Donne e uomini, pace e sicurezza – Johan Galtung

PISTA 1: RAFFORZARE IL RUOLO DELLE DONNE IN MATERIA DI PACE E SICUREZZA

Signore e signori,

Mi accosto a questo argomento basandomi sull’esperienza di 50 anni con il modo di relazionarsi di donne e uomini sui temi della pace e della sicurezza, nella politica formale e informale, nella mediazione e formazione alla mediazione, in operazioni di peacekeeping e di peacebuilding, e in incontri come questo.

Ma lasciatemi dare un avvertimento su quanto sto per dire. Ci sono differenze di genere, ma non 100-0 – 100% delle donne sono così, e 0% gli uomini. Piuttosto 75-25, o 67-33, o 60-40. Le eccezioni possono mettere in ombra le regole. Inoltre, le donne possono scivolare dalla loro posizione di vantaggio comparativo, e gli uomini sollevarsi a livello femminile per intuizioni e prassi – non siamo perduti per definizione; non ci sono leggi ferree qui; né essenzialismo. C’è però della biologia; strano se non ci fosse. Ma soprattutto contestualità socio-culturale, e con interfaccie di genere mutevoli con quel contesto, anche la relazione con pace e sicurezza cambierà.

Ancora una nota introduttiva: la risoluzione epocale del Consiglio di Sicurezza ONU 1325 (si veda il testo della risoluzione e l’ampia documentazione nel sito http://www.peacewomen.org/un/sc/1325.html, ndT) sui costi orribili della guerra pagati dalle donne come vittime e i benefici della pace da parte delle donne in quanto attrici che si sono riappropriate del loro potere è stato un dono all’umanità, tardivo ma quanto mai benvenuto; attuato ammirevolmente, come in quest’incontro, da parte dell’UE.

Bene, procediamo dunque, esplorando nove dimensioni di pace/sicurezza.

Olismo vs. specificità. Le donne tendono a essere più olistiche e contestuali, prendono in considerazione più fattori; gli uomini più specifici, passando da uno all’altro dei fattori da loro scelti. Essi apprezzano molto i dati, e si nutrono di numeri laddove le donne si nutrono di visioni d’insieme. Gli uomini tendono a disporre i propri fattori in sequenza lineare e puntano ad agende lineari in pensiero, parole e azioni; le donne procedono più per agende a spirale, ritornando sui singoli punti in paesaggi molto complessi. Le donne considerano meccanicisti gli uomini; gli uomini considerano le donne superficiali e dedite a bla-bla.

Dialettica vs. stato finale. Le donne sono aduse a contraddizioni e tensioni, con un lattante che poppa, un bambino che tira la gonna per avere attenzione, tre casseruole che bollono troppo, il fuoco che sta per spegnersi, qualcuno che bussa alla porta, un marito egocentrico e assillante, attenzione da un corteggiatore non voluto – e a gestire tutto quanto. Disordine, caos, entropia come normale stato di cose, navigare in acque sferzate da bufere da ogni dove. Gli uomini hanno desiderio di ordine, cosmo ed energia che emerga, e protegga, da uno stato di legge e ordine, come una burocrazia ben oliata con chiare procedure operative standard per tutti, e per tutte le situazioni. Una tregua ha un aspetto ordinato e quindi è facilmente accettata come la fine della crisi, lo stato finale.

Empatia umana vs. metallo, cose. Osservando le forze norvegesi di peacekeeping in Serbia-Belgrado, al 30% donne, queste erano chiaramente più interessate a parlare con i serbi, i croati e altri per capirli meglio, e gli uomini più interessati a osservarli, intenti ai propri binocoli, schermi radar, autoblindo, armi; metallo, cose. Prossimità vs. distanza. Alta empatia vs. bassa empatia. Cruciale.

Compassione vs. deduzione. Questa è una dimensione di Gilligan(1), qui una fra molte: le donne derivano conclusioni politiche dalla compassione per altri, dall’essere aiutati, compresi i conflitti transfrontalieri; gli uomini più da deduzioni da principi astratti, generali, come democrazia, diritti umani, auto-determinazione, da sorvegliare. Questa compassione può estendersi particolarmente ad altre donne in guerre con violenza sessualizzata come parte della conquista, e più particolarmente tra madri e madri e la loro prole, conoscendo la situazione impossibile per una adeguata cura dei bambini durante una guerra. Gli uomini si fanno più intrappolare nel loro vs. noialtri.

Nonviolenza vs. violenza. Oltre il 90% della violenza criminale e bellica è commessa da uomini, rendendo il genere un fattore primario di guerra/pace. Oltre alla divisione socio-culturale del lavoro le donne hanno più mono-aminoossidase, MAO, che blocca gli ormoni di innesco per l’aggressione violenta; gli uomini meno. Ma le donne hanno anche più corpus callosum, che connette le emozioni e la capacità verbale fra i due emisferi cerebrali e le rende migliori nel verbalizzare le emozioni. Mentre la MAO rende gli uomini più fisicamente violenti, può predisporre le donne a una maggiore violenza verbale, per frecce avvelenate che fanno molto male emotivamente. La superiorità verbale femminile rende il “sediamoci e parliamone” l’equivalente di “facciamoci una bella scazzottata”, data la superiorità fisica maschile. Molti uomini non sanno pareggiare la loquacità femminile, e temono che porterà via molto tempo al lavoro. I matrimoni possono diventare arene per la dialettica delle due violenze.

Dialogo vs. dibattito. Un dialogo è una mutua ricerca di qualcosa di nuovo, un dibattito ha a che fare col vincere, continuare una guerra con mezzi verbali; un dialogo è interrogare, un dibattito è dettare. Di nuovo donne vs. uomini.
Trattare i conflitti vs. gestire le crisi. Le donne vedono fini e mezzi inaccettabili in tutti, mentre gli uomini giudicano la propria parte dalle buone intenzioni e gli altri dai cattivi mezzi. Per le donne, la violenza vuol dire che qualcosa dev’essere trattato a un livello più profondo, per gli uomini è una crisi da gestire essendo forti. Le donne considerano la propria parte come un aspetto del problema, non solo la soluzione (alcune possono esagerare con l’auto-recriminazione). Gli uomini considerano la propria parte infallibile, mossi dal timore di sembrare vulnerabili, deboli addirittura.

Pace vs. Sicurezza. Le due parole non si riferiscono alla stessa realtà. “Pace” è una situazione in cui i conflitti vengono equamente trasformati e si costruiscono progetti di equa cooperazione; la sicurezza è una situazione di bassa probabilità di violenza verso se stessi, spesso mossa da paranoia. La pace è una relazione fra parti. La sicurezza è qualcosa che ha una parte; e la somma di due o più “sicurezze” non è pace. Ne consegue che le donne siano più inclini alla prima, come occuparsi di tutta la famiglia, e gli uomini più verso la seconda, occupandosi primariamente di una esistenza egocentrica, soddisfatta, indisturbata, sicura.

Diligenza vs. creatività. Le donne più diligenti, gli uomini più creativi? Così pare, forse perché le donne si sentono più insicure.
Salvo che per quest’ultimo fattore, questa visione d’insieme spiega bene quant’era così chiaro durante la guerra fredda: gli uomini intenti alle armi e al loro numero (peraltro di solito fasullo), le donne alle marce e ai contatti e alle relazioni umane; gli uomini intenti a quanto è sbagliato in quegli altri, le donne anche in noi stessi.

Ma questo vantaggio comparativo sulla pace detenuto dalle donne è fragile.

Così, l’addestrarsi alla competenza nella violenza, sia in bande, in lotte di liberazione-resistenza-rivoluzione, in eserciti regolari di stato, l’infrangere vecchie divisioni del lavoro, rende le donne più simili agli uomini. Così pure la semplificazione di casa e famiglia, il dare all’esterno l’accudimento dei figli e la preparazione dei pasti, condividere il lavoro di casa, rendono le donne più simili agli uomini.

E anche avere dottorati in materie come il diritto internazionale, politologia ed economia, in quanto sistemi generali, astratti, con principi e deduzioni da trarne, anche questo rende le donne più simili agli uomini. Nulla in contrario alle donne che prendono un dottorato, ma contro alle costruzioni del mondo dove esistono a mala pena perfino gli esseri umani ma solo sistemi (2).

A tali fattori ci si può contrapporre qualora le donne ne siano consapevoli. Lo stesso vale per eventuali deficit di creatività, così necessaria quando si deve costruire una nuova realtà sociale sulle ceneri di un’altra fallita.

Gran parte della pace esistente al mondo sta sulle spalle delle donne. Tale capacità dovrebbe beneficiare l’umanità a tutti i livelli, micro-personale, meso-sociale, macro-statuale, mega-continentale. Le donne dovrebbero emergere dal sentirsi vittime per assumere la guida nella mediazione-negoziazione, senza diventare troppo presuntuose. Più importanti dei tavoli di negoziato sarebbero in effetti miriadi di donne, e uomini, capaci di olismo, dialettica, empatia, compassione, nonviolenza, dialogo, trattamento dei conflitti, costruzione di pace, creativamente. Gli uomini da soli attorno a un tavolo negoziale possono combinare qualche guaio, ci vogliono donne. La mediazione da parte di ONG aperta alle donne dovrebbe precedere la mediazione da parte di stati/organizzazioni regionali, loro preclusa. Non sarà facile. Gli uomini saranno gelosi e timorosi di perdere potere. Dovrebbero essere lodati e allevati, e le donne sono brave sia in una cosa che l’altra.

Note
(1) Carol Gilligan, In a Different Voice: Psychological Theory and Women’s Development, Harvard University Press, Cambridge MA 1982. (Edizione italiana: Con voce di donna. Etica e formazione della personalità, Feltrinelli, 1987, 2a ed. 1991, ndT)
(2) Johan Galtung, 50 Years: 25 Intellectual Landscapes Explored, TRANSCEND University Press, 2008; www.transcend.org/tup.

22.06.09
Discorso alla Commissione Europea – Fare la differenza: rafforzando le capacità di reagire alle crisi e alle minacce alla sicurezza; Bruxelles, 3 maggio 2009
Traduzione di Miky Lanza per il Centro Sereno Regis
Titolo originale: WOMEN AND MEN, PEACE AND SECURITY – TRACK 1: REINFORCING THE ROLE OF WOMEN IN PEACE AND SECURITY
http://www.transcend.org/tms/article_detail.php?article_id=1404