La minaccia nucleare

Maurizio Simoncelli

Roma, 27 agosto 2019 – Nel 1996 l’ONU ha adottato il Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari (CTBT) allo scopo di fermare la sperimentazione che le varie potenze avevano condotto sul nostro pianeta con oltre 2.000 esplosioni, nonché di fornire un ulteriore strumento di sostegno al processo di disarmo previsto dal Trattato di Non Proliferazione nucleare (TNP) del 1968 contro la minaccia nucleare. 

Quelle sperimentazioni, con il conseguente fallout radioattivo, avevano provocato conseguenze non solo nelle aree dei test, ma inevitabilmente sull’intero pianeta attraverso i mari e l’atmosfera. Da quel momento in poi non vi sono state più questo tipo di esperimenti, a parte quelli condotti dalla Corea del Nord. Le altre potenze sono in grado di realizzarli sperimentalmente in laboratorio, mentre per Pyong Yang essi servono anche come messaggio politico per farsi riconoscere uno status di superpotenza. 

Occorre rilevare, però, che la minaccia nucleare non proviene solo dalla Corea del Nord, ma emerge chiaramente sia dal fatto che dopo oltre mezzo secolo le cinque potenze firmatarie del TNP non hanno adempiuto all’impegno di disarmo (riducendo solo il numero delle testate), sia dal potenziamento e ammodernamento continuo di quelle presenti negli arsenali. Le oltre 14.000 testate, di cui 3.750 operative, stanno lì a minacciare l’umanità della distruzione totale, dato anche che esse sono destinate a colpire prevalentemente grossi obiettivi, in primis le città, cioè i civili. Da anni le due maggiori superpotenze nucleari, Usa e Russia, non tengono più colloqui e incontri su questo tema e anzi la recente denuncia statunitense del Trattato INF sulle forze nucleari di teatro con la conseguente analoga decisione di Mosca rappresenta un ulteriore elemento di preoccupazione. 

La modernizzazione delle bombe nucleari B61-12 statunitensi, posizionate in Europa e collocate a breve sugli F35, è un altro passo non verso la distensione, ma verso una prova di forza sul territorio europeo. Il documento dell’11 giugno scorso “Nuclear Operations – Joint Publication 3-72” del Pentagono, apparso erroneamente su internet e poi prontamente rimosso, è un ulteriore elemento di preoccupazione in quanto mostra la crescente disponibilità ad utilizzare armi nucleari rendendo ancora più sottile quella linea rossa tra guerra convenzionale e guerra nucleare. Esso infatti afferma che “l’uso di armi nucleari potrebbe creare le condizioni per risultati decisivi e il ripristino della stabilità strategica … In particolare, l’uso di un’arma nucleare cambierà radicalmente la portata di una battaglia e creerà condizioni che influenzano il modo in cui i comandanti prevarranno in conflitto”.

La minaccia nucleareLicorne test, 1971, French Polynesia. Photo: The Official CTBTO Photostream

Se è necessario che tutti gli stati nucleari firmino e ratifichino il CTBT (cosa che ancora non è avvenuta da parte di Cina, Corea del Nord, India, Israele, Pakistan e Stati Uniti), è altrettanto fondamentale che ci si avvii verso un disarmo nucleare invece che verso ipotesi di guerra nucleare“limitata”, i cui limiti poi non si potranno mai controllare in uno scontro militare. Per questo, in linea con il TNP, firmato dall’Italia, e con il trattato per la proibizione delle armi nucleari (non firmato dall’Italia, ma adottato dall’Assemblea Generale dell’ONU nel 2015) si rileva la necessità che il governo italiano operi a livello internazionale per prevenire una tale evenienza  conflittuale, che tra l’altro si svolgerebbe innanzitutto proprio sul territorio europeo ed italiano.


Allegato: Dossier “Test nucleari nel mondo” a cura di Benedetta Giuliani e Giulia Putzolu.

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