Segni promettenti?

Jake Lynch

Il governo Obama, appena insediatosi, sta comunicando alcuni suoi intenti sia sulle armi nucleari sia sulle relazioni con l’Iran. E’ una notevole discontinuità rispetto al precedente discorso politico USA che sia tornata in agenda la questione di un mondo libero da armi nucleari, seppure come sogno lontano.

Durante le convention democratica e repubblicana, che consacrarono Obama e McCain come rispettivi candidati alla presidenza, il Global Security Institute, promotore della campagna per l’abolizione delle armi nucleari, voleva esporre pubblicità a pagamento con manifesti vicino ai centri congressuali, per rammentare la problematica ai delegati. Avevano il denaro e l’autorizzazione all’affissione, ma il proprietario dei locali, Clear Channel Communications, li bloccò con la motivazione di voler evitare ‘controversie’ politiche.

L’elemento mancante nelle rappresentazioni mediatiche delle relazioni USA con l’Iran è in molti casi la cornice del Trattato di Non-Proliferazione Nucleare (TNP) del 1968, soggetto al rinnovo l’anno prossimo. Proibisce agli stati firmatari di sviluppare armi nucleari, e questo è ben noto. Quello che lo è meno, pur con innumerevoli resoconti e trattazioni giornalistiche sulle preoccupazioni per le ambizioni nucleari dell’Iran, è l’obbligo per le potenze nucleari firmatarie di entrare in concreti negoziati per ridurre ed eliminare i propri arsenali.

Per un po’, ciò portò dei risultati sotto forma dello Strategic Arms Limitation Treaty (SALT) fra le superpotenze, nel 1972, e successive tornate dello Strategic Arms Reduction Treaty (START), iniziate nel 1979. Recentemente il quadro è più torbido (nessun gioco di parole intenzionale). Con il governo Bush, gli USA sono stati via via più criticati per l’inversione di tale progresso, sia mediante lo sviluppo di nuove armi nucleari – come conseguenza fortuita di programmi di manutenzione – e  cambiamenti alla propria dottrina per permettere un primo colpo contro stati senza armamento nucleare, perfino se non in alleanze di sorta con stati nucleari.

Già le voci di sirena stanno cercando di vincolare il nuovo governo alla stessa rotta. La decisione di Obama di mantenere Robert Gates come ministro della difesa offre un’apertura ai falchi nucleari. Gates ha recentemente ricevuto un rapporto da una task force da lui nominata e guidata da un suo predecessore al Pentagono, secondo il quale il deterrente nucleare USA è a rischio di perdere credibilità.

Il rapporto ammoniva che paesi europei e asiatici, finora contenti di ripararsi sotto l’ombrello nucleare USA, potrebbero cominciare a costruirsi il proprio, a meno che gli USA non sviluppino una nuova generazione di armamenti. E il generale Kevin Chilton, capo del Comando Strategico USA, ha usato un articolo nel Wall Street Journal per sostenere che il tempo non è dalla nostra parte perché Cina e Russia stavano già migliorando le proprie testate. “La pista dell’inazione conduce verso il disarmo nucleare … Il momento per agire è adesso”, ha affermato.

E’ una forma di paranoia adusa a Washington, in lotta intestina per i bilanci sugli armamenti almeno dalla metà degli anni 1970 – il periodo di distensione, che produsse quei vistosi accordi succitati, nonché l’indomani della sconfitta in Vietnam. Le stime CIA della minaccia sovietica in calo furono spazzate via da una squadra messa su agli ordini del presidente Gerald Ford – che ci teneva forse a provare di saper davvero camminare e masticare gomma contemporaneamente – per rielaborare gli stessi dati e rapporti degli esperti e rivedere le valutazioni dei super analisti della CIA.

La squadra B, come era chiamata, arrivò a conclusioni sorprendenti. Non si poté trovare una prova a sostegno della paura di lunga data che i sovietici avessero sviluppato un sistema acustico per scovare i sottomarini nucleari USA, … pertanto dovevano averne inventato invece uno non-acustico non identificabile. Le difese aree sovietiche erano in ottime condizioni, decise la squadra: basandosi sulla prova non discutibile delle affermazioni orgogliose di un manuale di formazione ufficiale russo.

L’episodio viene presentato, con riprese contemporanee e interviste originali a gente altolocata dell’ambiente, nel documentario BBC The Power of Nightmares [Il potere degli incubi] – decisamente raccomandabile a chi non l’abbia visto. Il programma rievoca pure i tentativi di provare i legami fra vari gruppi in tutto il mondo che facevano ricorso alla violenza, dalle Brigate Rosse in Italia all’IRA e al New People’s Army (Esercito del Popolo Nuovo nelle Filippine). Secondo questa ricostruzione, essi erano segretamente armati e finanziati da Mosca e strumentalizzati dai sovietici in una campagna concertata contro gli interessi occidentali.

C’era perfino un libro, The Terror Network (La rete del terrore), messo in vendita comunemente, che presentava prove a sostegno di  questa teoria. William Casey, direttore della CIA sotto Ford, ordinò ai suoi funzionari di indagare su tali affermazioni. Le trovarono del tutto famigliari, come racconta uno di loro nel documentario, perché molte le avevano inventate essi stessi, da diffondere fra i giornalisti nella speranza di screditare i gruppi coinvolti.

C’è un’eco di questo anche nell’atteggiamento di Washington verso Hamas, evidente nel suo incoraggiamento all’attacco israeliano a Gaza (vedi articolo “Operazione piombo fuso…” nella newsletter precedente). Secondo questo tipo di interpretazione, Hamas non poteva assolutamente sorgere spontaneamente: deve essere il risultato dell’interferenza di ciò che viene descritto, nello stesso contesto, come un asse Iran-Siria, che contesta l’influenza USA nello strategico Medio Oriente.

Il che ci porta  a una notevole omissione nelle affermazioni di Obama, e nelle dichiarazioni della nuova squadra alla Casa Bianca. Un paio d’anni fa, furono declassificati documenti confidenziali del governo Nixon della fine degli anni ’60, che mostravano il grado di preoccupazione USA per una corsa alle armi nucleari nel Medio Oriente. Un memorandum del Segretario di Stato Henry Kissinger lamentava che il nuovo arsenale nucleare d’Israele – sviluppato da materiali originariamente forniti dai francesi – fosse una questione su cui “gli israeliani ci hanno continuamente ingannati”.

Il TNP, ratificato da Nixon nel 1970, rappresentava un grande risultato diplomatico fra chi era in possesso e chi no di armi nucleari. Riconosceva per i secondi il diritto di accesso alla tecnologia nucleare civile e formava un contesto in cui essi erano contenti di scongiurare qualsiasi ambizione di sviluppare un arsenale nucleare. Israele era un’eccezione ed è ora uno dei soli quattro stati membri ONU a non aver mai firmato il trattato – mentre gli altri sono India, Pakistan e Corea del Nord.

Obama è stato tenuto al di fuori di quest’argomento finora, ma prima o poi lo deve sicuramente affrontare. La risoluzione 687 del Consiglio di Sicurezza ONU, che formalizzava l’accordo di tregua alla fine della guerra del Golfo del 1991, stipula un Medio Oriente privo di ogni arma di distruzione di massa. Se gli USA devono trovare il “nuovo percorso di progresso, basato sul reciproco interesse e sul mutuo rispetto” con “il mondo musulmano”, prefigurato nel discorso inaugurale di Obama, allora si devono applicare gli stessi criteri sia a Israele sia all’Iran. Gli accordi vantaggiosi, se equi, spesso funzionano, come è valso ampiamente per il TNP per quarant’anni, mentre i diktat unilaterali no.

Contraccolpo

Nel 1998, gli USA vendettero a Israele una variante dell’aereo da combattimento F15 e poi, nel 2001, una variante del F16, entrambi con autonomia sufficiente per una missione di bombardamento in Iran e ritorno senza dover rifornirsi, conferendogli questa capacità per la prima volta e fornendo alla Repubblica islamica un incentivo bell’e pronto per incrementare il proprio armamento. Se questo dovesse effettivamente comportare lo sviluppo di un’arma nucleare, sarà una forma di contraccolpo (blowback) alle politiche che Washington ha seguito in passato.

Ovviamente, la rivoluzione del 1979 che ha portato al potere gli islamisti a Teheran, potrebbe essere descritta in termini analoghi. L’odiato regime dello shah Reza Pahlavi fu installato nel 1953 a seguito del colpo di stato sostenuto dalla CIA che depose il governo eletto di Mohammed Mossadegh. Obama non potrebbe fare di meglio nel cominciare il suo nuovo rapporto con gli iraniani che chiedendo scusa per quell’evento.

Gli americani furono coinvolti dai loro amici britannici dopo un dissidio con Mossadegh sulla spartizione dei profitti petroliferi della Anglo-Iranian Oil Company, successivamente nota come BP. La leggenda vuole che quando alcuni funzionari accennarono a questo aspetto della relazione anglo-iraniana nel corso di incontri informativi con il primo ministro britannico Tony Blair, egli accolse la notizia con uno sguardo vuoto, non avendone mai sentito parlare. Lo stesso Blair, questa volta con un’espressione seria, assicurò i legislatori che rinnovare il sistema missilistico nucleare Trident avrebbe protetto il paese dal terrorismo – un’argomentazione memorabilmente paragonata dall’ex-ispettore agli armamenti Hans Blix, nel film narrato da Michael Douglas, Soldiers of Peace, alla pretesa che possiate usare un cannone per schiacciare le mosche.

Obama non ha detto nulla circa il cosiddetto programma di sostituzione affidabile delle testate nucleari del ministero dell’energia USA, ma questo, insieme al nuovo Trident britannico, rappresenta la più chiara trasgressione potenziale al TNP da parte di stati firmatari. E l’Iran? La valutazione da parte dell’ US National Intelligence Estimate, pubblicata l’anno scorso, era che le ambizioni dell’Iran in tale direzione erano, in quel momento, tenute sotto controllo.


Titolo originale: PROMISING SIGNS?

Traduzione italiana di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis