Shock Economy
Naomi Klein, “Shock Economy”, Rizzoli, Milano 2007, p. 621
Il nuovo saggio di Naomi Klein sui disastri prodotti dagli eccessi di un capitalismo senza scrupoli parte da New Orleans, nel 2005, quando la capitale della Louisiana fu travolta da uragani e inondazioni. Mentre nelle zone povere si contavano i morti di quell’immane tragedia, i rappresentanti delle maggiori ditte di costruzione della città parlavano di “nuovi inizi” e di “grandi opportunità”, di fronte a quella “tabula rasa” fatta di case e palazzi crollati. Tra coloro che videro opportunità nelle acque che sommersero New Orleans ci fu Milton Friedman, grande guru del neoliberismo e del capitalismo sfrenato, che lanciò subito l’idea di riformare il sistema scolastico per convertire le preesistenti scuole pubbliche distrutte in “scuole charter” gestite da privati, molte delle quali a scopo di lucro. Nel giro di diciannove mesi, quando la maggior parte dei cittadini poveri (per lo più afroamericani) era ancora in esilio, il sistema delle scuole pubbliche di New Orleans era stato quasi completamente rimpiazzato. Naomi Klein definisce “capitalismo dei disastri” questi raid orchestrati contro la sfera pubblica in seguito a eventi catastrofici, un modello legato a una visione dei disastri come splendide opportunità di mercato. L’economista Friedman, scrive la giornalista canadese, imparò a sfruttare uno shock o una crisi su larga scala verso la metà degli anni ’70, quando fece da consigliere al dittatore cileno Augusto Pinochet. Dopo il golpe, di fronte a un’iperinflazione galoppante, gli consigliò di imporre una trasformazione fulminea dell’economia: tagli fiscali, libero scambio, privatizzazione dei servizi, tagli alla spesa sociale e deregulation. Quell’estrema trasformazione in senso capitalistico di un Paese divenne famosa come la “Rivoluzione della scuola di Chicago” e Chicago boys furono chiamati i suoi profeti, dal nome dell’Università dove insegnava Friedman e degli altri economisti giunti in Cile a proporre le tesi ultra-liberiste. Quella tattica dolorosa, chiamata “trattamento shock” economico, fu il metodo favorito dai governi negli anni a seguire – secondo la Klein – per realizzare politiche radicali di libero mercato. Naomi Klein, che è stata anche corrispondente da Baghdad, per scrivere questo saggio ha studiato quattro anni il fenomeno della dipendenza del libero mercato dallo shock and awe (shock e sgomento) soffermandosi in particolare su due eventi cruciali degli ultimi anni: la guerra e l’occupazione dell’Iraq e lo tsunami del 2004 che colpì il Sud-est asiatico. In due scenari così lontani ma accomunati dalle dimensioni epocali della tragedia, ha assistito a due versioni della stessa manovra: investitori stranieri e prestatori internazionali uniti allo scopo di sfruttare la ricostruzione di un Paese distrutto dai bombardamenti, o di trasformare gli ex villaggi dei pescatori in grandi poli turistici. Per loro, “la paura e il disordine offrivano promesse concrete”. E così il libro passa in rassegna una serie di eventi degli ultimi 40 anni nei quali ha preso corpo la dottrina dei Chicago boys: l’Argentina dopo i colonnelli, la Gran Bretagna e la guerra per le Falkland, l’assedio all’economia della Bolivia nell’85, le privatizzazioni dell’industria polacca nel ’92, la libertà vigilata nel Sudafrica post apartheid, la “dittatura degli uomini d’affari” e la nuova era del “mercato barbaro” nella Russia post-sovietica, fino alla bolla della sicurezza interna dopo l’11 settembre negli Stati Uniti. Con questi numerosi esempi, sei anni dopo il grande successo di No logo, divenuto la “Bibbia del movimento no global”, Naomi Klein lancia una nuova sfida alla pretesa più cara alla storia ufficiale: che il trionfo del capitalismo senza regole sia nato dalla libertà, che il liberismo sfrenato vada a braccetto con la democrazia.