Tradita la volontà di Alfred Nobel

Johan Galtung

Fredrik S. Heffermehl, avvocato e pacifista norvegese, ha reso un bel favore al mondo con il suo libro Nobels Vilje, (La volontà di Nobel), appena pubblicato, che mostra come il comitato del Premio Nobel per la Pace abbia deviato dal testamento di Nobel. Quel premio, nella sua intenzione, è per “la maggiore o migliore opera di fraternità fra le nazioni e l’abolizione o riduzione degli eserciti in servizio attivo e la formazione e diffusione di parlamenti di pace”. Solo 70 delle 118 persone fisiche e giuridiche vincitrici del premio sono conformi al testamento di Nobel.

Il premio è stato conferito per l’attivismo nei diritti civili, lo sviluppo e l’ecologia, tutti campi importanti che meritano loro premi specifici. Ma la volontà precorritrice di Nobel è chiarissima, mentre la relazione con essi è al meglio indiretta e al peggio decisamente dubbia. Sicché, fra i quattro paesi più bellicosi al mondo – USA, Israele, l’Impero Ottomano e il Regno Unito, ben tre sono campioni nelle classifiche sui diritti civili.. E sullo sviluppo. La povertà abietta è più probabile che porti al rispetto basato sull’apatia. E il riscaldamento globale può essere del pari quel fattore esterno che porta alla cooperazione piuttosto che la causa della lotta armata. E’ troppo presto per dirlo.

Ma queste critiche  non valgono per il n° 119 premiato di quest’anno, Martti Ahtisaari, il cui lavoro in Namibia, Jugoslavia (Bosnia e Kosovo) e Indonesia ricadeva senza dubbio nell’ambito della “fraternità fra le nazioni”, ma le tre o quattro paci raggiunte sono fragili nel migliore dei casi, controproducenti nel peggiore. L’equità, condizione per la pace, non c’è. La Namibia prosegue con latifondo bianco e miseria nera; la Bosnia non ha mai rispettato il desiderio croato di unirsi alla Croazia e il desiderio serbo (e anche di Belgrado) d’indipendenza era solo uti possidetis; il Kosovo ha aggirato il Consiglio di Sicurezza stabilendo un pericoloso precedente; e Aceh è finito anche grazie allo tsunami che ha contribuito a disperdere le armi nell’oceano. Ne sentiremo delle brutte da tutte e quattro.

Allora, nei 71 casi di pace, per che cosa viene dato il premio? Una formula potrebbe essere “l’Occidente si congratula con se stesso”. La ”fraternità fra le nazioni” assume spesso la forma simbolica di una stretta di mano, due mani, fra le parti in conflitto. Ma il premio gratifica la mano occidentale: Brandt, non Brezhnev; Kim Dae-Jung, non Kim Jong-Il. Potrebbero esserci obiezioni per i non occidentali, ma esse valgono ancor più per Kissinger e Begin, aggressori USA e Israele, eppure ottennero il premio con Le Duc Tho del Vietnam del Nord e Anwar Sadat dell’Egitto. Come Fredrik de Klerk (meritato) insieme a Mandela e Tutu. Puzza di pregiudizio e ipocrisia occidentale.

Chi altro avrebbe dovuto avere il premio, e non l’ebbe, per la propria opera per la pace in generale, non necessariamente in uno specifico conflitto? Quali sono dei premi Nobel per la Pace omessi e come li spieghiamo? Il primo nome che salta in mente è ovviamente Gandhi, così impagabile nel negare, non solo ridurre, la violenza, e migliorare la comprensione attraversando i confini tra i conflitti. Eppure morì senza premio. L’allora consulente del Comitato per il Premio Nobel per la Pace, disse al sottoscritto nel 1953 che Gandhi non era un vero pacifista e aveva combattuto l’Impero Britannico, un dono per la civiltà.

Il seguente è un elenco sommario di alcuni altri non premiati:

[1] Jose Figueres, presidente del Costa Rica, per l’abolizione dell’esercito.
[2]  Monnet-Schuman, per aver instaurato la pace rendendo la Germania ex-nazista un “membro di famiglia” nella Comunità Europea.
[3] Soekarno-Nasser-Tito, per il Movimento dei Paesi Nonallineati di Bandung nel 1955, e poi ancora a Belgrado nel 1961, rifiutando di essere membri dei due blocchi in rotta di collisione potenzialmente catastrofica.
[4] Nehru-Zhou Enlai per la panch shila, i cinque pilastri della coesistenza pacifica, come il commercio con benefici  uguali e reciproci, che ha permesso di mantenere la pace fra i due più grandi paesi al mondo.
[5] Urho Kekkonen, presidente della Finlandia, per la CSCE del 1972-1975.
[6] Olof Palme, primo ministro della  Svezia, per l’iniziativa di denuclearizzazione dei Cinque Paesi.
[7] Le chiese di Lipsia, in particolare la Nikolai-Kirche (chiesa di San Nicola), per le “Dimostrazioni del Lunedì” che nel 1989 contribuirono a porre fine alla Guerra Fredda il 9/11 1989.
[8] Papa Giovanni Paolo II per l’instancabile lavoro di riconciliazione, mediante la dichiarazione di scuse e il dialogo, fra i molti confini che separano le religioni, anche di natura storica.
[9] Hans Küng perla sua opera per un’etica globale che accomuni le religioni.
[10] José-Luis Zapatero per aver magistralmente trattato l’attacco terrorista a Madrid l’11 marzo 2004 a differenza del dilettantismo di Bush-Blair.

Come Gandhi, tutti spiccano favorevolmente a confronto con la maggior parte delle persone e organizzazioni che hanno avuto il premio. Allora, che cosa hanno in comune questi casi con quello di Gandhi?

In breve: l’incompatibilità con la politica estera della Norvegia. Allineata agli USA, il paese più violento della storia moderna, ha conferito il premio a tre presidenti e cinque segretari di stato USA. La Norvegia è un alleato molto leale. E non fa parte della politica estera norvegese abolire l’esercito; all’inizio, la Comunità-dell’Unione Europea era anch’essa un tentativo di formazione di una comunità di difesa senza gli USA; Soekarno-Nasser-Tito erano visti come anti-Occidente e così pure Nehru-Zhou Enlai; Kekkonen e Palme erano non-allineati e fecero quanto NATO- Norvegia non avrebbero saputo fare; gli avvenimenti di Lipsia venivano dalla Germania sbagliata nel blocco sbagliato; Papa Giovanni Paolo II e Hans Küng costruirono sì ponti ma erano entrambi cattolici; e Zapatero era la negazione dell’Anglo-America. Tutte cattive ragioni per un No.

I criteri per la pace stabiliti da Nobel sono tuttora rilevanti. I candidati sono numerosi. Anche i diritti umani, l’ambiente e lo sviluppo dovrebbero ricevere apprezzamenti, ma non sacrificando dei premi per la Pace secondo lo spirito di Nobel. La discrepanza fra il testamento di Nobel e la sua esecuzione sarà ora soggetto, grazie al libro di Heffermehl, a una indagine da parte della Svezia.
Qualunque cosa risulti dall’inchiesta, la Norvegia non è ovviamente all’altezza del compito, nonostante parecchi riconoscimenti ben meritati, come alle donne del movimento per la pace irlandese, tempo addietro. Troppa ideologia occidentale, troppo poca professionalità e decisamente troppa americofilia cronica. E’ forse tempo di passare il compito alle Nazioni Unite?


Oslo, 13-Ottobre-2008

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis