Trasformazione: l’impatto del flagello COVID 19 sugli atteggiamenti politici occidentali

Richard E. Rubenstein

Una rivoluzione silenziosa negli atteggiamenti politici è in atto negli Stati Uniti e in altre nazioni occidentali, in risposta alla pandemia causata dal coronavirus e alla diffusione globale della malattia COVID 19 nell’inverno e all’inizio della primavera del 2020. Sorprendentemente, questa trasformazione sembra essere passata quasi inosservata, anche se comporta un netto capovolgimento di impegni e legami politici consolidati. Per farla breve, le forze della sinistra si sono innamorate dell’Autorità collettiva, mentre le legioni della destra hanno abbracciato la Libertà individuale.

Questo sviluppo è forse più marcato negli Stati Uniti che in Europa, ma riflette una sorprendente inversione di tendenza ideologica. Dagli anni Sessanta in poi, il motto della sinistra e dei progressisti era “Contesta l’Autorità!” mentre quello della maggior parte dei conservatori era “Difendi la Tradizione!” Ciò che la destra intendeva per valori familiari, libertà religiosa e patriottismo era l’obbligo di seguire gli ordini emessi dai leader patriarcali delle comunità tradizionali, come la famiglia, la chiesa e la patria. Ciò che la sinistra intendeva per potere al popolo e libertà di scelta era l’obbligo per gli individui emarginati (lavoratori, giovani, donne, minoranze razziali, persone LGBTQ) di sfidare l’autorità tradizionale in nome dei diritti individuali. Ciò di cui siamo ora testimoni è un’inversione di queste polarità.

Consideriamo alcune delle controversie generate dal flagello del coronavirus e dalle sue conseguenze. I progressisti dicono che dobbiamo indossare le mascherine per dimostrare e mettere in pratica la responsabilità reciproca (il collettivo). Dobbiamo rafforzare l’autorità pubblica per affrontare in modo coordinato a livello nazionale, se non internazionale, una minaccia collettiva, come hanno fatto la Cina e altre nazioni asiatiche. Dobbiamo inculcare nella nostra gente un’etica di disciplina, abnegazione e rispetto per l’autorità scientifica e tecnica. Perché la sfida principale che ora dobbiamo affrontare è una sfida alla nostra sicurezza e il ruolo principale del governo deve essere garantire il nostro diritto collettivo alla sopravvivenza.

Sciocchezze, rispondono il presidente Trump e i suoi sostenitori di destra. Può essere consigliabile indossare la mascherina, ma è una questione di scelta individuale, non di obbligo. Un governo forte è sempre un cattivo governo; l’esempio cinese mostra il male, non la virtù, del collettivismo. Le comunità scientifiche e tecniche sono gruppi di interesse che si autoalimentano, non fonti oggettive di informazione o guida. E, sebbene la salute pubblica sia di grande importanza, il nostro scopo principale è prosperare individualmente creando un’economia fiorente. Pertanto, dobbiamo “riaprire” immediatamente le nostre aziende, scuole e altre istituzioni, senza esagerare la minaccia alla sicurezza rappresentata dal coronavirus.

Naturalmente, la trasformazione evidenziata da questi atteggiamenti e posizioni non è totale.

Negli Stati Uniti, un certo collettivismo di sinistra è un’eredità del New Deal, mentre un libertarismo di destra associato al movimento del Tea Party è fiorito dalla fine degli anni ’80. Tuttavia, voglio sostenere che un importante cambiamento tettonico è chiaramente in corso.

Per comprendere le origini di questo cambiamento e la sua probabile direzione, può essere utile una breve rassegna della storia recente della pandemia. Mentre la diffusione globale del coronavirus ha scioccato e spaventato praticamente tutti, lo shock è stato particolarmente sconcertante nelle nazioni industriali avanzate, che si erano a lungo considerate immuni da pericoli così “primitivi”. Con il senno di poi, si può vedere che questo flagello non è stato l’unica recente minaccia alla sicurezza umana che sembrasse stranamente arcaica. Piuttosto che sperimentare i conflitti nucleari e le guerre cibernetiche temute da molti esperti, le nazioni ricche e povere sono state colpite da disastri naturali, molti dei quali legati ai cambiamenti climatici, che sembravano quasi biblici per portata ed effetti: terremoti, cicloni, incendi e inondazioni. Sotto importanti aspetti, tuttavia, la pandemia ha avuto un impatto ancora più devastante, poiché è stata seguita da una serie di scosse di assestamento che hanno intensificato ed esteso la crisi.

Per cominciare, combattere il virus ha significato mettere in quarantena le popolazioni e imporre nuovi controlli sul comportamento sociale di un gran numero di persone. Gli effetti immediati di tali misure sono state la sospensione delle normali attività commerciali, generando massicce perdite di capitali e di posti di lavoro, la riduzione dei viaggi interni e internazionali e la chiusura di scuole e luoghi pubblici. I risultati hanno presto cominciato ad assomigliare agli effetti della Grande Depressione degli anni ’30, con lavoratori, contadini poveri e persone di colore che subivano il peso maggiore del danno economico, oltre a subire perdite di vite umane sproporzionate a causa del COVID 19 stesso.

Inoltre, poiché è diventato chiaro che figure e istituzioni autorevoli in un certo numero di nazioni non sono riuscite a proteggere il proprio popolo da queste minacce biologiche ed economiche, i rapporti tra cittadini e autorità sono stati sottoposti a enormi tensioni. Negli Stati Uniti e in alcune altre nazioni, gli shock della vulnerabilità medica, del declino economico e della disuguaglianza esacerbata sono stati aggravati da movimenti di protesta militanti (sebbene in gran parte nonviolenti) che sfidavano quei sistemi che, presumibilmente, non erano riusciti a garantire i diritti e gli interessi fondamentali delle persone. Le proteste e le manifestazioni organizzate da gruppi di sinistra hanno evidenziato il ruolo delle istituzioni e dei comportamenti politici ed economici nel perpetuare il razzismo, il sessismo e altre forme di disuguaglianza strutturale e culturale; quelle provenienti dalla destra, invece, hanno enfatizzato le minacce alla libertà individuale poste dalle autorità burocratiche e dagli esperti scientifici.

Per i ricercatori nel campo degli studi sulla pace e sui conflitti, gli shock successivi della pandemia e dei conflitti che ne derivano costituiscono una sfida importante. Sebbene non sia chiaro se la crisi stia generando nuove lotte sociali, sembra innegabile che essa abbia infiammato i conflitti esistenti tra raggruppamenti socio-economici, politici e culturali antagonisti. Che cosa si può dire allora del probabile corso di queste lotte? Si espanderanno e si intensificheranno? Si presenteranno nuove opportunità per la risoluzione pacifica dei conflitti? I nostri tentativi di proiettare le tendenze esistenti nel futuro a breve e medio termine sono complicati da due ulteriori caratteristiche di questa insolita crisi: l’aumento dell’incertezza radicale e la delegittimazione dei sistemi di governance consolidati.

Incertezza radicale

Di solito, le nazioni industrializzate avanzate dipendono pesantemente – si potrebbe anche dire compulsivamente – da una pianificazione a breve termine, che presuppone la prevedibilità degli eventi quotidiani. (La frase standard, “business as usual” riflette questa ipotesi). Ma la pandemia e le sue scosse di assestamento hanno minato la prevedibilità, rendendo praticamente impossibile dire quando il virus sarà tenuto sotto controllo, che evoluzione si prevede in attesa dello sviluppo di un vaccino efficace o quando l’attività economica e sociale potrà riprendere in sicurezza nelle nazioni colpite. Al contrario, mentre la crisi continua senza una fine in vista, l’incertezza aumenta e diventa più generale.

In queste circostanze, le aspettative della gente che le relazioni sociali e politiche torneranno a un qualche status quo ante “normale” tendono a erodersi. La maggior parte degli analisti presume che il coronavirus alla fine scomparirà come un grave problema di salute pubblica, ma molti credono che la società post-corona cambierà in aspetti fondamentali. Ad esempio, a causa dei cambiamenti climatici in corso, gravi minacce ambientali continueranno a causare distruzione e ad allarmare il pubblico, creando richieste di azioni protettive e preventive da parte dei governi, non dissimili da quelle fatte in risposta alla crisi del COVID 19. Nel frattempo, l’incapacità delle organizzazioni private e pubbliche di elaborare piani affidabili a breve termine creerà scompiglio nell’economia, così come nel senso di stabilità personale di molte persone.

Delegittimazione dei sistemi di governance

Il fallimento dei leader e delle istituzioni consolidate nell’affrontare efficacemente la pandemia e le sue conseguenze costituisce un altro shock, soprattutto nelle nazioni economicamente avanzate, che si sono a lungo considerate modelli di amministrazione pubblica efficace e di cittadinanza responsabile. Mentre gli Stati Uniti sono diventati l’epicentro globale della pandemia, con più di un quarto di tutti i casi di coronavirus e di morti per COVID 19, i residenti degli Stati Uniti si sono trovati a osservare, con invidia e incomprensione, i sistemi di governance in nazioni come Cina, Vietnam e Corea del Sud.

Usando una combinazione di autorità statale dall’alto e di collettivismo popolare dal basso, questi regimi hanno apparentemente portato il virus sotto controllo, così come alcuni stati europei, che potevano contare su amministrazioni relativamente efficienti e popolazioni disciplinate. Ma, dagli Stati Uniti al Brasile, dall’India alle Filippine, in ogni stato, che non è riuscito ad affrontare adeguatamente la pandemia e le sue conseguenze economiche, i rapporti tra le élite al potere e i gruppi di cittadini si sono seriamente deteriorati, così come i rapporti tra gli esperti scientifici e tecnici e le masse di persone che ora non sanno a che cosa o a chi credere.

I sistemi politici e sociali pre-pandemici sono stati chiaramente influenzati dalla crisi, anche se non è ancora chiaro quanto saranno profondi e duraturi questi cambiamenti. Di particolare importanza per gli analisti dei conflitti sono le implicazioni dei cambiamenti che alterano o aggirano le istituzioni esistenti intese a gestire i conflitti sociali, poiché questo tipo di rottura può aprire le porte sia a lotte crescenti sia a nuove iniziative di pacificazione.

Ad esempio, l’attuale esplosione di manifestazioni e di altre attività a favore della giustizia razziale negli Stati Uniti potrebbe plausibilmente generare un contraccolpo nazionalista bianco che, sfruttato da leader politici senza scrupoli o disperati, potrebbe far sembrare cosa comune scontri violenti come la rivolta di Charlottesville, Virginia nel 2019. In alternativa, si può immaginare che l’attuale forte ondata di sostegno pubblico alle organizzazioni, che protestano contro la violenza della polizia, generi un nuovo consenso popolare, che potrebbe favorire la costruzione della pace multirazziale su larga scala negli Stati Uniti.

In breve, sostenere che la pandemia del 2020 e le sue scosse di assestamento hanno molto probabilmente infiammato i conflitti sociali e culturali esistenti non esclude affatto la possibilità che, scuotendo i sistemi di governo esistenti, esse abbiano anche creato nuove opportunità per un’efficace risoluzione dei conflitti. Coloro che sono interessati alla pace e alla giustizia sociale avranno il loro bel da fare nel periodo di speranza e pericolo che ora ci troviamo di fronte.


Questo articolo è apparso originariamente su Transcend Media Service (TMS) il 24 agosto 2020.

EDITORIAL, 24 Aug 2020 | #653 | Richard E. Rubenstein – TRANSCEND Media Service

Traduzione di Franco Malpeli per il Centro Studi Sereno Regis


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