Covid-19: Il concetto di «attività essenziale»

Marinella Correggia

«Dalla vista sospesa che caratterizza questo incubo impareremo che cosa è essenziale, che cosa è superfluo, che cosa è dannoso», diciamo con l’ottimismo della volontà. A proposito di Covid-19: Il concetto di «attività essenziale».

Ma lo sarà – eventualmente – per i popoli. Non per i governi. 

Covid-19: Il concetto di «attività essenziale»Scorriamo l’elenco delle attività che per il Decreto ministeriale del 23 marzo 2020 non chiuderanno in quanto considerate essenziali o strategiche. I relativi addetti continueranno a rischiare di contagiarsi sul lavoro e durante il viaggio da pendolari. L’articolo 1 del decreto («Misure urgenti di contenimento del contagio sull’intero territorio nazionale») al comma a) recita: «Sono sospese tutte le attività produttive e commerciali a eccezione di quelle dell’allegato 1 (vedi oltre)». Al comma e) si aggiunge che «sono comunque consentite le attività che erogano servizi di pubblica utilità, nonché servizi essenziali (…).». Ovvio – e pensiamo a tutte le forme di cura della persona, e ai trasporti o alle forniture di base. Ma qual è il senso dei tabaccai aperti? Non vendono soprattutto tabacco e gratta e vinci? 

E soprattutto, il comma h) così dispone: «Sono consentite le attività dell’industria dell’aerospazio e della difesa (…)». 

Cominciamo da questo. 

Le armi sono salvifiche? Tutta salute?

Varie organizzazioni hanno chiesto «l’immediato blocco in tutte le fabbriche che producono sistemi d’arma, fra cui lo stabilimento di Cameri dove vengono assemblati i cacciabombardieri F-35». E proseguono: «È incomprensibile che sia considerato “strategico” e necessario continuare a far montare un’ala a un cacciabombardiere o un cingolo a un carro armato, con il rischio di far contagiare i lavoratori addetti a queste attività. Riteniamo inaccettabile chiedere ai lavoratori un sacrificio così alto per una produzione che, oggi, non ha nulla di strategico e impellente e costituisce solamente un favore all’industria bellica e al business del commercio di armamenti». Perchéaccanirsi in questa direzione? Con i soldi di un solo F35 (circa 150 milioni di Euro) quanti respiratori si potrebbero acquistare? La riconversione è la strada da percorrere. 

Questa dell’industria bellica è l’esclusione più scandalosa. 

Ma l’allegato 1, contenente l’elenco delle attività consentite, riserva altre sorprese, sul lato delle produzioni non belliche. Al punto 11, vediamo considerata essenziale l’industria delle bevande. Secondo il Codice Ateco – la combinazione alfanumerica che identifica un’attività economica – la succitata industria comprende:

  • «Distillazione e miscelatura degli alcolici» (no comment)
  • «Produzione dei vini da uve» (non interromperla sarebbe giustificato solo se fosse stagione post-vendemmia! Ma non siamo in Nuova Zelanda e così non è);
  • «Produzione di sidro e altri vini a base di frutta» (idem);
  • «Produzione di altre bevande fermentate non distillate» (idem);
  • «Produzione di birra» (è impellente?);
  • «Produzione di malto» (idem).
  • «Industria delle bibite analcoliche, delle acque minerali e di altre acque in bottiglia»: ma non si dice sempre che fanno male, le bevande gassate; e che l’acqua del rubinetto è potabile per legge? Inoltre: non c’è forse un calo dei consumi? A chi vendono?

Continuiamo. Fra le attività ritenute essenziali si registrano varie fabbriche per la produzione di macchinari. Siamo proprio sicuri che non possano star ferme due settimane?

Giusto invece far continuare le attività di riparazione: sono il futuro. 

Un’altra incongruenza: sono permesse le attività di «Commercio all’ingrosso di materie prime agricole e animali vivi» e «Commercio all’ingrosso di bevande e prodotti del tabacco». Ma allora perché, di grazia, in giro per l’Italia molti mercati agricoli sono chiusi, come denunciato dall’Associazione rurale italiana (Ari) che invano ha scritto alla ministra delle Politiche agricole e all’Associazione comuni italiani?

Molta confusione. 

Dunque, chi si sente non essenziale perché escluso dall’attività e condannato agli arresti domiciliari o al più al lavoro virtuale, sappia che tutto è relativo. 

E virtuale è anche un po’ virtuoso. Quantomeno si risparmia di inquinare negli spostamenti.


Fonte: CAMBIAILMONDO, 24/03/2020

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