4 Novembre 2008: un nuovo inizio

4 Novembre 2008: un nuovo inizio?

Johan Galtung

Sì, lo è. La barriera razziale infranta, il referendum sul 43° presidente USA Gorge W: Bush stravinto, ci sarà un cambiamento essenziale nell’immagine USA in tutto il mondo. Alla gente in giro per il mondo piace amare gli USA, verruche comprese. Bush l’ha reso impossibile per quasi tutti, Obama lo rende facile, naturale. La vittoria più massiccia per un candidato democratico dal 1964, una valanga di volti, un paese con un solo partito; presidenza, senato, camera dei rappresentanti, uniti. La strada è aperta. 4 Novembre 2008: un nuovo inizio.

Bene, può essere un Nuovo Inizio:può non esserlo. La politica estera di Obama non è anti-imperiale, se lo fosse stata, avrebbe vinto McCain. Ramon Lopez-Reyes ([email protected]), psicoanalista freudiano e junghiano con una profonda comprensione culturale del mondo, nonché tenente-colonnello in pensione con tre anni in Vietnam che deplora vivamente, vede McCain come un’incarnazione dell’archetipo di eroe-guerriero, con un disturbo post-traumatico da stress. Un uomo molto pericoloso. L’elezione aveva a che fare con la funzione di amministratore del morente impero USA e, nelle parole di T.S.Eliot “E’ questo il modo in cui finisce il mondo

Non già con un botto ma con un gemito.”. McCain l’avrebbe finito in un botto, forse perfino nucleare.

Obama lo farà in un gemito. Impersona molto di quanto il mondo spererebbe da un presidente mondiale. Il mondo gli regalerà una luna di miele, forse centinaio di  giorni dall’insediamento il 20 gennaio prossimo. Ma se vedrà che percorre in sostanza le stesse piste calpestate dal suo predecessore non ci sarà carisma a salvarlo. Ci sarà delusione e sarcasmo da tutte le parti e la sua mancata gestione della caduta accelererà garbatamente il processo. E qui Lopez-Reyes lo vedrebbe come un alchimista che tenta di produrre oro in un laboratorio di cui non ha né comando né comprensione.
Egli si erge contro le forze dei trattati segreti, dei reperti segreti scovati dalla comunità dei servizi segreti, i complessi militari-industriali, le grandi aziende USA e – spettro buio – l’effettiva minaccia di assassinio. John F. Kennedy. Martin Luther King Jr.

Eppure ci sono possibilità, nonostante i suoi consiglieri, la vecchia banda, Buffet, Powell, Summers, Brzezinsky. La posizione di Obama sull’Afghanistan assomiglia all’analisi di Brzezinsky del grande gioco di scacchi, ispirato alla geopolitica di un secolo fa di McKinder che considera l’Asia Centrale cruciale per il controllo del mondo – visione che ha affascinato parecchi presidenti USA.

Vedere l’Afghanistan come centro del “terrorismo” è sbagliato; può esserlo per la resistenza musulmana in Cecenia e Kashmir, ma non per i musulmani dei 25 e più paesi  calpestati dall’Occidente nell’ultimo secolo. Il comunismo ha potuto cedere alla realtà e implodere, incapace di superare il distacco fra mito e realtà. Ma l’Islam, come il cristianesimo ha un patto con forze divine, messe alla prova non nella realtà sociale ma nelle anime dei devoti. Non ci sarà mai alcuna capitolazione.

La guerra è invincibile, non valgono un paio di brigate in più, I paesi europei sono arcistufi di tutta la faccenda e hanno sempre più l’impressione, come gli svizzeri quando si sono ritirati nel marzo scorso, di essere stati invitati a un mantenimento della pace che è risultato essere un’imposizione della pace, nulla meno che una guerra. Un miliardo supplementare di dollari all’anno in assistenza non-militare a Kabul-Karzai alimenterà la corruzione. E per quanto riguarda il cercare di dividere i talebani quando sono tutti compatti contro la secolarizzazione, potrà essere possibile solo se gli USA si ritireranno del tutto.

La sua politica sul Medio Oriente congela l’incontenibile. Il sostegno a Georgia e Ucraina come membri NATO rilancia una seconda guerra fredda. E in Medio Oriente: la sicurezza di Israele non è negoziabile, ma mediante una pace equa con tutti i vicini. Essi sono pronti.

Qualche via d’uscita? Sì, ce n’è una: negoziati segreti, dai quali si esce con un accordo già fatto. Egli sembra disposto a parlare senza precondizioni e si avvantaggerebbe mollando i suoi consiglieri a Washington. C’è in Obama qualcosa di nuovo, fresco, quanto mai necessario al mondo. Potrebbe semplicemente capire che per risolvere un conflitto ci dev’essere uno scambio di qualcosa (tit for tat), come ritirare missili dalla Turchia in cambio della stessa operazione da parte dell’URSS a Cuba. Esigere che tutti gli altri recedano in cambio di nulla è impero. E la magia non c’è più.

Vada in Corea del Nord offrendo un trattato di pace, relazioni diplomatiche, una normalizzazione, non limitarsi a toglierli dall’elenco dei “terroristi”, anzi abbandonare quello stupido vocabolario. Il problema nucleare sparirà. Come succederà  in Iran, se presenterà le scuse per il colpo di stato della CIA e del M16 [servizio segreto britannico, ndt] del 1953 contro Mossadegh, primo ministro legalmente eletto. Ripari il passato. Riconosca gli errori, in cambio di soluzioni verificabili. Orientamento alle soluzioni, non alla guerra.

Per il Medio Oriente, parli con Hizbollah, Hamas, la Siria. Sono disposti a riconoscere un Israele più modesto con confini fissi prossimi ai limiti del 4 giugno 1967 in cambio della fine dell’occupazione, possibilmente con una zona denuclearizzata in Medio Oriente.

Vada in Russia, rispetti le loro preoccupazioni, concordi una soluzione tipo Andorra per l’Ossetia del Sud e una federazione per l’Ucraina. Cessi l’espansione NATO in cambio dell’assenza militare russa nelle Americhe. Lasci che la Russia sia se stessa.

E mantenga la promessa dei 16 mesi in Iraq, con l’aggiunta di un’offerta generosa per la ricostruzione del paese dopo la sua devastazione, giungendo persino ad ammettendo che l’invasione del 2003 è stata un errore.

In breve, cerchi di cortocircuitare le solite insidie dell’Impero. E gli USA ne guadagneranno enormemente sia a livello globale sia internamente.

Tenga però solo presente: Cambiare, Sì lo possiamo fare!  (Change, YES, WE CAN!)


EDITORIAL, 5 Nov 2008 | #34 | Johan Galtung

Titolo originale: 4 November: A New Beginning?

Traduzione di Miky Lanza per il Centro Studi Sereno Regis

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.