Buddhismo e scienza – Nanni Salio
Il tema su cui mi è stato chiesto di intervenire, “Fritjof Capra e il tao della fisica”, è giustificato dal fatto che in passato ho tradotto questo testo, divenuto ben presto un grande successo editoriale. Molto apprezzato da alcuni, criticato da altri, sia fisici, sia orientalisti. A distanza di anni, mi sembra di poter ribadire che si tratta di un libro di buona divulgazione e di piacevole lettura, sebbene oggi si debba andare oltre alla semplice analogia, sulla quale è impostato il lavoro di Fritjof Capra.
La nostra attenzione dev’essere centrata non tanto e non soltanto sulle due grandi categorie scienza e religione, quanto piuttosto sui soggetti umani che ne sono protagonisti, nelle loro molteplici specializzazioni e nella loro dimensione di genere: scienziati/e; religiosi/e.
L’intera questione è quanto mai controversa. Le controversie attraversano sia il pensiero scientifico sia quello religioso, determinando scuole di pensiero, sette, schieramenti, conflitti in una intricato garbuglio che attraversa tutta la storia umana ed è difficile da dipanare. Per usare la bella espressione di Gregory Bateson, ci stiamo avventurando in quello spazio “dove gli angeli esitano” (Gregory Bateson, M. Chaterine Bateson, Dove gli angeli esitano. Verso un’epistemologia del sacro, Adelphi, Milano 1989).
Una semplice mappa può forse aiutarci nell’individuare gli aspetti salienti su cui vertono le controversie.
Come sempre in questi casi, “la mappa non è il territorio”, ma ci permette di perlustrarlo e ci può aiutare a scoprirne la struttura fine che non è rappresentata nella mappa. E i termini stessi usati in questa classificazione sono convenzionali e suscettibili di correzioni.
Esclusione
Cominciamo a esaminare i due casi simmetrici estremi, di esclusione reciproca, tra scienza e religione.
Scientismo/scientisti-e
In questa fase storica lo scientismo, inteso nel senso forte del termine come fiducia illimitata e unica nel metodo scientifico e nei risultati della ricerca scientifica in tutti i campi, compresa l’etica e la politica, è caduto in discredito. Ma riemerge sovente in campi come l’economia e la politica, quando coloro che sostengono determinate teorie, economisti e politici, hanno la pretesa di presentarle come se fossero fondate in modo rigoroso ed esaustivo.
Il riproporsi continuo delle domande di senso sull’esistenza sfida la pretesa scientista di essere l’unico metodo di indagine.
Tradizione
Coloro che assumono questa posizione, simmetrica a quella dello scientismo, hanno la pretesa di conoscere le uniche e definitive risposte basate sui libri sacri e/o sulla rivelazione. Ma in ogni tradizione religiosa si sono create inevitabilmente fratture, sette, interpretazioni differenti del significato da attribuire alle scritture.
Così come esistono fondamentalismi laici (scientismo, economicismo del FMI, ribattezzato non a caso fondamentalismo monetario internazionale, neoliberismo e imperialismo neocon) che pretendono di risolvere ogni problema dell’umanità esclusivamente sulla base della conoscenza scientifica, ogni tradizione ha dato vita a forme di fondamentalismi religiosi.
Entrambi questi fondamentalismi hanno ampiamente dimostrato storicamente di essere forieri di intolleranza e violenza su larga scala.
Riconoscimento
Passiamo ora agli altri due casi, caratterizzati dal reciproco riconoscimento tra scienza e religione.
Buddhismo scientifico /scientismo religioso
Sin dal 1987, l’attuale Dalai Lama, del quale sono ben noti gli interessi e le curiosità per il sapere scientifico, promuove, insieme ai suoi collaboratori, le “Mind and Life Conferences”, alle quali sono chiamati a partecipare esponenti di spicco della cultura scientifica internazionale e studiosi e praticanti del buddhismo (http://www.mindandlife.org/ ). Le pubblicazioni che riportano i colloqui e i risultati di queste conferenze costituiscono un importante patrimonio a cui attingere per conoscere e approfondire il rapporto scienza/buddhismo/religione su temi diversissimi (tra i testi tradotti si veda: J:W.Hayward e F.J.Varela, Ponti sottili. Conversazioni del Dalai Lama con i grandi scienziati dell’Occidente sulla natura e i poteri della mente, Neri Pozza, Vicenza 1998; Dalai Lama, Nuove immagini dell’Universo. Dialoghi con fisici e cosmologi, a cura di Arthur Zajonc, Cortina, Milano 2006; Dalai Lama, Daniel Goleman, Emozioni distruttive. Liberarsi dai tre veleni della mente: rabbia, desiderio e illusione, Mondatori, Milano 2003).
Come osserva Bruno Lo Turco in un intervento critico sul rapporto tra buddhismo e scienza, (Salvare il buddhismo dalla scienza. Osservazioni su una confusione di giochi linguistici, http://ejour-fup.unifi.it/index.php/res/article/view/1487/1422) il Dalai Lama sostiene, in uno dei suoi molteplici scritti (L’abbraccio del mondo. Quando scienza e spiritualità si incontrano,Sperling & Kupfer, Milano 2005), quanto segue: “…se la ricerca scientifica dovesse dimostrare senza ombra di dubbio che alcune affermazioni del buddhismo sono errate, [noi buddhisti] dovremmo accettare questo fatto e abbandonarle.” E inoltre:
“E’ vero che la scienza potrà trovare beneficio da un confronto con la spiritualità, specialmente nel campo dei valori umani, ma certamente alcuni specifici aspetti del pensiero buddhista – come le antiche teorie cosmologiche o la sua fisica rudimentale – dovranno essere modificati alla luce delle nuove conoscenze scientifiche.”
Si ripropone, anche se in maniera più sfumata rispetto allo scientismo e alla tradizione, il problema del rapporto scienza-religione in termini di subalternità o totale indipendenza, senza che sia stata formulata una riflessione adeguata sullo stato del pensiero scientifico contemporaneo.
Sembra poi verificarsi in alcuni casi il bisogno, o la preoccupazione, di superare una sorta di complesso di inferiorità che porta vari autori a sostenere una totale identità di vedute e di armonia tra scienza e religione. (Gli esempi che si possono portare sono numerosi. Tra i tanti, si veda: Francio Collins, Il linguaggio di Dio. Alla ricerca dell’armonia fra scienza e fede, Sperling & Kupfer 2007; Frank Tipler, La fisica del cristianesimo. Dio, i misteri della fede e le leggi scientifiche, Mondatori, Milano 2008).
Scienza post-normale
A questa quarta scuola di pensiero, caratterizzata da autentica indipendenza reciproca e riconoscimento delle rispettive aree di indagine, propongo di dare il nome di “scienza post-normale”, per riferirmi esplicitamente ai due autori, Jerry Ravetz e Silvio Funtowicz, che hanno dato fondamentali contributi nell’indagine critica dei problemi scienza-tecnologia-società, intesi come problemi complessi, globali e controversi (Nanni Salio, Singolarità, catastrofi, estinzioni, collassi: qual è più vicino?, www.serenoregis.org ).
Alla base di questo approccio c’è la consapevolezza della nostra ignoranza, tema quanto mai caro alla filosofia buddhista, tanto che si narra in vari testi del “nobile silenzio del Buddha” quando fu interpellato sulle domande ultime, i misteri della vita e della morte, del dolore e dell’illuminazione (si veda in proposito la bella recensione di Lauro Galzigna al libro di Raimon Panikkar, Il silenzio del Buddha. Un a-teismo religioso, Mondatori, Milano 2006 www.psychiatryonline.it/ital/panikkar.htm ).
Questa stessa consapevolezza è alla base dell’approccio critico alla moderna tecnoscienza. Da un lato ne magnifichiamo la potenza, dall’altro siamo spaventati dalle minacce che gravano sull’umanità.
L’intreccio tra conoscenza scientifica e principi etici ai quali ci riferiamo è diventato tanto stretto da comportare l’elaborazione di una nuova etica dell’incertezza e dell’errore, in grado di guidarci nel processo evolutivo della conoscenza senza caderne vittime.
Il principio di precauzione (elaborato tra gli altri da Hans Jonas) costituisce il fondamento epistemologico dell’azione secondo la tradizione della nonviolenza gandhiana.
Nel suo libricino Hind Swaraj, scritto cent’anni fa, durante il suo rientro da Londra, in nave, verso l’India, Gandhi ha gettato le basi per fondare un rapporto tra scienza, etica, politica, economia e religione che costituisce ancora oggi un riferimento essenziale di chiarezza, semplicità, incisività per affrontare la grande crisi (economico-finanziaria; energetica-climatica-ecologica; relazionale-esistenziale; politico-militare) di fronte alla quale le culture dominanti, laiche e religiose, sembrano impotenti.
È il terreno di ricerca sul quale dobbiamo avventurarci con quello spirito di trepidazione, coraggio, curiosità, speranza, che ci permetta, nonostante tutto, di camminare là “dove gli angeli esitano”.
Intervento al convegno SCIENZA E RELIGIONE TRA OCCIDENTE E ORIENTE, Monastero di Lanzo, 9 maggio 2009