MANIFESTO DI POTSDAM 2005 – “We have to learn to think in a new way”

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“We have to learn to think in a new way”

 

Cinquant’anni fa, di fronte alla minaccia di una guerra mondiale nucleare, Bertrand Russell e Albert Einstein nel loro manifesto esortarono tutti noi – l’umanità intera – a un nuovo modo di pensare che ponesse definitivamente al bando la guerra come strategia per la risoluzione di conflitti.
Nel frattempo si è fatto evidente che la strategia del potere militare, culminante per ora nella proliferazione di armi di distruzione di massa, è soltanto una tra le molte strategie di potere assai più pervasive e più profondamente radicate. Noi stiamo assistendo all’intensificarsi di una violenza strutturale dalle componenti politiche e soprattutto economiche. Strategie di potere geopolitiche, socioculturali ed economiche, così come l’espansione illimitata di un’economia di mercato globale che obbliga alla massima produttività, minacciano e sopprimono i limiti spaziali e materiali della nostra terra. Sono ormai palesi e innegabili gli effetti distruttivi di un processo di civilizzazione che procede senza freni, senza che ci si fermi a riflettere sulla convivenza dei popoli, sulle relazioni tra la società umana e la natura e, non ultimo, sui singoli individui. Per secoli, lo sfruttamento degli uomini e di intere popolazioni, il saccheggio della natura furono intesi come effetti collaterali o, ancor peggio, come un male necessario. Le speranze e i successi ottenuti nello sviluppo di condizioni per una vita più agiata, e l’appropriamento del mondo che ne è la conseguenza, hanno tenuto nascosti i sacrifici immediati e le striscianti devastazioni che fin dalle prime fasi furono connessi a queste manifestazioni del potere
dell’uomo. Oggi appare evidente che il perseguire in modo univoco questi obiettivi, a vantaggio di europei e nordamericani, gli iniziatori della nuova civilizzazione, e dei loro seguaci nel mondo intero, conduce a una guerra fredda rivolta contro di tutti e tutto ciò che può diventare una risorsa utile ad aumentare questo processo di appropriazione materiale, o viceversa che sembra ostacolare questo processo. Particolarmente minacciosa è la sempre più rapida distruzione delle diversità bio-ecologiche di interi complessi di vita, un fenomeno che avviene in proporzioni mai viste prima nella storia del pianeta. Anche la molteplicità delle forme di vita umane e la varietà delle culture sono però sottoposte a un analogo processo di riduzione, e con esse si assottiglia la gamma delle strategie, dei modi di vita e degli sviluppi possibili nel futuro. I conflitti sulla distribuzione della ricchezza, sulla possibilità di accesso a beni pubblici, sui diritti degli individui e delle comunità minano nelle loro fondamenta la coesione e la capacita di sviluppo del genere umano.
Le crisi multiformi di fronte cui oggi ci troviamo e che rischiamo di non sapere come risolvere, sono l’espressione di una crisi spirituale nel rapporto di noi uomini con il nostro ambiente vitale. Queste crisi sono sintomi di fenomeni più profondi, che finora abbiamo evitato di indagare. Sono da porsi in relazione con una concezione del mondo materialistico-meccanicistica, che ormai domina ovunque, e con la storia che l’ha preceduta.
Ad animarci in questo scritto è la preoccupazione che noi, come esponenti della specie Homo sapiens, si possa finire per ridurre sempre più la molteplicità biologica del nostro pianeta e delle nostre possibilità
creative di sviluppo, con irreversibili effetti sulla sopravvivenza pacifica e sulle possibilità di scambio reciproco; la nostra consapevolezza di dover intraprendere un nuovo cammino, è la circostanza che ci ha portato a formulare questo manifesto.
Dobbiamo ampliare l’orizzonte del nostro pensiero e correggere radicalmente la nostra attuale condotta. In questo, noi pensiamo che il rivoluzionario ampliamento delle conoscenze che si è avuto con la nuova fisica possa costituire un utile punto di partenza per ridimensionare e risolvere simili problemi, poiché queste conoscenze aprono prospettive tali da permettere un nuovo orientamento.
Questo sarà il nostro approccio. Al contempo questo scritto dovrebbe costituire anche una sorta di catalizzatore, in grado di stimolare gli altri a un nuovo modo di pensare.
UN NUOVO ORIENTAMENTO
Le conoscenze della fisica moderna, della “fisica quantistica”, ci offrono una concezione del mondo che va al di là della consueta visione materialistico-meccanicistica. Al posto del mondo che si è presupposto fino a oggi, fatto di una ‘realtà’ meccanicistica, materialmente oggettivabile e temporalmente determinata, l’effettiva realtà (Wirklichkeit) – un mondo che wirkt, che ha effetto – si rivela essere in linea di principio una ‘potenzialità’, una rete di rapporti indivisibile, immateriale, essenzialmente indeterminata sul piano temporale e genuinamente creativa, che stabilisce soltanto alcune possibilità, una differenziata capacità (potenzialità) di giungere a una realizzazione in termini di materia ed energia.
Le connessioni aperte, creative, immateriali e ovunque presenti nella Wirklichkeit permettono di guardare al mondo inanimato e a quello animato, come a diverse – staticamente stabile l’uno, staticamente instabile, ma dinamicamente stabilizzato l’altro – articolazioni di un cosmo ‘pre-vivente’.
Le connessioni immateriali, trasportatrici di informazioni, pre-viventi che dominano nel microcosmo esercitano soltanto in modo indiretto i loro effetti sul mesolivello del mondo che ricade sotto la nostra esperienza. Abitualmente, esse sono ridotte a valori medi e in questa forma ‘diffusa’ conducono al ‘classico’ comportamento, a noi ben noto, della natura inanimata. L’instabilità ha, però un effetto di enorme amplificazione, che impedisce l’individuazione di una media: la natura animata, quale noi siamo soliti incontrare nel mondo della nostra esperienza, deve la sua capacità di variarsi creativamente senza sosta e di integrarsi in modo cooperativo al suo fondamento ‘pre-vivente’ (riconoscibile microfisicamente); le informazioni che di lì provengono emergono nel mesolivello amplificate dall’instabilità e qui si dispiegano creativamente in forme più intense e più ricche. La dimensione ‘previvente’ si organizza così nella complessa molteplicità della nostra ‘superiore’ vitalità bio-ecologica, quale s’incontra nella nostra vita quotidiana. Anche la varietà culturale e ambientale con le sue forme evolutive – e cioè con i processi di trasformazione ed equilibrio – è dunque il frutto di un simile contesto.
Questa nuova prospettiva rende anche possibile credere a una autentica creatività e alla capacità di agire secondo coscienza e in armonia con la collettività. Da questo nuovo punto di vista ci permette anche di scoprire e credere nel carattere autentico – tutt’altro che immaginario – della creatività e della capacità di agire secondo coscienza e in armonia con la collettività. Questa prospettiva contiene il fondamento per ogni nostra aspirazione alla libertà e allo sviluppo dell’individualità, essa ci consente di diversificarci senza per questo perdere i legami che, al fondo, ci uniscono a ogni cosa. Ciò si manifesta nella ben radicata tendenza a integrare con spirito cooperativo le facoltà che abbiamo sviluppato in modo peculiare nell’ambito di un’unità superiore, in modo ‘organico’.
UN NUOVO PENSIERO
“Dobbiamo imparare a pensare in modo nuovo”. Prendere sul serio questo appello significa di fatto intraprendere un percorso di apprendimento nuovo e insolito. Da questo nuovo punto di vista il mondo, la realtà non appaiono più come un sistema teoricamente chiuso. Questo ci conduce a una intrinseca indeterminatezza, che discende da una fondamentale indivisibilità del mondo e si traduce in una sostanziale limitazione di ciò che è ‘conoscibile’. A rigore siamo allora costretti a parlare della realtà soltanto mediante analogie e similitudini. In linea di principio non vi è più risposta a tutte le domande che noi riteniamo di dover porre dal nostro punto di vista limitato, giacché alcune di esse cadranno nel vuoto. Il singolo essere umano, come ogni altra cosa, a rigore non resta mai isolato, diventando piuttosto, nella sua apparente piccolezza, infinitamente e svariatamente coinvolto e significativo in un mondo percorso in ogni dove da interrelazioni. In ogni nostra azione vi sono gli influssi e gli impulsi provenienti da altre persone e dalla nostra geo-biosfera, e ciò avviene non soltanto attraverso i legami dovuti agli scambi materiali-energetici, ma anche direttamente in virtù di questa connettività immateriale, potenziale e comune a ogni cosa. Allo stesso modo, le nostre azioni influiscono a loro volta sull’intera compagine sociale e modificano la potenzialità dell’ambiente vivente, in perenne trasformazione dinamica. La peculiarità del singolo è dunque un elemento portante nel comune processo evolutivo della civiltà.
Con i nostri mondi culturali, con i nostri processi creativi e con i nostri vivaci scambi, noi esseri umani costituiamo, nel mondo animato, una dimensione particolare e profondamente connessa La ‘previtalità’ è tratto essenziale di ogni cosa, anche nel sostrato della materia – abitualmente considerata ‘morta’ – che giace al fondo della realtà, intesa come Wirklichkeit, realtà in potenza. Siamo tenuti ad approdare a un modo radicalmente nuovo di pensare, a comprendere in modo più ampio la nostra Wirklichkeit, in cui guardare a noi stessi come a filamenti nel tessuto della vita, senza per questo sacrificare alcuna delle nostre particolari qualità. Diventa allora possibile rilevare una fondamentale comunione tra uomo e natura, senza ricadere in un convenzionale naturalismo e senza fare appello a cosmologie che potevano essere adatte alla visione del mondo e alle forme di vita di civiltà più vicine alla natura.
La concezione del mondo materialistico-deterministica della fisica tradizionale è diventata, con le sue rigide rappresentazioni e il suo modo di pensare riduzionistico, un’ideologia che, con la sua pretesa legittimazione scientifica, si è affermata in ampi settori del pensiero scientifico e politico-strategico. La progressiva omologazione di ogni idea riguardo ai valori e al benessere, di ogni abitudine di consumo e di ogni strategia economica, condotta in base al modello della società della conoscenza occidentale – e cioè europea e nordamericana – trova tuttora legittimazione in un pensiero che presuppone la possibilità di ‘oggettivare’ la realtà in base a principi scientifici certi. Là dove sorge qualche conflitto, viene constatata una lacuna di sapere strumentale che va colmata. Assai di rado vengono poste in questione le basi di questo orientamento, benché ve ne sia sufficiente motivo.
Le società moderne si trovano impegnate in una guerra fredda contro la molteplicità e il cambiamento, contro la differenza e l’integrazione, contro il libero sviluppo e il tentativo di trovare un equilibrio tra rischi e opportunità: insomma contro tutto ciò che caratterizza lo sviluppo vitale nella natura, e quindi anche contro gli esseri umani, fino a giungere a quel ‘fondo’ pre-vivente che sostiene noi e ogni forma di vita. Vengono così ignorate le molte possibilità del mondo vivente, che – attraverso processi creativi di continua differenziazione e, al contempo o successivamente, di integrazione cooperativa delle diversità (in un gioco a somma positiva, in cui il guadagno è reciproco) – assumono svariate forme di vita organica in cui, in un senso assai ampio e variegato, il tutto è più della somma delle parti.
Il continuo cambiamento è un tratto distintivo dell’evoluzione culturale ed è anche un criterio in grado di predire la capacità di sviluppo futuro di una cultura. Se esso viene a mancare, è facile pronosticare l’irrigidimento di un modello culturale fino al suo collasso. Se la capacità di cambiamento – la capacità di compiere un processo di evoluzione culturale – viene rigidamente vincolata ai sistemi economici dalle strutture interne alla stessa civiltà, e a sistemi economici legati principalmente a requisiti materiali, le possibilità di un ulteriore sviluppo culturale sono racchiuse nei confini del mondo materiale. Non appena questi confini vengono raggiunti si arriva a uno stallo nell’evoluzione della civiltà e quindi si finisce per uscire dalla dinamica evolutiva della vita.
La fisica quantistica – e non solo questa – ci aiuta a emanciparci da un pensiero che procede attraverso strutture rigide, in modo che al posto di esse possano subentrare relazioni flessibili. Diventa allora possibile attenuare e dissolvere dolcemente le costruzioni centralistiche e monostrutturali, espressioni privilegiate della concezione del mondo materialistico-meccanicistica. La distruzione di ogni valore mediante quei meccanismi del mercato in cui la forza del potere formale ha assoluta priorità sulla giustizia e sullo sviluppo, perde definitivamente la sua legittimazione liberale. Il nuovo modo di pensare connette la pienezza delle nostre facoltà percettive e dei nostri moti spirituali, e con esso trovano quindi riconoscimento in ugual modo i motivi consci e inconsci delle azioni e dei pensieri umani. In questo modo si profila un nuovo piano evolutivo, dove una percezione della realtà intesa come Wirklichkeit complessa, non frammentata – una sorta di intuizione (Ahnung) – diventa il fondamento del nostro pensare, del nostro sentire e del nostro agire. In tal modo saremo in grado di trasformare i nostri obiettivi e le nostre strategie in modelli e dinamiche di effetto adeguato. L’apprendimento di questo nuovo modo di pensare richiede con urgenza che vi siano esempi viventi.
Ma non sono soltanto i maestri e le guide spirituali a indicarci la strada. Noi tutti siamo capaci di comprendere, siamo in grado di ricordare l’uno all’altro le potenzialità che sono dentro di noi, che già da tempi preistorici hanno dato buona prova di sé nella vita. In quanto species noi possiamo creare a partire da esse, nel dialogo comune, in una cultura fatta di mutuo apprendimento. I modelli organizzativi e strategici delle strutture viventi e dei biocomplessi, cresciuti interagendo con il dinamico complesso vivente della terra, adeguatisi e ‘testati’ dinamicamente in un processo di miliardi di anni, ci mostrano modi di comportarsi e aperture per organizzare una interazione decentrata, dinamica, multicellulare, e quindi organica della totalità vivente della terra. Impariamo così che noi, come ogni altra cosa, prendiamo parte con insopprimibili legami a questa meravigliosa geo-biosfera terrestre.
NUOVE SFIDE
Dobbiamo abbandonare certi modelli strategici, certi riduzionismi, certe tendenze a considerare soltanto i valori medi, che sono meccanicistici e angusti, e sostituire tutto ciò con la mobilità, l’apertura e l’empatia, sì da rendere accessibili a tutti nuovi spazi di azione e di creazione. Questo ci apre una grande riserva di vitalità genuinamente creativa, integrata nell’ambito di una cooperazione organica. È la creatività, intrinsecamente genuina, a far saltare i vincoli ritenuti indissolubili e a offrire un immenso numero di stili di vita sostenibili e praticabili con successo in un mondo sostanzialmente aperto sul piano temporale. Un essere sempre più vitale, un continuo divenire si pongono al posto di un benessere irrigidito nella ricerca del possesso. L’individuo diventa così sempre più aperto, in virtù della sua intensa partecipazione, della sua collocazione nel mezzo dei legami viventi della terra, al di sopra delle barriere di spazio e tempo. Soltanto questo dinamico scambio tra gli uomini e il loro ambiente vitale è in grado di creare un vero benessere, sfidando e incentivando l’uomo con tutto il suo essere.
È necessario creare con urgenza la possibilità di una cooperazione integrativa tra una pluralità di strategie di scambio economico, tra le comunità umane e l’ambiente naturale, così come tra i diversi modelli distributivi nell’ambito della produzione, della trasformazione a fini di uso e dell’approvvigionamento, in modo da garantire la disponibilità di beni vitali e le condizioni strutturali e istituzionali necessarie agli scambi socio-economici. Lo sviluppo di nuovi modelli decentrati e policentrici di produzione e distribuzione assume una particolare rilevanza, e diventa addirittura una priorità.
L’economia deve essere commisurata alle circostanze, alle strategie, alle tradizioni e ai bisogni locali e regionali, per poter rispondere ai bisogni dell’uomo ed essere sostenibile, e non giungere a uniformarsi e irrigidirsi in modo artificioso, sviluppando un crescente potenziale di pericolo. A tal fine va perseguito il massimo grado possibile di iniziativa decentralizzata, di autonomo potere di approvvigionamento e di distribuzione. Ciò richiede al contempo una rete globale flessibile nella distribuzione di risorse di rilevanza mondiale, dei beni comuni all’intero genere umano. Il raggiungimento di questo obiettivo presuppone che si realizzi una complementarità ottimale e dinamica tra la pluralità delle economie di dimensione locale, regionale e continentale, e la sinergia di queste con le infrastrutture intercontinentali; tutto questo dovrà permettere di distribuire beni e servizi prodotti nell’ambito di una divisione del lavoro allargata al mondo intero. Le condizioni materiali e la limitata disponibilità di fonti e giacimenti nella natura del pianeta, così come i suoi cicli di rigenerazione, stabiliscono in modo sostanziale quelli che sono i beni comuni. Per questo il fondamento ambientale della terra ha un carattere comune, sia sul piano dello spazio che su quello del tempo. Non si può continuare a gestirlo in modo centralizzato e non può essere oggetto di monopolio, né privato né statale, e nemmeno sovrastatale. Ciascuno ha ugualmente parte alla totalità del fondamento vitale comune della terra, e là dove si trova a vivere e ad agire è in un certo senso legato da un obbligo fiduciario rispetto ai beni comuni, a ogni livello, dalla dimensione locale fino a quella intercontinentale. I limiti a questo risiedono soltanto nei vincoli materiali del nostro ambiente terrestre, lo spazio culturale e spirituale può crescere con noi in modo variegato.
UN NUOVO MODO DI AGIRE
È tempo di tradurre il nuovo modo di pensare in un nuovo modo di agire, apprendendo a impiegare a nostro vantaggio le energie di ciò che è differenziato, mobile e mutevole. A questo scopo è necessario il concorso di nuovi sviluppi istituzionali, individuali e sociali. Nelle attuali strategie di interazione economica, ambientale e politico-culturale tra gli uomini dominano ancora strutture di potere centralizzato, da cui dobbiamo e possiamo emanciparci.
È necessaria la creazione di strutture economiche policentriche, in grado di essere complementari l’una all’altra. Le istituzioni economiche orientate in senso monetario e sul mercato devono e possono essere collegate, con reciproco profitto, alle istituzioni e alle iniziative della società civile, di natura sociale, culturale e sussistenziale. Parallelamente si deve sostenere la decentralizzazione e la differenziazione delle istituzioni economiche, politiche e socio-culturali mediante la trasparenza e la semplicità delle gerarchie presenti nei rispettivi organi decisionali. A questo scopo è necessario ed è possibile limitare le strutture monopolistiche di poche aziende a vantaggio di una pluralità di imprese economiche, di tipo mercantile e civile. L’interazione cooperativa tra di esse va quindi garantita, dalla dimensione locale fino a quella intercontinentale, sul piano politico, giuridico e infrastrutturale.
La com-petizione, la concorrenza cooperativa può trovare uno sviluppo in grado di proteggere e promuovere l’uomo – in grado di garantire un globale approvvigionamento di beni che sia equo nei confronti degli uomini e delle loro comunità – soltanto mediante l’innovazione e la produttività creativa, facendo ricorso agli impulsi dinamici che provengono dal concorso dialogico e cooperativo delle civiltà e dei popoli della terra. Il dialogo e lo scambio devono insediarsi in particolare negli spazi istituzionali e geografici di intersezione tra le culture, in ogni ambito della vita, e devono essere soggetti a continui adattamenti dinamici. In tal modo le tensioni e i conflitti potranno essere dinamicamente placati, riequilibrati e traslati nella dialettica tra le parti.
Il potenziale inventivo e creativo che trova espressione nelle peculiarità di ogni cammino individuale accresce la provvista di idee e di possibili sviluppi verso una pluralità di stili di vita, verso una nuova, ulteriore evoluzione dell’esistente; esso costituisce pertanto un valore insostituibile. In questo modo, l’alto potenziale produttivo insito nella creatività dell’agire umano trova realizzazione anche sul piano economico, nell’ambito di un gioco a somma positiva.
Il peso assegnato dall’economia alla massima efficienza nell’allocazione delle risorse – uno dei fondamenti della globalizzazione economica – conduce alla formazione di spazi di vita artificiosamente resi uniformi e monoculturali, e rende gli uomini dipendenti in massimo grado da fattori esterni, che si sottraggono alla loro influenza e che, pur non intrinsecamente fissati, generano effetti sempre più negativi. Se consideriamo, nel loro intensificarsi, i problemi che oggi gravano sull’umanità, vediamo come essi siano per la maggior parte l’esito di estreme concentrazioni di potere e della disuguaglianza economica, esse sono provocate e acuite da una rete finanziaria ostile alla vita, che anziché rafforzare le relazioni tra gli esseri umani per gli esseri umani è diventata fine a se stessa. La separazione tra l’illimitato aumento dei capitali monetari da un lato e la terra con i suoi limiti spaziali e materiali dall’altro fa avanzare ulteriormente questo meccanismo. La quantità del denaro internazionale può e deve essere stabilizzata e deve essere diretta con urgenza verso attività economiche volte ad aumentare la qualità della vita e l’approvvigionamento globale. Le premesse per la nostra sopravvivenza e per la pace tra gli uomini risiedono nel riuscire a osservare gli svariati limiti di tolleranza nella dinamica stabilizzazione della geo-biosfera, nella capacità di resistenza dei fondamenti naturali della vita e dei loro cicli rigenerativi. A ciò deve fare riscontro, sul piano economico, la creazione di cicli di produzione e di materiali chiusi e autonomi, la riduzione dei rischi ambientali e l’assorbimento interno di quei costi ambientali che altrimenti vengono scaricati altrove.
Ciò comporta un orientamento strategico basato sul paradigma della vita.
NOI SIAMO VITA
Se, guidati da un’irrefrenabile sete di potere, continuiamo a far collassare l’ambito della vita che è comune a tutti noi, tanto che la maggioranza degli uomini e buona parte degli animali non vi possono trovare più alcun sostegno, i nostri problemi assumeranno le proporzioni di una catastrofe.
Tuttavia, il terreno su cui far crescere organicamente una nuova sostenibile molteplicità di culture è stato preparato per bene. Un’immagine dell’uomo nuova, e tuttavia familiare, si staglia visibile, quella che discende da un essere umano che ama e prova empatia. Non dobbiamo lasciarci trarre in inganno dagli scontri e dalle storture che pervadono quotidianamente la nostra civiltà. Già soltanto la nostra esistenza sta a dirci che anche noi siamo il fortunato risultato di una evoluzione simile, avanzata passo dopo passo nel corso di miliardi di anni. La nostra fiducia non è priva di fondamento. Dobbiamo continuare a creare un nuovo sapere e agire in modo di far fiorire sempre di più la vita. . Possiamo confidare che questa forza è attiva dentro di noi. Perché quel che lega ogni cosa, quel che possiamo chiamare amore e che sgorga dalla vita, è fin dal principio in noi e in tutte le cose.

 

Con il sostegno del Ministero dell’Educazione e della Ricerca Scientifica della Repubblica Federale Tedesca (Bundesministerium für Bildung und Forschung der Bundesrepublik Deutschland)
A cura della Federazione degli Scienziati tedeschi (Vereinigung Deutscher Wissenschaftler)
Prof. Dr. Hans-Peter Dürr
Dr. j. Daniel Dahm
Prof. Dr. Rudolf Prinz zur Lippe
Berlino, Ottobre 2005
(traduzione dal tedesco di Marco Rispoli)