Distrazioni che non possiamo permettere e permetterci

Marco Labbate

E’ improbabile che oggi, mentre siamo reclinati sui nostri mali, la situazione dei profughi siriani riceva più di una distratta attenzione. E per carità il Coronavirus è una cosa seria: meno seria delle emergenze che attanagliano alla gola altre parti del mondo, meno di quelle che non vogliamo vedere, come il cambiamento climatico, ma comunque sufficientemente seria da non essere minimizzata.

Ma dobbiamo rifiutare che questo sia un alibi per non vedere il dolore altrui. Una nuova massa di profughi si muove dalla regione di Idlib alla Turchia. Sono uomini, donne e bambini che stanno morendo di fame, di guerra e di stenti. Lo stato delinquenziale di Erdogan, che è parte attiva di quell’emergenza, ha riaperto i confini: vuole alleggerire il carico umanitario e al tempo stesso chiedere altri soldi all’Europa ha cessato di versarli. È la condizione di perpetuo ricatto in cui l’Europa si è messa per esternalizzare la gestione dei profughi, lasciando che altri facessero, di nascosto, il lavoro sporco per suo conto. Ora i confini cedono.

Altri uomini, altre donne, altri bambini, gente che da nove anni vede solo guerra, si è rimessa in marcia. In Grecia li hanno accolti i lacrimogeni delle forze antisommossa e le botte dei “fascisti”. A Lesbo estremisti di destra e di locali fanno le ronde, pestano volontari e migranti. Ma a Lesbo c’è anche una situazione esasperata di campi profughi abnormi, mal gestiti, una perpetua emergenza umanitaria che è stata lasciata proliferare: a Moria, un campo allestito per 3000 persone, ne ospita oggi 20000.

Se il flusso continuerà con l’imponenza di questi giorni, nonostante la repressione, la Grecia collasserà. I migranti che si rimetteranno in marcia troveranno altre botte, altri pestaggi, altra rabbia. Azioni squadriste e illegali, come quelle compiute dalle forze dell’ordine croate, continuano ogni giorno. E riceveranno sempre maggior consenso in una popolazione che perde i freni inibitori dati dal “restare umani”.

Non so come ne usciremo, senza annegare del tutto i nostri principi basici di convivenza, di solidarietà, di giustizia. Non so se l’idea che le emergenze di altre parti del mondo sono le nostre potrà mai diventare maggioritaria. Rimane il rammarico che dopo la seconda guerra mondiale, come Europa saremmo potuti essere qualcosa di buono. Avevamo tutto per essere migliori di quello che siamo diventati. E abbiamo fallito.

(Per chi volesse aggiornamenti quotidiani sulla situazione di Lesbo può consultare il profilo di Nawal Soufi. Trovate lì, ma anche sul mio profilo, le coordinate per fornirle un piccolo aiuto in questa situazione di emergenza che sta vivendo a Lesbo).

Nawal Soufi
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