Studiare la storia per imparare cos’è la solidarietà | Benedetta Pisani

Anti-intellettualismo, analfabetismo morale, anti-femminismo e ottusa xenofobia…  Elementi comunemente utilizzati per individuare, sul piano ideologico, un fenomeno dai contorni sfumati, imprecisi, confusi. Il fascismo, o ur-fascismo, come lo ha definito Umberto Eco.

Minimizzare questo evidente “processo di involuzione fascista” che impudente si insinua nelle nostre coscienze, e ridurlo a un “indistinto qualunquismo”, una forma di analfabetismo e di ignoranza storica, rischia di trascinarci in uno stato di assuefazione, di incapacità di re-agire.

Per riscontrarne la non trascurabile impronta in fenomeni recenti, come il terrorismo dello Stato islamico, e impedirne la diffusione incontrollabile nelle società odierne, quindi, occorre prendere coscienza della natura trans-storica dei fascismi.

La stella di Davide e la scritta nazista “JUDE” tracciate con violenza sulla porta di casa di Marcello Segre è solo uno degli episodi di antisemitismo che ultimamente stanno macchiando l’anima solidale e accogliente della città di Torino.

“Io non ho paura. Vado avanti come ho sempre fatto. Di fronte a queste cose bisogna avere il coraggio di denunciare”, commenta Segre, che ha immediatamente allertato la Digos di Torino, fermamente convinto che parlare sia l’unico strumento realmente efficace di cui disponiamo per cambiare il corso degli avvenimenti. Solo parlando ai giovani, questi possono attivarsi concretamente e consapevolmente per “costruire un futuro senza odio”.

Studiare la storia per non dimenticare. Per non ripetere le orribili brutalità che macchiano indelebilmente il passato. Ma anche per conoscere le realtà più belle e rincuoranti che lo colorano, questo passato.

Nel suo romanzo “Il silenzio dei giusti”, Piero Antonio Toma racconta la sorprendente avventura a lieto fine di un gruppo di giovani ebrei napoletani che, nel pieno della Seconda guerra mondiale, furono forzatamente allontanati dalle loro famiglie e costretti ai lavori di manovalanza agricola nel comune di Tora e Piccilli, un paesino del casertano.

Braccianti ebrei nei campi di Tora e Piccilli Illustrazione di Margherita Caretta

Un episodio di solidarietà collettiva e impegno etico e sociale da parte di una comunità che decide di schierarsi a favore degli ebrei, offrendo loro ospitalità quando le truppe tedesche arrivarono in Italia per operare il crudele rastrellamento della popolazione.

Massimo Amariglio deportato nei campi di lavoro nel comune di Tora e Piccilli – Illustrazione di Margherita Caretta

Tutti tacquero sulla identità semita dei braccianti. La solidarietà si fece silenzio, giusto e complice.

Per molti mesi l’intera popolazione del comune di Tora e Piccilli accolse gli ebrei con affetto e amicizia tangibile e sarebbe bello poter raccogliere i molti racconti e le numerose testimonianze che lo provano. Questo comportamento coraggioso e solidale, che salvò la vita a tutti gli ebrei lì residenti, continuò anche nel corso dell’occupazione militare del paese da parte delle truppe tedesche in ritirata, alle quali, nessuno, senza distinzione di ceto sociale o di appartenenza politica, rivelò la nostra identità”- scrive in una lettera indirizzata al presidente della Repubblica Ciampi, Vittorio Callighi, sopravvissuto all’orrore nazi-fascista grazie all’aiuto della comunità di Tora e Piccilli.

Dopo aver comunicato al presidente che  l’Ambasciata di Israele a Roma aveva rifiutato la sua richiesta di annoverare il piccolo comune tra i “Giusti”, non essendo tale menzione prevista per una “moltitudine di persone”, Callighi continua: “[…] sono certo che Ella comprenderà, egregio Presidente, perché io ora Le scrivo: credo che questo piccolo Comune di una provincia del Mezzogiorno meriti un altro riconoscimento di coraggio, umanità e grande altruismo”.

La risposta del Quirinale arrivò in data 18 dicembre 2003 e al paese di Tora e Piccilli è stata conferita la medaglia al merito civile.

Abbiamo il dovere e il diritto di credere in un’umanità che sappia amare, anche quando tutto il mondo odia. E quello di Tora e Piccilli è un episodio di solidarietà collettiva che lascia ben sperare.


Fonti fotografiche:

Lettera di precettazione del Consiglio provinciale delle Corporazioni di Napoli (19 settembre 1942)
Massimo Amariglio e altri ebrei precettati ai lavori di manovalanza nel comune di Tora e Piccilli
2 commenti
  1. angela dogliotti
    angela dogliotti dice:

    Grazie , Benedetta, per aver raccolto quest'altra "perla" della storia di pace che cerchiamo di rendere visibile. Perchè è vero che si impara dalla storia e dunque se cose come queste sono avvenute nel passato, sono possibili e ci indicano una direzione anche per l'oggi.

    Rispondi

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.