamento NATO della Jugoslavia, durante l’“operazione” in Kosovo nel 1999, fu un prototipo, raffinato e ampliato per le invasioni dell’Afghanistan e dell’Iraq.

Questa è una versione aggiornata del testo originale di Der Derian, con una introduzione rivista e quattro nuovi capitoli aggiunti per questa seconda edizione; dove l’autore scrive, in maniera del tutto giustificata, come uno le cui conclusioni provvisorie sono state prodotte da avvenimenti successivi, in particolare (pag. 263) l’ondata retorica “evangelica” della National Security Strategy pubblicata dall’amministrazione Bush nel 2002. Viene rammentato tuttavia il rammarico di Philip Hammond per la frequente eccessiva prontezza dei teorici del postmoderno nel cogliere l’impossibilità di azione politica influente allorché osservavano la debolezza della sinistra in un particolare momento storico (2007, pag. 8).

Der Derian ha ragione a collegare la prorompente avanzata tecnologica del militare con la diffusione del neoliberismo, laddove prerogative statali fra cui il monopolio della forza legittima, sono state subordinate all’impellente priorità di aumentare i profitti aziendali, ma forse sottovaluta il grado di incisività che c’è voluto per far retrocedere la democrazia sociale negli anni 1980, e diffondere per il mondo i postulati sul mercato nel decennio successivo e oltre.

Il ‘big bang’ del 1986 nella city di Londra, che tolse le restrizioni al settore dei servizi finanziari, seguì la sconfitta storica dello sciopero di un anno del sindacato nazionale dei minatori per tenere aperti i ‘pozzi anti-economici’. I governi dell’India, delle Filippine e della Nigeria, per citarne tre soli, fanno fatica a mantenere la propria linea contro ribellioni esplicitamente mirate a muoversi in senso contrario. Si corre il rischio di essere interpretati come tecnologicamente deterministi, e Der Derian presta forse troppo poca attenzione a prenderne le distanze.

Se sta operando una agenzia specifica, allora ci si può opporre, e se c’è un’area in cui il testo di Der Derian è trascurato, è nel trattare come. Egli avverte che la controparte della simulazione di guerra al computer è “la dissimulazione dei media” (pag. 264), e le fotografie delle videocamere montate in punta alle bombe intelligenti della Desert Storm, che univano le immagini tipiche dei notiziari a quelle dei video-game, nascondevano la fosca realtà di migliaia di uccisi, tanto più nell’invasione del 2003. L’avvento di Al Jazeera, nel frattempo, serviva solo a sottolineare il profondo divario di percezioni da una parte e dall’altra del conflitto.

Anni prima, Der Derian partecipò a un seminario a Londra con Mary Kaldor dell’LSE (London School of Economics), chiamata in questo caso a discutere su che fare con la Bosnia. Lei gli disse che “meno attenzione dei media alla violenza, e più all’azione nonviolenta dei gruppi civici – e trattarli come attori legittimi – è essenziale per ogni rimedio duraturo” (pag. 75). Ecco due elementi di giornalismo di pace – l’attenzione alle ‘loro’ vittime come alle nostre, e una disponibilità a protendersi oltre la cerchia ammaliata delle ‘fonti ufficiali’ (Lynch e McGoldrick, 2005, pag. 28-31) – una pratica discorsiva cresciuta e diffusasi insieme agli sviluppi qui narrati da Der Derian. Se l’eccessiva credulità dei media riguardo ai vanti della guerra virtuosa hanno contribuito a portarci il disastro dell’Iraq, allora lo sfatare rapidamente e ampiamente le dichiarazioni propagandistiche che hanno fatto accettare quella politica è da attribuire anch’esso ai giornalisti. ‘I media’ costituiscono un settore che alberga più contestazione di quanto Der Derian paia talvolta ammettere, benché chiunque vi si voglia impegnare sarebbe certamente meglio preparato, concettualmente, avendo letto questo libro.


Riferimenti:

*Hammond, Philip,: Media, War and Post-Modernity, Oxford: Routledge 2007.
*Lynch, Jake e McGoldrick, Annabel, Peace Journalism, Stroud: Hawthorn Press 2005.


COMMENTARY ARCHIVES, 9 Oct 2009 Jake Lynch

Titolo originale: BOOK REVIEW OF “VIRTUOUS WAR: MAPPING THE MILITARY-INDUSTRIAL-MEDIA-ENTERTAINMENT NETWORK”

Traduzione a cura di Miky Lanza per il Centro Studi Sereno Regis

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