Mediterraneo casa comune

Il Movimento internazionale della Riconciliazione (MIR), branca italiana dell’IFOR, plaude e sostiene l’iniziativa dei sindaci delle città di Barcellona, Madrid, Saragozza, Valencia, Napoli, Palermo, Siracusa, Milano, Latina, Bologna, riuniti a Roma il 9 febbraio 2019, i quali hanno dichiarato congiuntamente che “Il Mar Mediterraneo è stato la casa comune di civiltà millenarie nelle quali l’interscambio culturale ha significato progresso e prosperità.

Oggi è divenuto la fossa comune di migliaia di giovani che vi trovano la morte per l’assenza di canali d’ingresso legali e sicuri. Le città, luogo di convivenza di uomini e donne di origini molto diverse tra loro e rifugio di migranti e richiedenti asilo, guardano con stupore alla deriva degli stati europei nei confronti dei diritti delle persone che cercano di attraversare il Mediterraneo” [1].

Siamo sconcertati dall’imbarbarimento della società e della politica italiana ed europea nei confronti dei migranti.

Il MIR condivide la dichiarazione dei sindaci laddove si afferma che si ritiene “legittimo l’obiettivo di fuggire dalla violenza o dalla mancanza di opportunità e libertà democratiche”.

La chiusura dei porti italiani e maltesi alle navi di soccorso e il recente blocco burocratico nei porti spagnoli e italiani delle navi Aquarius, Open Arms, Aita Mari, SeaWatch3, insieme a quello dei porti francesi, “sono esempi pratici di come anche l’Europa stia naufragando”.

Il MIR condivide la dichiarazione dei Sindaci, laddove si dichiara che “Dobbiamo salvare l’Europa da se stessa. Rifiutiamo di credere che la risposta europea di fronte a questo orrore sia la negazione dei diritti umani e l’inerzia di fronte al Diritto alla Vita. Salvare vite non è un atto negoziabile e negare la partenza alle navi o rifiutarne l’entrata in porto è un crimine”.

Il MIR apprezza l’azione dei Sindaci volta alla costituzione di una ”alleanza tra città europee che diano appoggio alle organizzazioni umanitarie e alle navi europee di soccorso nel Mediterraneo”, impegnandosi per supportarla con l’agire in rete delle realtà della società civile europea.

Il MIR rigetta la crescente criminalizzazione dell’impegno delle ONG della società civile, rilevando nello stesso tempo l’infondatezza delle iniziative di alcune procure, cui è seguito il non luogo a procedere, smentendo le campagne stampa ordite dai governi a fini elettoralistici.

L’IFOR (International Fellowship of Reconciliation) – di cui il MIR rappresenta la branca italiana  nel corso della 38ma sessione ONU del Consiglio dei diritti Umani ha espresso grande preoccupazione per quanto sta accadendo nel Mediterraneo e per le numerose vite umane perse o private di dignità.
Le medesime istanze sono state ribadite nel corso del convegno internazionale sui temi della migrazione “On the Move”, organizzato dall’IFOR e il MIR a Catania lo scorso novembre, che ha affrontato i molteplici aspetti di un tema complesso che richiede -oltre ad un’onesta presa di responsabilita’ per molte delle cause- studio, approfondimento e confronto inclusivo con tutti gli attori coinvolti.
Il MIR fa appello al principio di umanità e solidarietà che non possono essere criminalizzati.
Si denuncia il continuo uso strumentale della paura per creare divisione e allarmismo nella società. Per un limitato vantaggio politico di parte si cerca di sollevare la popolazione contro coloro che stanno facendo il loro dovere umanitario e cinicamente si devia l’opinione pubblica sulla vera natura dell’azione umanitaria [2].

Il MIR sottolinea il diritto umano alla libera circolazione, rigettando l’artificiosa discriminazione tra profughi e migranti “economici”.

È tempo che l’Unione Europea promuova l’abolizione del permesso di soggiorno per tutti coloro che migrano, riaffermando la libertà di circolazione delle persone, oltre che dei capitali e delle merci, nel mondo globalizzato. Deve partire proprio dall’Europa una forte sollecitazione alla comunità mondiale per il riconoscimento della mobilità di tutti gli esseri umani come un diritto, su scala globale e non soltanto all’interno dello spazio Schengen” [3].

I problemi legati alle ormai quotidiane migrazioni devono e possono trovare soluzione solo se si inseriscono nella cornice della mobilità come diritto. Bisogna cambiare approccio: dalla migrazione, appunto, come sofferenza alla mobilità come diritto. Nessun essere umano ha scelto, o sceglie, il luogo dove nascere; tutti devono vedersi riconosciuti il diritto di scegliere il luogo dove vivere, vivere meglio e non morire” [4].


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