Presupposti e azioni per il sostegno al popolo curdo

Angela Dogliotti

Lo Statuto delle Nazioni Unite, nate nel 1945 dopo le decine di milioni di morti delle due guerre mondiali, all’Art.1 così recita:

I fini delle Nazioni Unite sono:

1. Mantenere la pace e la sicurezza internazionale, e a questo fine: prendere efficaci misure collettive per prevenire e rimuovere le minacce alla pace e per reprimere gli atti di aggressione o le altre violazioni della pace, e conseguire con mezzi pacifici, e in conformità ai princìpi della giustizia e del diritto internazionale, la composizione o la soluzione delle controversie o delle situazioni internazionali che potrebbero portare a una violazione della pace […].

Purtroppo queste affermazioni suonano come lettera morta rispetto a quanto sta avvenendo con l’aggressione della Turchia alla Siria del Nord contro il popolo curdo e l’esperienza di amministrazione autonoma in atto nel Rojava.

Ma non possiamo rassegnarci a questa estrema debolezza, inettitudine e immobilismo di un organismo come l’ONU, che è comunque l’unico tentativo istituzionale di garantire il rispetto della pace nelle relazioni internazionali attraverso strumenti alternativi alla guerra.

Dobbiamo lavorare perché queste risoluzioni diventino effettive, perché ciò che non funziona sia cambiato, affinché, sotto la spinta della mobilitazione dal basso, situazioni come questa dell’aggressione turca ai Curdi non possano più essere tollerate e siano da tutti avvertite come uno scandalo politico ed etico. Non si può nemmeno accettare che, come sta avvenendo, la soluzione sia lasciata ai soli rapporti di forza tra le grandi potenze in gioco in quell’area e al riposizionamento delle alleanze e delle influenze geopolitiche, a scapito del popolo curdo.

È necessario, per questo, riprendere con forza, come scrive Riccardo Petrella, «la battaglia per il disarmo mondiale, militare e finanziario. Come si fa a lottare contro il cambiamento climatico se si lasciano le potenze militari mondiali spendere ogni anno più di mille e settecento miliardi di dollari per le armi? La guerra è diventata il terzo settore più redditizio al mondo dopo l’informatico/tele/robotico e l’industria farmaceutica, peraltro tra loro strettamente connesse…».

È ora di rimettersi in rete per creare piattaforme condivise di azione.

Rispetto alla questione della guerra contro i Curdi (nei soli primi 6 mesi del 2019, secondo i dati del Commercio Estero riportati dall’Istat, la sola Italia ha esportato 46 milioni di euro di armi e munizioni alla Turchia), il 18 ottobre scorso si sono riunite diverse associazioni tra cui il coordinamento italiano UIKI (Curdi), ARCI, CGIL, Legambiente, ANPI, Libera, UDI, Tavola della Pace, Un Ponte Per…, Coordinamento Chiese Evangeliche, Kurdistan Italia, Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza, Lega Italiana dei Popoli, Rete della Pace, Rete Disarmo e hanno stilato una prima bozza di piattaforma che comprende i seguenti punti:

  • il ritiro immediato delle truppe turche, e di ogni altro esercito straniero, dal territorio della Siria;
  • l’immediata sospensione di vendita di armi ed assistenza militare alla Turchia, come pure agli altri stati implicati in guerre nel Medio Oriente, da parte degli stati membri dell’Unione Europea;
  • che sia garantita assistenza umanitaria e corridoi umanitari per la popolazione siriana vittima di questa nuova invasione, come pure il rispetto dei diritti umani per tutta la popolazione civile, senza discriminazione di etnia o religione;
  • il ritiro del contingente militare italiano dal confine tra Turchia e Siria;
  • una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle nazioni Unite per istituire una missione di forze di interposizione con mandato ONU per la protezione della popolazione siriana e per ripristinare condizioni di ricostruzione democratica, di convivenza tra le diverse comunità;
  • la costituzione di una commissione internazionale sotto l’egida dell’ONU per verificare l’eventuale uso di armi chimiche contro la popolazione siriana della regione della Rojava, del Ghouta; operazioni e azioni militari che possano costituire crimini di guerra e/o azioni di vera e propria pulizia etnica;
  • la sospensione di accordi commerciali e di associazione tra l’Unione Europea e la Turchia;
  • il non rinnovo dell’accordo tra UE e Turchia per la gestione dei rifugiati provenienti dalla Siria e da altri paesi in guerra;
  • l’attuazione, da parte dell’UE e degli stati membri di una politica di accoglienza e di integrazione di ogni uomo o donna in fuga da situazioni di rischio e minaccia alla propria vita e dei propri cari, siano condizioni di povertà, di repressione, di persecuzione, di disastri ambientali, di guerre, accompagnando queste politiche con programmi di cooperazione, di investimenti, con accordi commerciali e di associazione coerenti e diretti ad eliminare le cause che obbligano le persone a fuggire in cerca di rifugio e di condizioni di vita dignitose;
  • togliere il PKK dalla lista delle organizzazioni terroriste;
  • riattivare il programma europeo per la riconversione industriale dell’apparato militare, a sistemi dual e civile; mantenendo l’apparato militare per scopi prevalentemente di difesa e non commerciali;
  • sostenere la società civile e democratica – quella siriana e delle altre popolazioni vittime di guerre e di regimi antidemocratici, quella turca che si oppone a Erdogan – con programmi di promozione dei diritti umani, in particolare per la libertà di espressione, di comunicazione, di associazione;
  • promuovere iniziative di dialogo tra le comunità e di costruzione della democrazia dal basso.

Si prevede poi un calendario di mobilitazioni. Le prime iniziative già definite sono:

  • sabato 26 ottobre, Milano: Manifestazione di solidarietà con il popolo curdo;
  • sabato 26 ottobre – dalle 18 alle 19 – in via Maestra; Manifestazione di solidarietà con le donne curde; a cura delle Donne in nero di Alba;
  • venerdì 1 Novembre, Giornata europea di solidarietà con il popolo Curdo e contro l’invasione turca, con manifestazioni in diverse città europee (in Italia manifestazione nazionale a Roma e presidi in altre città).

Come hanno chiesto le donne curde “a tutti i popoli che amano la libertà” è necessario che a livello dei singoli stati e dell’Organizzazione delle Nazioni Unite si adottino tutti i provvedimenti previsti da tale organismo per porre fine all’invasione della Turchia nella Siria del Nord e “per una soluzione della crisi politica in Siria con la partecipazione e la rappresentanza di tutte le differenti comunità nazionali, culturali e religiose in Siria”.

2 commenti
  1. giorgio Bianchi
    giorgio Bianchi dice:

    Il calendario di mobilitazione va bene. Purtroppo l'annucioi della manifestazione di solidarietà è dato oggi 28 ottobre, a manifestazione avvenuta e la giornata europea di solidarietà per il 1 novembre oggi due giorni prima senza che si sappia nulla sulle città coinvolte e con quale programma. Inoltre le varie associazioni riunitesim(Dove? Con quale visibilità) hanno stilato una bozza di piattaforma se si tratta di una bozza significa che va discussa e poi approvata, quali sono i tempi? e in che sede ciò verrà fatto?

    Rispondi
  2. ROSA DALMIGLIO
    ROSA DALMIGLIO dice:

    condivido le osservazioni di Giorgio Bianchi, sopratutto perchè i soli non informati sono i movimenti pacifisti, quì si tratta di capire che i giochi sono come sempre già stabiliti da chi non solo parla o scrive…….
    all'apertura del 10 Festival della Diplomazia, abbiamo ascoltato l'opinione di un alto Commissario, che dopo aver chiesto di spegnere i telefonini, (non voleva essere registrato) a parlato a ruota libera davanti a giornalisti
    previsioni tutte azzeccate

    un caso?….

    Rispondi

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