Cinema | Il ritratto negato, di Andrzej Wajda | Recensione di Enrico Peyretti

IL RITRATTO NEGATO. Regia di Andrzej Wajda. Un film con Boguslaw LindaAleksandra JustaBronislawa ZamachowskaZofia WichlaczKrzysztof Pieczynski. Titolo originale: Powidoki. Titolo internazionale: Afterimage. Genere Biografico – Polonia2016durata 98 minuti. Uscita cinema giovedì 11 luglio 2019 distribuito da Movies Inspired. Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13

“Un’immagine residua” [powidoki] è il titolo originale di questo film postumo di Wajda, morto a 90 anni, proprio nel 2016.

Siamo in Polonia, 1948, mentre prende piede un comunismo a cui Wajda non perdona nulla. L’antitesi di quella passività ideologica miserabile di tutti i funzionari è l’animo dell’artista, il grande pittore Wladyslaw Strzeminski.

La sua teoria dell’arte afferma, contro il realismo dogmatico ufficiale, che  «l’immagine deve essere soprattutto quello che si assorbe». L’artista rappresenta la «immagine residua» di un oggetto nel nostro occhio. «Noi vediamo solo quello di cui siamo veramente consapevoli». Tutto il contrario di ciò che il sistema imposto “ti fa vedere”, occupando lo spazio della tua consapevolezza. Questo è intollerabile. La Sala neoplastica del Museo d’Arte di ?ód?,  fondato proprio da Strzeminski, viene smontata, le sue opere distrutte (anche un  bassorilievo contro il colonialismo), lui viene espulso dall’Associazione degli Artisti, non può comprare oli e tempere, non trova lavoro e non riceve i buoni pasto neppure come invalido di guerra (gli manca una gamba e un braccio, fattore decisivo nel suo lavorare e stare con gli altri, reso bene dall’attore protagonista, Bogus?aw Linda).

Solo l’amore degli allievi e della figlia lo sostiene. Quel comunismo (fin troppo compatto) sopprime nell’artista la libertà di ognuno. Si ode alla radio un proclama che raggela, perché interpretazione perfetta di una massiccia volontà popolare, e pieni poteri per realizzarla, sono motivi anche del populismo attuale, e del “putinismo” euro-orientale.

A differenza di quello, il populismo di oggi lascia dire tutto, ma appiattisce il pensiero nell’ideologia del prima noi, tutto a noi, le cose più delle persone. La libertà si può sopprimere, oppure disperderla nelle vanità, e il risultato è uguale. All’inizio del film (la narrazione è lineare e lucida, senza estrosità) una luce rossa del regime oscura il lavoro del pittore, alla fine l’artista già malato porta alla moglie defunta i fiori blu promessi: estremi di un arco di colori nel panorama grigio.

Un recensore ha scritto che questo di Wajda  è più di un film-testamento: è un monito. «In arte o in amore potete dare solo ciò che già avete». Il monito è che nessun sistema ti dà ciò che non trai dal profondo della tua umanità. E così deve poter essere per ognuno, per ogni popolo.

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