Coronavirus, gli italiani e le misure per evitare il contagio

Marinella Correggia

Paralizzati come insetti di fronte al pericolo, gli italiani si scoprono infine ligi a ordini inusitati (dopo aver disatteso i precedenti – sempre a causa del panico – con la fuga in massa verso Sud pochi giorni fa).

I cittadini italiani non hanno il senso della comunità di quelli cinesi. Allora c’è da chiedersi come mai un popolo individualista pur di «salvarsi» dal coronavirus è disposto ad accettare provvedimenti governativi che vanno ben oltre l’#iostoacasa e comportano una totale sospensione delle possibilità di movimento e perfino di produzione e consumo (il che, se durasse nel tempo e producesse una riconversione economica, sarebbe positivo e amico del clima…).

Un arcano spiegato dallo psicologo Paolo Legrenzi, intervistato da Sebastiano Barisoni durante la trasmissione Focus Economia su Radio 24.

Coronavirus, perché gli italiani non accettano misure drastiche per evitare molti più morti? Risponde lo psicologo Legrenzi

La premessa è che il coronavirus fa meno morti della stessa influenza stagionale e di molte altre cause evitabili.

Ma solo il virus fa paura. Legrenzi spiega che si tratta dell’effetto di qualcosa di «improvviso, impressionante che quindi provoca panico». Per i migliaia di morti sulle strade, per l’influenza stagionale fa migliaia di morti, per le droghe, per il tabacco e l’alcol che fanno ancora più morti, il rischio è percepito ma messo via, per così dire. Come mai con il coronavirus non sta scattando un meccanismo di adattamento analogo?

Risponde Legrenzi: «Basterebbe che ogni anno arrivasse un coronavirus di duemila morti, risolto nell’estate, e questi si sommerebbero ai 3800 delle strade e al numero maggiore degli altri». Dunque, ad agire è l’effetto sorpresa: «Sorprendente, improvviso, inspiegabile, come le epidemie del 1600 a Venezia» Un virus che è anche interclassista e invece, ha continuato lo psicologo, «quando l’Aids iniziò negli Stati uniti, a Los Angeles – dove la gente continua tuttora a morire di droga e Aids –, mentre i cubani che avevano un po’ di casi importatifecero una politica di totale segregazione e prevenzione, negli Usa non fecero quasi nulla, siccome a differenza del coronavirus che è interclassista, l’Aids colpiva soprattutto certe categorie.»

Un governo che cercasse con misure drastiche di evitare altre cause di morte si troverebbe di fronte un muro di disobbedienza, perderebbe il posto. «Sarebbe molto più economico e facile eliminare 3.800 morti sulle strade facendo guidare a 50 all’ora. Però nessuno avrebbe nel governo l’autorità di imporre questi provvedimenti, perché per le persone quei morti in realtà sono dati per scontati. Invece oggi la gente accetta di avere tutto chiuso, tranne edicole e alimentari e sacrifici economici enormi…Ci sarebbe molto meno sacrificio ad andare a 50 all’ora»… Ma un cittadino non ritiene accettabili le morti per coronavirus mentre non è disposto ad accettare il limite dei 50 km orari perché ritiene che quelle morti siano accettabili (inoltre pensa di controllare la propria guida e di stare attento).

Naturalmente non parliamo nemmeno qui dei morti a casa d’altri – ad esempio quelli causati dalle operazioni militari e dalle varie forme di aggressione come le sanzioni.

Era previsto per questi giorni il week end di iniziative contro le sanzioni, promosso da pacifisti statunitensi. Tutto micronizzato dal virus.


 

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