Sistema economico, dottrina economica, economisti – Johan Galtung

Che cosa diremmo di meteorologi incapaci di predire grossi uragani che devastano gli umani e ciò che essi hanno costruito, come città e case, trascinandoli in aria e sbattendoli chissà dove? Potremmo forse accettare la loro incapacità di fare alcunché, ma accetteremmo l’assenza di qualunque allarme tempestivo? No, e peraltro loro sono piuttosto bravi in tali allarmi. Non c’è ragione di sospettare che ci abbiano preso gusto a essere nell’occhio degli uragani, né che l’industria turistica li paghi per non far fuggire la gente per paura.

Allo stesso modo, che diremmo di medici incapaci di predire una grave epidemia da milioni di vittime? Accetteremmo l’assenza di un allarme tempestivo, pur avendo poche speranze nella loro capacità d’intervento risolutivo? Risposta: non accetteremmo. Consideriamo una colpa l’incapacità di stabilire dei nessi fra il fumare e il cancro ai polmoni, o fra un eccesso di zucchero-grassi-sale e l’obesità. I maligni correlano perfino tale incapacità/indisponibilità a smettere di fumare (o certe abitudini alimentari) con l’essere pagati dall’industria del tabacco perché non ci siano allarmi e dall’industria farmaceutica per falsi allarmi.

Di nuovo, allo stesso modo, che diremmo di economisti, specialisti in scienze economiche – che stanno al sistema economico come la meteorologia all’atmosfera e la medicina al corpo umano – incapaci di predire una catastrofe grave come l’attuale crisi nell’economia, che devasta i mezzi di sostentamento di milioni di persone? Si sono levate alcune voci, come quella di Robert J. Shiller, ma poche e sporadiche. Non potremmo dire, pensare, che il sistema economico va male, la scienza economica peggio, ma peggio di tutto sono gli economisti?

Per quale ragione abbiamo gente che arriva così presto nella vita a un tale livello collettivo d’incompetenza condivisa? Sono attratti dalle crisi e non allertano gli altri per tenere per sé i benefici delle fasi iniziali, prima del picco? Difficile, la loro incompetenza nel campo degli affari è proverbiale.

Vengono pagati per non mandare segnali cosicché gli speculatori possano godersi il rialzo prima che la gente comune paghi il ribasso, con perdite e salvataggi di stabilità che smorzino gli andamenti? Bene, potrebbe sembrare più che plausibile. Ma più che per corruzione, essi tessono le lodi al mercato finché le cose vanno bene, per quelli che stanno in alto, s’intende, e se ne stanno zitti se è imminente una crisi per costoro mentre pregano perché ritorni il rialzo. Per i ricchi.

Tuttavia, questo fa supporre che abbiano sempre saputo che cos’era in arrivo, o l’abbiano sospettato, ma siano stati disonesti. Intellettualmente competenti, ma moralmente falliti, timorosi di perdere la fiducia di quelli là in alto, di non essere del giro, d’essere impubblicabili, stravaganti sinistrorsi o peggio.

Molti di loro forse preferiscono questa conclusione a quella contraria: moralmente normali, ma intellettualmente incompetenti. La loro non è una scienza ma una frode giacché hanno iniziato a costruire il loro schema basandosi su una matematica vecchia di secoli che si rifà a una meccanica anch’essa vecchia di secoli. Per mettere il dito al centro della piaga: hanno cominciato ad adorare l’equilibrio, con lo sguardo all’universo newtoniano governato da tre leggi. Si verifica un enorme numero di eventi, ma esiste un ordine superiore in quel gigantesco sistema di forze e controforze. Basta identificarlo!

Le menti scientifiche sono preparate per impegnarsi in tale esercizio, per astrarsi dalla realtà che colpisce i nostri sensi, e soddisfa o non esaudisce i nostri bisogni facendoci morire di fame, a un livello abbastanza alto da nascondere un ordine. Quelli che muoiono per mancanza di approvvigionamenti poiché non sono in grado di esprimere la loro domanda (articolata in denaro, non in necessità) lo fanno secondo la legge dell’equilibrio domanda-offerta, incapaci di pagare il prezzo. Il sistema funziona a un livello di mercato che produce equilibri di prezzi, non a un livello umano di persone che non riescono a soddisfare i propri bisogni.

Ma pur stando così le cose, essi non riescono a vedere i massicci squilibri in arrivo, come quello fra un’economia reale che avvizzisce e un’economia finanziaria fiorente per via della propria credenza assiomatica nel mercato come auto-regolantesi.

Immaginiamo che la meteorologia fosse calata nelle menti degli economisti programmati a credere a un’atmosfera auto-regolantesi: ci sarebbero brezze da mattino a sera, ma qualunque consistente formazione di sovrariscaldamento verrebbe neutralizzata da venti rinfrescanti spiranti in soccorso. Non c’è bisogno di corrompere gente del genere programmata per non vedere grosse discontinuità, salti quantistici, retroazioni positive – non solo negative. Le loro menti sono comunque non addestrate ad accogliere tali fenomeni.

Oppure, immaginiamo la fisiologia trattata da economisti che credono in un corpo umano auto-regolantesi. Come per l’atmosfera, hanno ragione fino a un certo punto: qualsiasi esposizione al trauma, a micro-organismi, a sostanze cancerogene, a stress e tensioni incontra qualche resistenza. Il sistema immunitario umano crea contro-forze, così come avviene in un contesto naturale e sociale giovevole. Ma l’esposizione può essere diretta alla capacità stessa di resistenza, come nella guerra psicologica, e la resistenza può causare ulteriore esposizione, come in una guerra, dove violenza genera violenza. Eppure ci sono alcune regolarità anche in queste mostruosità della sofferenza umana.

La matematica del caos, con squilibri che si auto-rinforzano, è molto più efficace in questo contesto che la matematica del continuo usata in economia. Ma gli economisti sono programmati dal loro modo di vivere tiepido da ceto medio a stanziare dieci sterline per riempire una sporta della spesa, non secondo il punto di congelamento dei poveri le cui vite stanno spegnendosi, né secondo il punto di ebollizione dei consigli d’amministrazione che decidono massicce vendite allo scoperto per far fuori i concorrenti non collaborativi. Le equazioni differenziali sono escluse dalla loro visione, così come le singolarità: non dividere per zero anche se è lì che comincia la realtà, le catastrofi.
Gli economisti dovrebbero usare la crisi per riflettere su come sono programmati, poi sulla dottrina economica, poi sul sistema economico, non al contrario. La via per la sopravvivenza passa per una sostanziosa riprogrammazione.

3 marzo 2009
Traduzione di Miky Lanza per il Centro Sereno Regis
Titolo originale: ECONOMY, ECONOMICS, ECONOMISTS
http://www.transcend.org/tms/galtung_editorial_archive_detail.php?article_id=934