Gandhigiri fuorviante – di S Anand

Gandhigiri fuorviante. Spegnere i cellulari per un giorno non impedirà all’India s.p.a. di avallare Narendra Modi come Primo Ministro
di S Anand, editore, Navayana

È stata diffusa una petizione on-line per osservare il 30 gennaio 2009 come Giornata del Silenzio (Cellular Silence Day). Proposta da Ranjan Kamath, un cineasta, è indirizzata a Ratan Tata, Sunil Bharti Mittal e Anil Ambani — prominenti industriali indiani con una presenza globale che non hanno bisogno di presentazione. La petizione cerca di dare voce a oltre un miliardo di semplici Davidi indiani sconcertati dall’avallo di Narendra Modi come futuro primo ministro da parte dei tre ‘Golia aziendali’. Che Modi — il quale ispirò e commise il massacro di oltre 2,000 musulmani nel pogrom del 2002 — sia il cocco dello spregiudicato mondo aziendale, non è sorprendente.
Il Gujarat è uno stato dove non avvengono sparatorie alla Kalinganagar (12 dalit e adivasi sono stati uccisi dal fuoco della polizia il 2 gennaio 2006 in Orissa durante una protesta contro un progetto Tata Steel); dove non si assisterà a proteste stile Singur neppure se si cederanno 1.100 acri per una canzone. Prima di esprimere “repellenza” al loro “avallo di Narendra Modi”, la petizione dei Davidi ironizza i Golia: “sono fiero dei marchi di fabbrica che rappresentate che hanno resa fiera l’India. Sono uno di coloro che appartengono al ceto medio indiano emergente che condivide le vostre aspirazioni di cambiare l’India da elefante indolente a tigre tonante.”
La petizione reca oltre 3.000 firme di vari intellettuali pubblici indiani prominenti, accademici, editori, artisti, scrittori, avvocati e molti che si definirebbero laici in quel modo generale, pittorescamente indiano. La petizione viene promossa sulle pagine di Facebook, su elenchi e-mail e altri siti di reti sociali. Per essere considerato un progressista si doveva firmare. Su una pagina della petizione, ICICI Lombard invita a un’assicurazione. Su un’altra pagina fa capolino un Kapil Dev dell’immobiliare Tata. Giusto appropriato.
Ci sono due ragioni per non firmare la petizione e unirci alla schiera dei selettivamente giusti.
Primo, essa presume che il modello di crescita aziendale rappresentato dai Tata, Ambani (eredi della Polyester Prince Dhirubhai) e Mittal e dai loro marchi renda orgogliosi gran parte degli indiani. La petizione, pur redatta dopo il dipanarsi della frode Satyam, volonterosamente passa sopra l’irresponsabilità delle grandi aziende a vario titolo. Se Ratan Tata, Anil Ambani, Kumaramangalam Birla e Sunil Mittal non avessero avallato Narendra Modi, sarebbe per questo il loro capitalismo multinazionale meno colpevole? Che facciamo con Ratan Tata che recentemente battagliava per la Dow Chemicals — la Dow, che aveva comprato Union Carbide per 9.3 miliardi di $ come filiale interamente posseduta; quella Union Carbide responsabile della fuga di gas letale del 1984 a Bhopal che si è lasciata dietro più di 15.000 morti e 150.000 invalidi? Quando la Dow rifiutò responsabilità legali o morali di sorta per il disastro di Bhopal, Ratan Tata, in qualità di presidente della Commissione degli Industriali e degli Investimenti, voleva che il gigante chimico da 46 miliardi di $ fosse prosciolto da ogni obbligo. Arrivò a scrivere lettere all’allora ministro delle finanze, P Chidambaram, al gabinetto del primo ministro, e al vice-presidente della Commissione di Programmazione Montek Singh Ahluwalia intercedendo a favore di Dow. I contestatori di Bhopal cercarono di boicottare tutti i prodotti Tata, non proprio alla “spegni-il-cellulare-per un-giorno”.
Se Ratan Tata poté cercare di assolvere Dow da ogni colpevolezza nell’uccisione dei 15.000 e nell’eredità maledetta del 1984, perché dovrebbe ricordarsi del 2002 in Gujarat?
Negli anni 1990, consumatori consapevoli cercarono di boicottare le batterie Eveready prodotte da Union Carbide. La ritorsione di Eveready fu la campagna pubblicitaria ‘Gimme Red’  — celebrata come avveniristica. Il marchio ha prosperato e Amitabh Bachchan è stato coinvolto come suo ambasciatore nel 2006. Si dice che Eveready detenga il 47% del mercato delle batterie a secco da 1.500 crore di rupie ( un crore è pari a dieci milioni, ndt).
Vediamo le ragioni materiali dell’affetto di Ratan Tata per Narendra Modi. Tata Motors ottiene un prestito soft di 9.570 crore di rupie al trascurabile interesse dello 0.1% per spostare il Progetto Nano al Gujarat. Il rimborso è differito di 20 anni. In totale, il governo Modi ha offerto più di 30.000 crore di rupie in sovvenzioni a Tata Motors. Così dice Ratan Tata: “Si è stupidi a non essere in Gujarat.” Martin Macwan, un attivista in diritti umani in Gujarat, confronta questa somma con la compensazione offerta ai dalit costretti a frugare fra le carcasse. Per lasciare quel mestiere e cercarsi da vivere altrimenti, lo stato offre loro un pacchetto riabilitativo consistente in un prestito di 80.000 rupie all’interesse dell’11%. Gli stigmatizzati dalit, costretti a un’occupazione subumana da generazioni, vengono richiesti di pagare interessi centupli per accedere a un prestito, col quale talvolta aprono un banchetto da tè, al quale nessuno berrà. L’India ha ufficialmente 770.338  persone che raccolgono manualmente i rifiuti e lo stato è il maggior datore di lavoro.
Gli Ambani hanno sempre amato Modi. Dai tempi di Dhirubhai, essi si sono attivamente collusi con i capi religiosi hindu di destra del Gujarat come Ramesh Oza e Murari Bapu. Meera Nanda nota nel suo libro in corso di stampa che mentre Modi concesse 85 acri di terra attigui all’aeroporto di Porbandar al Sandipani Vidyaniketan di Oza — un complesso tempio-‘rishikul’, una scuola per rishi — Dhirubhai Ambani fornì le risorse finanziarie per erigere l’edificio.
La seconda ragione per opporsi a questa petizione piuttosto scipita avallata dall’intelligentsia secolare sta nella sua scarsa comprensione di etica e politica. La petizione conclude con l’appello che “India s.p.a. adotti un percorso etico compassionevole per la creazione di ricchezza piuttosto che il perseguimento diretto del risultato finale.” Se solo questi industriali non avessero avallato Modi come candidato primo ministro, sembrerebbe che il resto dei loro sforzi per la ricchezza siano giustificabili, perché “rendono fieri gli indiani”. Crucialmente, la petizione cerca ispirazione da Mohandas Gandhi, nella supposizione, anzi nozione rivelata, che Gandhi garantisse un approccio etico, compassionevole, all’arricchimento, percezione erronea dovuta alla mitologia di Gandhi, il santo
Celebrato oggi come icona anti-imperialista per il suo ruolo nella lotta anti-coloniale in India, e per la sua critica dell’industrializzazione esposta nel suo Hind Swaraj (1908), Gandhi era essenzialmente un conservatore in termini sociali. Questa fu l’accusa principale di B.R. Ambedkar a Gandhi per il suo avallo delle caste e del varnashrama dharma. Ma concentriamoci qui sulle politiche economiche di Gandhi ispirate allo swaraj e sulla sua collusione con gli industriali conservatori del suo tempo. L’amicizia di Gandhi con Ghanshyam Das Birla (1894-1983) fu di reciproco vantaggio. Birla fu una fonte finanziaria illimitata per Gandhi. In una lettera a Birla del 10 gennaio 1927, Gandhi scrisse 200.000 rupie — per il khadi, l’intoccabilità e l’istruzione. Il lavoro della latteria fa altre 50.000 rupie. Poi ci sono le spese dell’ashram. Nessun lavoro rimane sospeso per mancanza di fondi, ma Dio dà, dopo prove severe. Ciò soddisfa anche me. Tu puoi dare quel che ti pare per qualunque lavoro in cui tu abbia fede.” Come ha notato sardonicamente Sarojini Naidu, costò parecchio mantenere povero Gandhi.
Se l’ufficio locale del Congresso fa oggi qualche aggiustamento di facciata quando Rahul Gandhi e il ministro degli esteri G.B. David Milliband decidono di fare un po’ di turismo della povertà in un ghetto dalit, tale effetto vetrina era compito dei Birla quando Mohandas Gandhi decideva ti passare occasionalmente un po’ di tempo nei basti (slum, ndt) abitati dai‘bhangi (una delle caste più basse, dei raccoglitori di rifiuti, ndt). Margaret Bourke-White, la fotoreporter di Life che documentò con continuità Gandhi, nota che metà dei residenti dei ghetti venivano spostati e le capanne abbellite prima della visita di Gandhi. Dinanath Tiang del Birla Group razionalizza le migliorie nella colonia dalit a White così: “Ci occupiamo del comfort di Gandhiji da 20 anni.” Cibo cucinato per Gandhi veniva anche fornito dai Birla. bquello del corpo della società.” Fu tale ragionamento che gli fece descrivere  l’attività di spazzino come l’”occupazione più onorevole” e il bhangi “mentre si procura da vivere con la sua occupazione, l’accosta tuttavia come un dovere sacro, senza aspirare, in altri termini, ad ammassarne ricchezza.” Fu il suo atteggiamento condiscendente e ipocrita che faceva infuriare Ambedkar, “La caratteristica peculiare del gandhismo è d’indurre la gente ad accettare la propria sfortuna come fosse la miglior fortuna”.
Giacché la petizione invoca un boicottaggio simbolico di un giorno dei servizi telefonici e di internet forniti da Tata, Mittal e Ambani, dobbiamo rievocare l’appello di Gandhi al boicottaggio dei prodotti britannici, specialmente dell’uso di tessuti provenienti dagli opifici britannici. Mentre promuoveva l’uso di filati domestici, batté in ritirata quando la sua campagna entrò in conflitto con gli interessi di Birla in quanto proprietario di opifici.
Nel 1928, quando Gandhi si lamentava che la gente comprasse khadi di fabbrica prendendolo per filato in casa, Birla lo considerò come una critica velata ai suoi opifici e ribatté: “Lo sapete di stare esagerando inutilmente i risultati della propaganda sul khadi? Potete accertarvene voi stesso mandando in giro ambulanti con khadi sia di fabbrica che shuddha, che chiedano agli abitanti dei villaggi di scegliere dopo una congrua spiegazione sulla qualità e sul prezzo del tessuto. Non ho il minimo dubbio che da tale esperimento risulterebbe che il 90% dei consumatori sceglierebbero il più economico e il più duraturo fra i due materiali. Il khadi di fabbrica è diffuso perché lo si trova economico e durevole, oltre che swadeshi.”
Leah Renold, una studiosa americana dedicatasi alla relazione di Gandhi con G.D. Birla, dice che Gandhi non voleva far precipitare la problematica perché finanziariamente dipendente da Birla, nella cui sontuosa residenza di Delhi abitò per oltre 25 anni. La studiosa aggiunge: “Gandhi non lasciò mai che il tema khadi diventasse oggetto di contesa fra lui e Birla, trovando invece spazio per gli opifici nel movimento del khadi.” Nel 1930, Gandhi scrisse a Birla: “sono convinto che il boicottaggio riuscirà solo con il khadi. Il che non vuol dire che le filande non vi abbiano spazio di sorta; possono meritarlo riconoscendo il valore del khadi. Il concetto di Dio comprende tutti gli dei.”
Gli  industriali swadeshi che Gandhi benediceva avrebbero convenientemente tradito la causa nazionalista del Congresso qualora gli fosse andata bene così. Seguendo il movimento Quit India (Lasciate l’India) del 1942, i più grossi imprenditori indiani, compresi J.R.D Tata e G.D. Birla, sottoposero al vicerè un memorandum che diceva: “siamo tutti uomini d’affari e non dobbiamo perciò far notare che il nostro interesse sta nella pace, nell’armonia, nella buona volontà e nell’ordine per tutto il paese.”
L’accusa a Gandhi di Ambedkar fu grave. Attirando la nostra attenzione all’ “atteggiamento gandhiano verso gli scioperi, la sua riverenza per la casta e la sua dottrina del fiduciariato ai ricchi a vantaggio dei poveri” egli caratterizza il gandhismo come “la filosofia della classe abbiente e agiata.” Non è sorprendente che Gandhi, la cui povertà era un atto dispendioso sponsorizzato da Birla, sia uno cui le classi conservatrici in India guardino con interesse di tanto in tanto. Le indagini di Bourke-White rivelarono che gli operai delle filande di Birla avevano autentiche rivendicazioni — alle loro esigenze di un buono per il costo della vita che facesse fronte all’aumento dei prezzi si rispose a fucilate e botte col calcio dei fucili. Quando gli operai mandarono la oro petizione a Gandhi, egli la passò semplicemente a Birla. Bourke-White, visitando gli opifici di Birla, vi trovò condizioni spaventose e si chiede nel suo libro Halfway to Freedom [A metà strada per la libertà] (1949) perché Gandhi non li visitasse lui stesso verificando di persona. Il più potente dei Davidi se ne stava comodamente seduto nel palazzo di un Golia — Casa Birla. Pensando alla qual cosa, la petizione insulta la nostra intelligenza anche con i miti che evoca, costringendoci a usare la pericolosa similitudine di Davidi (israeliani) contro Golia (palestinesi) in un momento in cui i palestinesi hanno subito uno spudorato attacco terroristico da parte di Israele.
In tal senso, la petizione online è un genuino tributo a Gandhi e al suo avallo alla politica dei grandi gesti – un esercizio di colpa-espiazione essenzialmente gandhiano. L’estensore della petizione dice: “Non è un compito facile per noi tenere spenti i cellulari per un’intera giornata il 30 gennaio, 61° anniversario dell’assassinio del Mahatma Gandhi. Tuttavia, dovrebbe bastare per far passare il messaggio all’India aziendalista che non tollereremo l’avallo di fascisti come futuri primi ministri.”
Questo è simbolismo post-Munnabhai (si riferisce a un personaggio di un noto film di grande successo, Gandhigiri, citato nel titolo di questo articolo, che si richiama in stile bolliwoodiano a Gandhi), non diverso dai sondaggi per SMS o le veglie a lume di candela sponsorizzati dai canali televisivi. Forse che questa classe consumistica, fiera dei suoi pc portatili e ricettori a banda larga, s’imbarcherebbe in un boicottaggio completo dei prodotti Reliance/Tata/Mittal? Un vero boicottaggio è quello effettuato dagli afro-americani guidati da Martin Luther King per oltre un anno, dal dicembre 1955 al dicembre 1956, noto come il “Boicottaggio dei Bus” di Montgomery contro la segregazione negli autobus. Tale boicottaggio influì seriamente non solo sui guadagni del sistema di trasporti pubblici ma sull’intera economia. In India, i dalit possono solo lontanamente sognare un simile boicottaggio, essendo essi stessi soggetti al boicottaggio sociale ed economico dagli hindu di casta alta qualora rivendichino la loro umanità.
Solo una classe con una certa presa economica può effettuare un boicottaggio serio. I firmatari della petizione sarebbero disposti a creare una crisi alla Montgomery per i capitalisti di casa nostra? Quanti non comprerebbero una Nano posto che il suo basso prezzo sarà abbondantemente sovvenzionato da Modi e magari sovvenzionato extra dal tasso del 11% per cento d’interesse che gli spazzini riabilitati sono costretti a pagare? Il capitalismo delle grandi aziende e l’estremismo religioso non sono compagni di letto malassortiti. Copulando, producono un ceto mutante che si riduce a fingere di credere che osservare il silenzio dei cellulari per un giorno sia un sacrificio sufficiente.

Traduzione di Miky Lanza per il Centro Studi Sereno Regis
Titolo originale: Misleading Gandhigiri
http://www.tehelka.com/story_main41.asp?filename=Op310109misleading_gandhigiri.asp
Tehelka Magazine, Vol 6, Issue 4, Dated Jan 31, 2009