Il web come strumento di democrazia | Andrea Sola

Il tema dell’utilizzo degli strumenti telematici senza cadere nella falsa alternativa tra scuola in presenza e scuola ‘in remoto’. Documento preparatorio al quinto appuntamento del webinar del 22 maggio, nell’ambito del ciclo “Il piacere di apprendere“.

Non intendo per questo difendere le indicazioni al riguardo da parte del governo che sembra voler privilegiare soluzioni eccessivamente restrittive e un po’ paranoiche  e che considero miseramente povere sia dal punto di vista progettuale che culturale . Questa paura governativa di aprire le scuole per ragioni di salute fa in realtà parte della attitudine tutta italiana al dirigismo centralistico e alla  incapacità di affrontare le problematiche della scuola in forme condivise dal basso; limite questo che fa parte  del più ampio problema della assenza di qualsiasi respiro progettuale  e innovativo da parte del gruppo dirigente e amministrativo statale.

E’ a causa di essa che c’è questa insistenza un pò ossessiva sull’uso della didattica a distanza come unica proposta concreta. Di qui  le rimostranze, giustificate ma anche pretestuose a mio parere, sulla limitatezza di questa soluzione ed i continui e tutto sommato scontati appelli alla maggiore ricchezza e quindi alla insostituibilità del contatto diretto. Rimostranze che nascondono sia una ipocrisia nel nascondere la sostanziale incapacità di padroneggiare il mezzo da parte di molti docenti, sia di una paura di accettare le conseguenze dirompenti che un suo uso intelligente comporterebbe nel contrastare il suo uso strumentale da parte dei gruppi economici che ne hanno sinora detenuto il monopolio incontrastato.

Io credo invece che questa situazione emergenziale ci offra  la opportunità di affrontare in una diversa luce il problema delle potenzialità offerte dalla comunicazione virtuale e le caratteristiche nuove che essa rappresenta rispetto sia alle forme di trasmissione del sapere tradizionali che alle modalità di relazione che vengono usualmente praticate nella scuola. Non dimentichiamo che per molti ragazzi la scuola viene vissuta come un ambiente stressante in cui è difficile sentirsi a proprio agio, e quindi l’utilizzo di diverse modalità di relazione che si aggiungono a quelle dei rapporti che avvengono nell’attuale ambiente scolastico non  ci autorizza a scartarle a priori come negative.

Affrontare questo aspetto non significa assolutamente sostenere la intercambiabilità tra le due modalità di insegnamento e di relazione, ma cercare di comprendere sia le molteplici potenzialità proprie del mezzo (che potrebbero essere di tutt’altra natura rispetto a quelle imposte dagli attuali gestori della rete) che di sottoporre a critica le modalità con cui la relazione educativa viene ancora praticata.

L’ accesso alle fonti del sapere senza mediazioni che le nuove tecnologie consentono va visto prima di tutto come una grandissima occasione di democratizzazione del sapere: esso permette di rompere il monopolio della conoscenza che prima era riservato ai privilegiati che potevano disporre dell’accesso al sapere grazie alla propria posizione di privilegio sociale (pensiamo per fare un esempio, sul versante critico, a come i ragazzi di Barbiana abbiano potuto fruire della consulenza del fior fiore degli intellettuali del momento solo perché il loro maestro apparteneva lui stesso alla classe privilegiata e poteva quindi invitare chi voleva a fare lezione nella sua scuola). Certamente l’accesso alle fonti acquista un senso solo (ma questo vale in qualsiasi caso, anche quando esso sia trasmesso direttamente) se avviene sulla spinta di un desiderio di apprendere, di una curiosità autentica; senza di essa qualsiasi nozione perde di valore e diventa inutile. Ma questo, se c’è, non è un limite del mezzo, ma della condizione in cui si trova il fruitore. 

Io ho la impressione, ogni volta che sento mettere in guardia da un uso non ragionato delle informazioni acquisite on-line o da un uso eccessivo delle comunicazioni on-line, che dietro non ci sia una reale preoccupazione per il bene dei ragazzi ma si nasconda una malcelata paura di perdere il monopolio del sapere e di mettere in discussione relazioni ancora basate sull’imposizione e la sottomissione. (1) Se davvero fossimo in presenza di una intenzionalità centrata sul vantaggio dei ragazzi allora ci si dovrebbe prima di tutto preoccupare di fornire a tutti i giovani indicazioni veramente utili sull’utilizzo del nuovo mezzo, seguendoli nei loro primi approcci ad esso e non lasciandoli completamente in balìa del mercato che, come dovremmo tenere sempre a mente, si è impossessato precocemente di quel mezzo in maniera assolutamente invasiva e pericolosissima. Ma è questo che ci si è ben guardati dal fare, lasciando che i giovani fossero ‘contagiati’ massicciamente e indiscriminatamente dal mercato al di fuori del tempo scolastico!

Quello che richiede un utilizzo creativo e perciò utile di questo mezzo è che l’ adulto si spogli del ruolo di dispensatore di saperi secondo criteri precostituiti, per assumere un atteggiamento di sostegno fiducioso al loro utilizzo autonomo. E’ infatti provato (come ci dimostrano con esempi illuminati le pratiche di un educatore indiano, Sugata Mitra) che i bambini anche piccoli sono in grado di padroneggiare con estremo profitto il mezzo virtuale anche in autonomia; una resistenza a questo tipo di sviluppo dell’intelligenza credo che vada interpretato come un pregiudizio di natura ideologica ad accettare l’autonomia infantile e quindi una malcelata difesa della propria posizione di potere sull’infanzia. 

Accettare questo principio comporta infatti che l’insegnante si spogli della funzione direttiva per assumerne una diversa, basata sulla fiducia nelle capacità dell’allievo e nella esaltazione del suo ruolo di incoraggiatore nella ricerca del sapere (è forse a questo, più che al bene dei ragazzi,  che si può fa risalire l’accorato appello alla relazione diretta con gli allievi uscito in questi giorni a firma di un gruppo di esimi docenti universitari…)

Questo significherebbe anche sfruttare la possibilità che la comunicazione virtuale offre di stabilire un rapporto emotivamente coinvolgente tra allievo e adulto: essendo il tipo di relazione richiesta dal mezzo basato sul rapporto duale (ogni contatto è sempre anche rivolto al singolo allievo inteso come persona e non più solo come gruppo), si apre la possibilità che si instaurino rapporti mirati tra i singoli allievi e il docente (che è costretto ad entrare  nelle case dei singoli…) e ciò implica che il docente abbia la possibilità di instaurare un rapporto empatico con i singoli allievi, senza prescindere dall’aver presente con chi sta parlando (quella determinata persona che si trova in quel determinato ambiente familiare e sociale) , come invece avviene regolarmente in un contesto di presenza in classe (l’empatia nelle nostre scuole è ancora un termine che gode di pessima fama!). Adottare questa prospettiva implica naturalmente una assunzione di responsabilità ben maggiore da parte degli adulti sul proprio ruolo; ma questo è naturalmente un aspetto tutt’altro che secondario su cui ognuno dovrebbe interrogarsi prima di scagliarsi a cuor leggero contro questi mezzi.

Inoltre se questo tipo di pratiche di comunicazione venisse valorizzato permetterebbe di allargare enormemente il raggio dei contatti che l’allievo può instaurare con l’esterno, uscendo quindi dal solo contesto della propria classe per allargarsi ad alta soggetti che normalmente rimangono del tutto estranei al suo orizzonte. 

La dimensione virtuale infatti non è soltanto quella che consente di consultare delle fonti di conoscenza ma anche di scambiare esperienze con il mondo. 

La dimensione globale in cui ormai siamo immersi non è soltanto quella del contagio, ma è prima di tutto quella della condivisione delle esperienze: essere cittadini del mondo è una dimensione che sta ormai entrando nel patrimonio valoriale dei ventenni ma dovrebbe entrare nel patrimonio esperienziale anche dei più giovani e non c’è ragione che ne vengano esclusi anche i più piccoli.  Sviluppare questa vocazione mondialista sarebbe, come è del tutto evidente, un prezioso  valore civico che andrebbe favorito tutti i modi. Si tratterebbe quindi di sfruttare l’opportunità di dare ai bambini la possibilità di sperimentare concretamente dei contatti nuovi e molto più allargati rispetto a quelli che sono offerti loro dalla vita quotidiana. Sarebbe la strada maestra per sviluppare i concetti di convivenza pacifica, di collaborazione, di condivisione dei problemi globali che assillano la nostra vita. Demonizzare a priori  i mezzi di comunicazione virtuale è dunque una operazione pericolosa che, anche se fatta con le le migliori intenzioni, rischia di ostacolare il suo uso come strumento prezioso di democrazia diffusa e di emancipazione giovanile dallo strapotere adulto che ancora impera nella nostra società. 


1 – domanda dell’insegnante: – come ti trovi con le lezioni online?

risposta dell’allievo: – mi trovo bene ma mi mancano molto i miei amici. 

risposta dell’insegnante: – anche a me mancano le lezioni in classe.


Educare alla libertà, 21 maggio 2020


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