4 novembre – non festa ma lutto

martedì 4 novembre 2008 – ore 16,30
piazza Castello – Torino: Volantinaggio e ora di silenzio
a seguire, alle 18,00, riflessioni insieme mediante immagini e parole
Sala Gandhi – Centro Studi Sereno Regis – via Garibaldi, 13 – Torino

4 NOVEMBRE 1918:
fine di una guerra di aggressione italiana con milioni di vittime: 1.880.000 uccisi censiti (36% italiani, compresi i tanti disertori, uccisi dai carabinieri; 64% austro-ungarici);
4.670.000 feriti (23% italiani, 77% austro-ungarici) di cui 3.000.000 mutilati.
E, certo, l’annessione di Trento e Trieste, “virilmente” conquistate mentre potevano essere ottenute senza guerra dall’Austria, in cambio della neutralità.

E allora, il 4 novembre 2008, che cosa possiamo pensare di una tale oscena “inutile strage”, condotta con ostinazione forsennata da macellai incompetenti per motivi futili?
Fu una violenza preparatoria ad altre incalcolabili sofferenze, al fascismo e concausa della follia omicida del 1940-45, lezione durissima che ci nauseò fino al ripudio della guerra nella nuova Costituzione repubblicana (art. 11).

Non fu una success story, motivo di orgoglio, trionfo di patriottismo e difesa nazionale, ma militarismo e nazionalismo come risorse, come false soluzioni, che consideravano cooperazione e diplomazia debolezze utopiche?

NO alla criminale farneticazione dei nani culturali di allora e di oggi!

L’evidenza rimossa mostra invece:
una vergogna,
un fatale colpo di mano dell’esecutivo sul parlamento contrario
una automutilazione nazionale,
militarismo e nazionalismo problemi cancerosi.

VOGLIAMO,  A 90 ANNI DAL 1918,  UN INTERVALLO DAL GROTTESCO !!!
VOGLIAMO RISPETTO PER UNA TRAGICA, ISTRUTTIVA VERITA’,
NON SI RIPETA LA PERICOLOSA MISTIFICAZIONE!
LUTTO NON FESTA DEL SADOMASOCHISMO !

MIR- Movimento Nonviolento Piemonte & Val d’Aosta
Via Garibaldi 13 – 10122 Torino

«A guerra finita, in occasione del trattato di pace, non sarebbe inopportuno  per un popolo che fosse prescritto, oltre a una festa di ringraziamento, un giorno di espiazione per invocare dal Cielo, in nome dello Stato, perdono per il grande oltraggio di cui il genere umano si rende ancor sempre colpevole di non voler sottomettersi a una costituzione legale nei rapporti con gli altri popoli, tanto da preferire, nell’orgoglio della sua indipendenza, di ricorrere al mezzo barbaro della guerra (col quale però non si consegue ciò che si cerca, cioé il diritto di ogni Stato). Le feste di ringraziammento che si celebrano durante la guerra per una vittoria riportata, gli inni che si levano al Signore degli eserciti non contrastano meno con l’idea morale di Dio, padre degli uomini, poiché essi, oltre all’indifferenza dei popoli rispetto al modo di far valere il loro reciproco diritto, rivelano anche la soddisfazione di aver distrutto la vita e la felicità di tanti uomini».

Immanuel Kant, Per la pace perpetua, 1795

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