29 febbraio: perché la Mole si colorerà?

Paolo Candelari

Cosa penseranno i torinesi, quando sabato prossimo 29 febbraio vedranno la mole colorata di un giallino tenue? Perché questa illuminazione a festa in questo primo fine-settimana di quaresima, mentre la gente è alle prese con l’emergenza sanitaria?

L’illuminazione è il saluto della Città di Torino alla seconda Marcia mondiale della pace e della nonviolenza, una iniziativa internazionale lanciata da alcuni movimenti pacifisti e nonviolenti che ha lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica e le autorità politiche della necessità di costruire relazioni internazionali basate sulla nonviolenza per preservare una pace nella giustizia e nella solidarietà.  Partita il 2 ottobre scorso (giornata internazionale della nonviolenza) da Madrid, si concluderà sempre a Madrid l’8 marzo prossimo (giornata della donna) dopo aver toccato circa 90 Paesi nei 5 continenti.

La marcia avrebbe dovuto transitare in città tra il 29 febbraio e il 2 marzo; il coordinamento AGITE (vedi sotto) si è fatto promotore di diverse iniziative cui si dovrà rinunciare causa l’emergenza sanitaria: una marcia per le vie cittadine da Moncalieri a Piazza Castello il 29, la proiezione di un documentario a sostegno del bando delle armi atomiche il 29 sera e il 2 sera, la presenza in piazza Castello di un punto informativo. Si farà quel che si potrà…. “ai tempi del coronavirus”: oltre l’illuminazione della Mole, un incontro con i rappresentanti della città, per presentarne le ragioni.

Perché una marcia così? Parlare di pace e nonviolenza in «un mondo che sanguina in dozzine di guerre, per lo più taciute dalla disinformazione; in cui esplodono le crisi ecologiche di insostenibilità annunciate dal Club di Roma mezzo secolo fa; in cui milioni di migranti, rifugiati e sfollati vengono spinti a sfidare le frontiere dell’ingiustizia e della morte; in cui si cerca di giustificare guerre e massacri nella disputa su risorse sempre più scarse; in cui lo scontro di “placche geopolitiche” tra poteri dominanti ed emergenti solleva nuove e pericolose tensioni» (dal Manifesto della marcia), non rischia di essere un sogno patetico da anime belle che vivono fuori dal mondo reale?

Assolutamente no, ciò che è irreale è continuare sulla strada attuale in cui la guerra è tornata ad essere il mezzo preferito per la risoluzione dei conflitti internazionali.

Oggi abbiamo  2 emergenze drammatiche:

  • i cambiamenti climatici, evidenti a chiunque in questo caldo e anomalo inverno;
  • la conflittualità perenne, quella “terza guerra mondiale a pezzi” che si espande e genera vittime innocenti, profughi, distrugge intere società, ed è responsabile di una parte considerevole di quei cambiamenti climatici di cui sopra.  

Si tratta di emergenze che rischiano di essere ben più letali del coronavirus.

Un gruppo tra i migliori scienziati del pianeta dal 1947 misura con un orologio metaforico, il Doomsday Clock, quanto siamo distanti dall’apocalisse nucleare. Nel 2020 siamo a 100 secondi alla mezzanotte, 20 anni fa eravamo a -9 minuti: ci stiamo avvicinando velocemente. Ma siamo ancora in tempo, se ci indirizzeremo verso azioni positive che favoriscano la sostenibilità ambientale e sociale, e riprendiamo la strada maestra del disarmo. Questa marcia vuole essere uno stimolo, innanzitutto a prendere coscienza della situazione, e poi ad agire per cambiare. Noi proponiamo alcune linee guida che sono

  • la messa al bando delle armi nucleari
  • la riforma dell’ONU in senso democratico, dando spazio alla società civile e rendendola veramente l’associazione dei popoli del mondo
  • la ricerca delle condizioni per un pianeta integralmente sostenibile
  • l’integrazione di regioni e aree con sistemi socio-economici diversi
  • il contrasto ad ogni forma di discriminazione e di razzismo
  • promuovere la nonviolenza come nuova cultura e come nuovo stile della politica

Oggi il mondo sembra andare nella direzione opposta, ma è anche vero che ci sono una miriade di persone che si muovono in quella direzione: associazioni, movimenti, interi popoli, anche se i media vedono solo guerre e terroristi. Durante questa marcia si è potuto constatare quanta ricchezza di impegno e di lotte nonviolente (sì proprio nonviolente, anche nei posti più impensabili come Irak, Libano, Sudamerica e tanto altro, informarsi per credere, soprattutto i giornalisti)  ci sono nel mondo: una grande speranza.

Torino ha sentito la crisi più di altre città, ma per uscirne occorre cambiare direzione: vorremmo che la nostra città fosse all’avanguardia nella ricerca della sostenibilità, nel contrasto ai cambiamenti climatici, nello sviluppo di nuove tecnologie che aiutino a risparmiare energia, nello sviluppo del trasporto pubblico; che dopo essere stata la capitale dell’auto diventasse la capitale dell’auto elettrica; invece veniamo a sapere che si sta approntando una grande industria militare sotto il nome altisonante di “aerospace and defence”, che a questo scopo  il comune ha concesso 230 mila mq alla Leonardo, principale industria militare italiana: è la exFinmeccanica, ma tutte le produzioni civili le ha vendute, si è tenuta solo quelle militari, che sviluppa con grande efficienza:  ne sanno qualcosa gli yemeniti, i kurdi, e tante altri vittime della armi made in Italy. Non vogliamo che Torino diventi la capitale delle armi; come piemontesi ci gloriamo di Candiolo, ci vergogniamo di Cameri.

Di queste cose parleremo con la nostra Sindaca lunedì in un incontro che ci ha concesso come segno dell’accoglienza che la Città riserva alla marcia, mentre sosteniamo l’appello al governo affinché l’Italia ratifichi il Trattato ONU che mette al bando le armi nucleari

Occorre realizzare Pace Giustizia Difesa dell’ambiente e per questo occorrono azioni positive: disarmo, sostenibilità, accoglienza.

Su questi temi circa 70 associazioni hanno dato vita, nel 2017 al coordinamento contro le armi Atomiche, tutte le Guerre e I Terrorismi, che ha prontamente aderito alla Marcia;  gli abbiamo dato nome AGiTe. E mentre facciamo nostre le parole che papa Francesco ha pronunciato a Bari:  «la guerra che orienta le risorse all’acquisto di armi e allo sforzo militare, distogliendole dalle funzioni vitali di una società, quali il sostegno alle famiglie, alla sanità e all’istruzione, è contraria alla ragione…essa è un’autentica follia… una pazzia alla quale non ci possiamo rassegnare: mai la guerra potrà essere scambiata per normalità o accettata come via ineluttabile per regolare divergenze e interessi contrapposti», il nostro appello è

AGITE, [agiamo, ndr],

prima che sia troppo tardi, prima che le lancette dell’orologio arrivino alla mezzanotte.


 

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