Ritorno al bipolarismo o ritorno alla fatalità del giogo della finanza? Lavorare!

Antonino Drago

            Il commento più diffuso del dopo elezioni in Emilia e in Calabria è quello che riguarda il dato più impressionante, il crollo del M5S da percentuali a due cifre (anche di maggioranza su tutti gli altri), a percentuali a una cifra. Viene suggerita una facile lezione: siamo tornati al bipolarismo, al quale i più vecchi erano abituati sin dall’infanzia, e che nella storia politica tradizionale del parlamentarismo è la conflittualità destra-sinistra; per cui tutti i Parlamenti sono fatti a forma di emiciclo in modo da rappresentare l’arco parlamentare: liberismo-socialismo, libertà (ai più bravi) o giustizia (per tutti).

            Allora nulla di nuovo sotto il sole? Allora c’è forse da concludere che il M5S ora, i Verdi in un non lontano passato, erano solo delle chimere, dei movimenti politici casuali? Finalmente torniamo a capirci qualcosa in questa politica che dopo il 1989 (crollo dell’URSS e del socialismo come alternativa radicale) si era complicata non poco? Il lettore frettoloso accetta subito questa lezione allettante: semplificare la sua attenzione politica al solito gioco destra-sinistra.

            Ma non dovremmo farlo noi non violenti. Primo, perché oggi i dominatori del mondo non sono, come nell’800; i pochi capitalisti che guadagnano sullo sfruttamento dei lavoratori in fabbrica, ma è la impersonale finanza mondiale, operante con una strumentazione tecnologica mondiale che opera a frazioni di millesimo di secondo milioni di operazioni finanziare per scommettere sempre di più sulle merci, sul danaro e sui debiti (mutui); e così ricavarne guadagni a vagonate da mettere nei “paradisi fiscali”. Don MIlani direbbe che oltre l’inflazione i ricchi hanno inventato un altro meccanismo economico per fregare i poveri: la finanza basata sulla tecnologia. Che è così avanzata e complicata che nessuna Chiesa, tribunale o carabinieri riesce a disturbare. Essa ha creato un superregno mondiale dei ricconi che, grazie ai “banksters” (bankers-gangsters), detta legge ai governi sotto la dizione eufemistica dei famosi “investitori”, che debbono essere invogliati a investire sulla nostra povertà dei salari. Il tutto funziona impunemente da ogni legge parlamentare nazionale o internazionale. Dopo la bomba nucleare l’umanità si trova di fronte ad un altro mostro del progresso

            Purtroppo questo panorama viene alla luce faticosamente. Oggi le banche danno un interesse annuo sui depositi che è molto meno di quanto si mangia l’inflazione; perciò chi non vuole essere fregato, “deve” investire i suoi soldi e così impegnare parte della sua vita per guadagnare il più possibile nel “gioco” della Borsa. Nei decenni passati “la sinistra della classe operaia che è andata in paradiso” ha deciso anche essa di investire nella finanza mondiale: sia le grandi amministrazioni pubbliche (vedi il loro lanciarsi in spese per festival, squadre sportive, sostegni al partito), sia i singoli lavoratori che hanno avuto una buonuscita (i cosiddetti “piccoli risparmiatori” che reclamano quando poi una banca fallisce e che il governo si sente in dovere di rimborsare in gran parte).

            Quindi oggi scontiamo una sconfitta politica: tutte le maggiori forze politiche non sono interessate a cambiare il sistema finanziario. Che infatti non cambia né a livello nazionale, né europeo, né internazionale. Pertanto, anche dopo la crisi economica internazionale del 2008 (causata dalle operazioni azzardate delle maggiori banche, “troppo grosse per fallire”; casomai sono gli Stati a svenarsi per sanare con i soldi delle tasse i loro giochi d’azzardo), la finanza mondiale è tornata a furoreggiare a suon di decine di volte del PIL mondiale, incurante della possibilità di nuove crisi mondiali; e i ricchi all’apice di questo sistema sono diventati sempre più numerosi, lasciando agli altri sempre di meno. Tutto questo non ha soluzioni politiche né legislative; ma solo morali, giusto quello che sta alla base della politica non violenta.

            Che pensare allora del bipolarismo che è tornato? Che questo o quello per me (quasi) pari sono; perché ambedue dipendono strettamente dalla finanza mondiale, legati mani e piedi; il loro compito è solo quello di farci stare buoni con i consumi, con le leggi nazionali, con le tasse, con la disoccupazione nel mercato del lavoro, ecc. in modo che “loro” possano continuare il loro paradiso in terra e che noi non violenti non proponiamo alternative. Cioè, siamo ancora sotto un giogo mondiale, non solo politico, ma anche morale, senza che sia stata preparata una via d’uscita. 

            Secondo motivo per non accettare il ritorno al bipolarismo destra-sinistra: perché noi non violenti siamo oltre la destra e la sinistra; i non violenti hanno rifiutato questa contrapposizione riduttiva dai tempi di Capitini (che voleva la terza via del liberalsocialismo): noi siamo anche per un progresso alternativo: la DPN, uno Stato ridotto al minimo, i tribunali della riconciliazione, il primato dell’agricoltura sull’industria, il lavoro manuale, ecc.). In definitiva, noi siamo per un nuovo modello di sviluppo; e, sull’immediato, per sradicare la speculazione finanziaria in nome della etica della umanità.

            Ma manca un partito o organizzazione dei non violenti. In questo vuoto il M5S è stato l’unico partito politico che aveva progettato una rivolta etica, a cominciare da cose magari meno importanti, ma che indicavano la direzione da prendere: farsi pagare di meno dallo Stato, riduzione delle spese parlamentari, ricambio nelle cariche politiche, spese elettorali ridotte al minimo, ecc. Ma oggi dobbiamo constatare che nella politica non basta questa morale poco più che personale, tanto più se, come ha fatto il M5S in questi anni di governo, si naviga a vista; il male è strutturale, perciò richiede risposte strutturali di pari livello e una programmazione a lungo termine. Il M5S, dopo anni anche di governo, non è stato capace di fornire prima di tutto idee al livello adeguato, poi una pratica di gruppo, che in Italia è sempre un po’ caotica. Cosìcché, come dopo “Mani Pulite”, la melma morale si è richiusa sullo spunto che era sorto.

            Terzo motivo, perché anche noi avremmo fatto la fine del M5S. Già non siamo riusciti a influenzare il Partito dei Verdi affinché cominciasse, come partito, una politica alternativa sui temi non violenti (neanche sull’obiezione di coscienza quel partito si è impegnato come Partito). Vi immaginate se, dopo il 1998, avuta la legge sulla prima (nel mondo) modifica della difesa statale in senso non violento, avessimo avuto il potere di gestire politicamente questa impresa di eccezionale trasformazione sociale, per la quale avremmo dovuto contrastare i militari e tutte le forze politiche che non la vogliono? Ne saremmo all’altezza? Qui capiamo perché le grandi vittorie delle rivoluzioni non violente del 1989 non hanno prodotto risultati nel dopo rivoluzione: lo Stato occidentale è una cosa estremamente seria; cambiarlo in senso non violento è una impresa che richiede grande lucidità di idee e una forza politica collettiva erculea.

            Allora, quale vera lezione trarre da questa sconfitta del M5S? Che ci dovremmo impegnare ad un atteggiamento più alto rispetto alle piccole iniziative di questi ultimi tempi, nei quali molti di noi hanno sperato che: o la sinistra ci avrebbe trattato bene, come giovani promesse; o i Verdi, per loro buona volontà, ci avrebbero tolto le castagne dal fuoco; o che sorgesse fuori dei non violenti un leader che per sua illuminazione facesse una politica non violenta (come fu con Pannella negli anni ’60, e nel 1983 con la Caritas che si fece carico del servizio civile e dell’obiettivo della DPN). Negli ultimi anni nessuna di queste speranze si è avverata; o, se si è avverato in parte, non ha prodotto veri passi in avanti.

            Allora, prima di ripresentarsi sulla scena pubblica: lavorare, lavorare! Incominciare a lavorare nelle nostre associazioni: se ci associamo è affinché ci sia una elaborazione collettiva adeguata alla situazione. Occorre lavorare affinché ci ritroviamo almeno con una mezza idea e un mezzo movimento collettivo quando, secondo la previsione di Galtung del 2002, entro quest’anno 2020, quindi a breve termine, la super-potenza USA cadrà e ci sarà un grande sommovimento. Saremo bravi politicamente se sapremo cogliere l’occasione per proporre finalmente le nostre novità politiche in maniera adeguata alla gravità della situazione politica che si verrà a creare; cioè se sapremo indicare il nostro obiettivo di un modello di sviluppo alternativo in concreto, attraverso proposte politiche credibili e praticabili, a cominciare dal problema della difesa nazionale e poi il problema che è stato la pietra d’inciampo di tutte le rivoluzioni non violente vittoriose degli ultimi decenni: la rifondazione dello Stato occidentale, nato al tempo della borghesia.

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  1. […] Avevo già fatto eco a questi maestri nel 2002 su Satyagraha ( “I maestri della non violenza e il crollo delle due superpotenze”, 1, n. 2, pp. 21-29). E il mese scorso l’avevo ricordato in un articolo che commentava le recenti elezioni in Emilia e Calabria (http://serenoregis.org/2020/02/06/ritorno-al-bipolarismo-o-ritorno-alla-fatalita-del-giogo-della-fin…). […]

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