Viaggio in Ladakh: alla ricerca dello Shangri La perduto

Viaggio in Ladakh: alla ricerca dello Shangri La perduto

Nanni Salio

Arrivi a Delhi e ti trovi immediatamente immerso nelle più stridenti contraddizioni. Da un lato la ?shining? India che tenta di imitare l?Occidente consumista in una frenetica corsa all?high tech, alla motorizzazione, allo shopping. Dall?altra, il contrasto con l? India di sempre, della miseria estrema di donne e bambini, adivasi e dalit, che dormono per strada letteralmente senza nulla e si industriano per trovare un po? di cibo con cui sfamarsi. Si intravedono i segni di una gigantesca lotta di classe tra una minoranza sempre più ricca e cinica e una stragrande maggioranza alla ricerca di un minimo di dignità.
Ma poi, con un breve volo puoi farti catapultare in un altro pianeta: il mitico Ladakh. Si sorvolano le grandi catene himalayane in uno spettacolo di ghiacciai e valli mozzafiato e si arriva sulla valle di Leh, in un ambiente straordinario per il contrasto tra il verde delle oasi nel fondovalle e le desertiche montagne che lo circondano. L?aereo vola radente e ti sembra di toccare le fantastiche rocce scavate dal vento, che appaiono quasi a portata di mano.
Sei ancora in India, ma è un?altra India, in realtà sei in Tibet, nel little Tibet. Ma ti coglie subito una prima impressione dolorosa: così come il Tibet è tuttora invaso militarmente dai cinesi, la cui ingombrante presenza si nota ovunque, anche il Ladakh è invaso militarmente dagli indiani. Il breve tragitto dall?aeroporto al centro di Leh è un unico grande accampamento militare. Già, perché il Ladakh si trova in una posizione strategica e difficile. A Est confina con la Cina che ne ha invaso alcuni territori nella guerra del 1962 e non ti puoi neppure avvicinare troppo alla ?linea di controllo? (LOC, un acronimo a noi noto per ben più nobili e opposte ragioni, ovvero, potenza e ambiguità delle parole criptate, la Lega Obiettori di Coscienza). A Ovest confina con il Pakistan, con il quale è aperto il sanguinosissimo contenzioso per il controllo del Kashmir, che dura sin dagli anni della partizione. Altra ?linea di controllo? inavvicinabile, altri militari dislocati ovunque. Capisci allora che la cosiddetta ?modernizzazione? del Ladakh oltre a contribuire allo snaturamento e al parziale sradicamento della cultura originale nasconde un progetto coloniale di dominazione, sebbene molti, soprattutto i giovani, non lo percepiscano affatto in questi termini.
Girando per Leh, ancora oggi una piacevolissima cittadina, noti con dispiacere molte delle contraddizioni tipiche di uno sviluppo tutt?altro che armonioso, anche se ti senti sempre imbarazzato nel giudicare, tu che provieni da un paese che ha ben poco da insegnare in materia. Non è lo scempio della valle di Kathmandu, un tempo deliziosa cittadina, ma il traffico è cresciuto troppo e i famigerati SUV ti circondano dappertutto e tu stesso forse li utilizzerai, se vuoi spostarti sulle strade impervie che ormai conducono un po? dappertutto, rompendo, nel bene e nel male, il secolare isolamento di villaggi e valli sperdute.
Potrai allora vedere fantastici monasteri abbarbicati su cucuzzoli e crinali a quattromila metri d?altezza e immaginare la dura vita, dietro il perenne sorriso, dei monaci e delle monache che li abitano. E vedrai i giovani novizi e i bambini che come folletti, nei loro abiti monacali color porpora (lo stesso colore dei più sfortunati e intrepidi monaci birmani), corrono e giocano sulle scalinate dei monasteri. E sarai travolto dal fascino che sprigiona dalle statue del Buddha, di Avalokiteshvara, di Padmashambava e di Tara che ogni monastero conserva con orgoglio e passione. Ti tornano improvvisamente alla mente gli insegnamenti del Dalai Lama, di Tich Nhath Hanh, di Raimon Panikkar: impermanenza, interdipendenza, compassionevolezza, consapevolezza e anche compresenza di capitiniana memoria. Vorresti avere più tempo per immergerti in questi paesaggi, in queste atmosfere, per capire a fondo come è nata questa cultura in un ambiente così difficile e grandioso.
Se poi ti avventurerai in uno dei molti trekking, che ormai costituiscono anche una considerevole fonte di ricchezza portata da un turismo in parte responsabile e sostenibile (ma quanto lo sia realmente è assai discutibile) potrai scoprire oltre alla natura selvaggia dei passi di oltre cinquemila metri anche villaggi sperduti dove vedrai il Ladakh che sognavi, quello descritto da Helena Norberg-Hodge nel suo bel libro Futuro arcaico. Lezioni dal Ladakh (Arianna Editrice, Casalecchio, Bologna, 2000). E capirai l?entusiasmo dei primi viaggiatori di fronte a una società che ancora oggi, nonostante i profondi cambiamenti in corso, è descritta come un esempio di società nonviolenta. Condividerai lo stupore di Giotto Danielli di fronte al monastero di Lamayuru, nel lontano 18 maggio 1930: ?Dinanzi a noi, intanto, va facendosi sempre più chiara una visione fantasticamente scenografica. Tutto ciò che si vede è od appare inimmaginabile, appare il frutto di una fantasia geniale, che concepisca e veda soltanto arditamente bello e grandioso. Spesso, si direbbe – a socchiudere gli occhi e ad astrarsi lievemente- di essere dinnanzi a vecchie leggende popolari e imprese ed avventure di cavalieri dalle facoltà sovrannaturali. Apriamo più decisamente gli occhi, e dobbiamo bene convincerci che siamo di fronte alla realtà reale. Ed allora non abbiamo altra parola a dimostrare la nostra ammirazione: sì, tutto fantastico, veramente?. (Citato da Marco Vasta, Ladakh, La bottega del caffé letterario, Roma 2006, p. 206.) E capirai anche perché un altro viaggiatore si spinse sino ad affermare: ?Mi meraviglio che il signor Gandhi non sia mai andato in Ladakh; vi avrebbe trovato realizzati quasi tutti i desideri del suo cuore.? (Major M.L.A Gompertz, Magic Ladakh, 1928, citato nel libro di Helena Norberg-Hodge, p. 149).
Avverti allora, con apprensione e anche angoscia, le grandi sfide della nostra stramba umanità: come aiutare il ladakhi senza stravolgerne l?armonia di vita, senza farli cadere nei nostri stessi errori. E? ciò che sta tentando di fare, tra molte difficoltà, la Helena Norberg-Hodge, in una lotta impari contro i progetti di grossolana modernizzazione che l?India sta promuovendo nella gara alla crescita a due cifre con la Cina, in una corsa che ci sta portando tutti quanti più vicino all?abisso del collasso globale. Ed è con questa consapevolezza, con questa tristezza, che rientri nel tuo paese, cercando di non dimenticare, sognando ancora di ritornare e sperando di riuscire a trovare il bandolo della matassa.