CHE COSA SAREBBE LA RICERCA DELLA PACE SE FINANZIATA OGGI – Johan Galtung

Signor sindaco, amici: Incredibile tutto quanto è successo solo 50 anni fa! Come il PRIO (Peace Research Institute of Oslo), l’istituto che stiamo celebrando oggi. Nel nome inglese ci sono quattro lettere, dietro le quali c’è stata una certa elaborazione mentale, non solo un cenno alla priorità. E’ da lì che comincio.

L’”O” sta per Oslo, messaggio che contiene più che l’indirizzo, intendendo l’assenza di Norvegia/norvegese. Era un no al considerare il sistema di 200 stati e 2.000 nazioni come la sola arena per guerra e pace. I 2 milioni circa di sistemi municipali, senza eserciti, sembravano più promettenti. Ma c’era anche una ragione privata: il mio amato padre fu vice-sindaco di Oslo negli anni ’20 del secolo scorso, per Höire con la i, talvolta in funzione di sindaco. E i fondi originari vennero da fonti private, Sigurd Rinde, non da un governo statale il cui funzionario all’istruzione dell’Arbeiderparti [partito dei Lavoratori, ndt] diceva “pace—che parola orribile”. Grazie, Oslo!

La “I” sta per Istituto. La nostra ambizione andava oltre una sezione dell’Istituto pioniere per la Ricerca Sociale dove eravamo in gestazione, gentilmente accuditi da Erik Rinde; le figure paterne spirituali erano Anders Bratholm, Torstein Eckhoff e Arne Næss della Norvegia, e soprattutto Otto Klineberg, del mondo.

La “R” sta per Ricerca. Essenzialmente ricerca nelle scienze socioli, ma ingenuamente inconsapevoli di come esse fossero plasmate dal sistema nazione-stato di Westfalia e da un episodio della storia dell’Occidente noto come “Illuminismo”, ora in decadenza con la globalizzazione.

E la “P” sta per Pace, con gli studi sulla salute come modello. Siamo sorti contro la pace occidentale, la piramide di violenza strutturale hobbesiana con l’Occidente in cima, e lo stato di diritto vincolante al fondo ma non in cima, con interventi militari per trattare gli insubordinati, con la paranoia della sicurezza, pax romana ecc. fino alla pax americana. Solo che lo chiamavamo imperialismo, non pace.

La nostra idea era ricerca con implicazioni di politiche di pace, non solo progetti di ricerca finanziabili, RIO. L’idea era proposte di pace empiricamente e teoreticamente valide, non solo “sicurezza”. E cooperazione Est-Ovest, non solo lo studio dell’Est come problema. L’accoglienza nell’ambito dei media e della politica norvegese fu ostile – eccetto che per alcuni circoli interni molto interessanti – e comportava una sorveglianza segreta della polizia. Come ci si deve aspettare in un paese cliente degli USA.

Allora, che cosa avrei fatto oggi, 50 anni dopo?

Beh, non avrei cominciato a Oslo, in Norvegia, o in alcun altro paese che — come Faust–abbia venduto l’anima, la propria visione del mondo, a una superpotenza risoluta a gestire il mondo come un impero. Quell’impero sta ora crollando, si spera con le lamentazioni di Obama piuttosto che con un Obama che produce altre conflagrazioni alla Bush. Ma ci vorrà tempo per recuperare un’anima dalle ceneri di quelle politiche fallite.

Così, invece di combattere i mulini a vento norvegesi come un Don Quijote de la Noruega, con una splendida Dulcinea, una manciata di bei Sancho Panza, e una motocicletta come Ronzinante, avrei dovuto realizzarlo al centro dell’Impero USA? Ebbi una cattedra a un’università importante nel 1960, ma dissi “grazie, ma niente grazie, il mio compito è la ricerca per la pace, e nel mio piccolo paese natale”.

Oppure, sarei dovuto andare in qualche paese neutrale/nonallineato: in India con quel che restava di Gandhi, nel buddhismo della sukha-dukkha, o nella Cina del taoismo, di MoTzu, dei libri 1421, 1434?

No. L’alternativa a un paese non è un altro paese ma tutto quanto sopra insieme, nel procedere transnazionalmente. L’alternativa a un istituto è una rete. L’alternativa al finanziamento governativo e privato con relativi lacci, è di guadagnarsi l’autonomia, non vendendo mediazione-conciliazione che dovrebbe essere gratuita per coloro che non sanno dove rivolgersi, ma finanziando la rete con formazione, istruzione, informazione, libri.

In quanto alla ricerca: cercare, di nuovo e ancora, ri-ri, aggiungendo alla ricerca empiricista occidentale intuizioni per la pace critiche e costruttive attinte da ogni angolo del mondo. E facendo crescere insieme prassi e teoria, non fermandosi alla diagnosi-prognosi in nome della neutralità dei valori weberiana, lasciando la prassi ai dilettanti dei ministeri degli esteri che saltano da un fallimento disastroso all’altro, come dal Medio Oriente allo Sri Lanka a quant’altro. Potrebbero servire facoltà/corpi docenti di pace, come per la sanità, e sei anni di formazione.

In quanto alla pace: una pace ammirevole creata entro l’UE non implica che il mondo sia suo. Bensì servono un’economia panch shila a vantaggio reciproco e uguale; trasformazione creativa dei conflitti, anziché aggressione; negoziati-dialogo, anziché imposizioni; dialogo di civiltà per l’equità-diversità-simbiosi. La pace è possibile.

Ho appena descritto TRANSCEND: una Rete per la Pace, lo Sviluppo e l’Ambiente; anch’essa da giudicare nei meriti e nei demeriti. Il programma comprende la pace positiva, come mai l’umanità grosso modo sta assieme. E SABONA, dallo zulu io vedo te, pace in famiglia, a scuola e al lavoro e come la si può insegnare a scuola, con esperienze principali in due scuole norvegesi. E Generali per la Pace. E sviluppo suscettibile di conflitto, perseguendo gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio in modo tale che non vada tutto perso in conflitti violenti. E Weltinnenpolitik [Politica interna mondiale, ndt], passando da una politica estera degli interessi nazionali a una politica interna dell’interesse mondiale. E alternative economiche all’ipercapitalismo che ha fallito, un Duro Lavoro.

Per me iniziò nel 1951 come una vocazione a fare fredsforskning på norsk, i Norge [ricerca di pace alla norvegese, in Norvegia]. Sono estremamente grato alla fase PRIO dal gennaio 1959 quando ottenemmo il primo finanziamento e per la prima presidenza mondiale all’Università di Oslo fin quando partii nel 1977, stanco della sorveglianza poliziesca. 18 anni. 16 anni in giro per il mondo e, dal 1993, 16 anni di TRANSCEND. Una vita meravigliosa, di cui sono grato.

Il PRIO fu un bell’inizio. Da allora il PRIO e io abbiamo battuto strade diverse, anche divergenti, com’è giusto che sia. Nessun padre fondatore o famiglia ha diritto a vincolare figli e nipoti. Gente intelligente quella che vi investì dei soldi 50 anni fa: hanno avuto PRIO e TRANSCEND: due al prezzo di uno!

Auguro al PRIO un futuro con più P di Pace, in attesa del 60° anniversario. E dico addio, non nella lingua dell’Impero:

Danke und Auf wiedersehen, liebe Freund-Innen;
au revoir et mille mercis, amies et amis;
arrivivederci e tante buone cose, amiche ed amici;
hasta pronto, amigas y amigos;
bolshoi spasiba, druzhba, dazvidanje;
obrigado e até logo, amigas e amigos;
domo arigato, sayonara;
xie xie, zaijian;
tusen takk alle sammen, og på snarlig gjensyn!

08.06.2009. Nella ricorrenza dei 50 anni del PRIO (Peace Research Institute, Oslo-PRIO) – Municipio di Oslo, 5 giugno 2009
Traduzione di Miky Lanza per il Centro Sereno Regis
Titolo originale: WHAT PEACE RESEARCH WOULD BE LIKE IF FOUNDED TODAY
http://www.transcend.org/tms/article_detail.php?article_id=1355