La Comunità dell’Arca. Un frutto dell’incontro tra Gandhi e Lanza del Vasto | Margalida Reus

Sono molto felice di essere qui con voi oggi, in questa bella città di Torino che non conoscevo. Felice anche di essere fra persone che conoscono la nonviolenza e la fanno vivere.

In questo anno, 2018, facciamo memoria di date importanti : il Centenario della fine della prima Guerra mondiale,il cinquantesimo anniversario dell’assassinio di M.L.King, la morte di Aldo Capitini e il settantesimo anniversario dell’assassinio di Gandhi, tutti eventi e figure che hanno profondamente marcato la storia del secolo scorso.

L’anno scorso abbiamo celebrato gli 80 anni dell’incontro fra Gandhi e Lanza del Vasto, il fondatore della Comunità dell’Arca, nonviolenza e spiritualità.

Come mai alcuni incontri sono più importanti di altri ? Perchè alcuni vengono dimenticati ed altri invece celebrati? Alcuni di fatto non hanno alcuna conseguenza, altri, invece, sono sorgente di trasformazioni profonde.

L’incontro fra Lanza e Gandhi è stato uno di questi ultimi. Un incontro che è stato un seme di vita e che, fra gli altri, ha generato uno degli alberi più belli: la Comunità dell’Arca.

A tal fine, è stato necessario un mutamento di paradigma da parte di Lanza. Da saggio pragmatico, quale era Gandhi, egli ha fatto comprendere al filosofo scrittore, la necessità di sperimentare come complemento indispensabile del pensare. Il bisogno che l’atto coerente confermi il pensiero; che il pensiero venga messo alla prova dall’esperienza. Gandhi non ha scritto né una dottrina né una teoria: alla sua biografia ha dato come titolo “le mie esperienze di verità”.

“Sperimentare” : un’azione alimentata e sostenuta da un pensiero coerente che si “sperimenta”, si verifica, in modo metodico e concreto. L’esperienza è indissociabile dalla nonviolenza perché questa non è solo un pensiero ma  un modo di vivere e di agire.

In parole povere, si potrebbe dire che la nonviolenza gandhiana comprende due aspetti che sono inseparabili, come le due facce di una stessa moneta :

  • il “no” alla violenza, all’ingiustizia, a tutto quello che distrugge il senso dell’umano,
  • il “si” alla creazione di un’alternativa, a una nuova proposta personale e sociale, che rispetta l’essere umano e ristabilisce la

Questi due aspetti indissociabili si trovano in Gandhi ma anche in Lanza del Vasto: egli li ha resi concreti sia mediante le sue lotte nonviolente, i suoi scritti, i suoi digiuni, sia mediante la fondazione di una comunità, la Comunità dell’Arca.

L’incontro con Gandhi ha permesso a Lanza di ampliare la sua visione del mondo e l’ha aiutato ad analizzare la società occidentale con una lucidità profetica, confermando l’intuizione che egli già aveva prima del suo viaggio : e cioè che la società stava essa stessa costruendo la propria distruzione.

Dopo il suo viaggio in India, durante dieci anni egli ha approfondito e precisato il suo pensiero assieme ad un gruppo di persone, con le quali ha posto poi le basi per una vita coerente che potesse forse riorientare la società e dare risposte diverse allo spirito di profitto, di possesso e di dominio che la caratterizzano. Il legame con Gandhi ha continuato a crescere simbolicamente in quegli anni, dato che è la sua morte che ha fatto scattare la decisione di passare all’atto concreto della Fondazione della prima Comunità dell’Arca nel 1948.

Fin dall’inizio, l’Arca ha voluto essere una possibile alternativa alla violenza strutturale di quella che viene chiamata oggi la società capitalista occidentale. Ma ciò che la differenzia da altri gruppi con la medesima aspirazione è che la trasformazione sociale che propone inizia dalla propria trasformazione personale e di relazione.

E’ questo l’aspetto che mi ha maggiormente colpita quando ho scoperto per la prima volta una comunità dell’Arca, nel 1982. Vi sono arrivata a 25 anni, con un passato di militante contro la dittatura franchista spagnola presente fin dai miei 15 anni. La mia militanza era fondata sul dualismo semplice dei “buoni e dei cattivi”: loro (la dittatura, il capitalismo, i politici corrotti, ecc…) erano i cattivi, e noi (i militanti per la libertà) eravamo i buoni. E questo sapendo bene che alcuni fra noi, combattenti per la libertà nella strada, eravamo dei veri dittatori a casa propria.

Sono arrivata in una comunità che mi proponeva una vita di umiltà e semplicità, una vita di servizio e di condivisione, di lavoro su di sé, una vita dove ciò che conta non è ciò che hai ma ciò che sei. L’essere, ecco l’obiettivo della vita comunitaria dell’Arca.

L’Arca si è modificata negli anni. Oggi, vi sono solo quattro case comunitarie e la maggior parte degli impegnati vivono fuori comunità, in vari luoghi di vita ove cercano di seguire la loro vocazione alla nonviolenza. Ma tutti insieme formiamo una Comunità di varie centinaia di persone, presenti in 11 paesi del mondo, con forti legami fondati su ciò che ci unisce, dal desiderio di trasformazione personale e del mondo verso più amore e maggior giustizia.

Da oltre sessant’anni, abbiamo contribuito a seminare il bisogno di nonviolenza nella nostra società. Oggi, siamo in un epoca in cui la violenza cresce di giorno in giorno. Sempre più gruppi e movimenti prendono coscienza del fatto che per uscire da questa situazione si devono usare i metodi della nonviolenza. Molti esperti, mediatori, equipe di formazione vi si dedicano un pò dappertutto; molti movimenti o gruppi adottano la nonviolenza come scelta chiaramente dichiarata. La nonviolenza è sempre più conosciuta e accettata e non possiamo che rallegrarcene.

In tutto questo, quale è lo specifico dell’Arca oggi ?

Credo che quello che ci è specifico è il nostro modo di vivere la nonviolenza a partire dalla dimensione comunitaria e spirituale, il che corrisponde ai bisogni del nostro tempo, della nostra generazione, dopo tanti anni in cui il bene comune è stato sacrificato all’individualismo. La nostra società porta in sé il bisogno di ritrovare uno spirito comunitario, di ritrovare la dimensione del vivere insieme, di agire e costruire insieme per il bene comune. L’Arca porta in sé un savoir-faire, frutto delle nostre esperienze e dei nostri errori, una cultura di gruppo che ci insegna a guardare l’altro in quanto fratello o sorella in umanità, con rispetto e benevolenza, ci insegna a metterci

 

d’accordo per agire. Abbiamo imparato a fare nostri gli strumenti che la nostra società ci propone (ascolto, comunicazione nonviolenta, gestione dei conflitti, sviluppo dell’intelligenza collettiva, lavoro su di sé e sulla propria storia personale, ecc…)

Sappiamo da molto tempo che non possiamo andare avanti se non insieme. Ecco i principi attorno ai quali ci sentiamo uniti :

1.   Conversione interiore e spiritualità della relazione

La nonviolenza sperimentata nell’Arca necessita di un ritorno su di sé, un movimento di conversione – che non termina mai –. Questo anche per raggiungere la consapevolezza dell’unità interiore di ogni creatura e l’unità della Creazione. E’ ciò che si può chiamare una spiritualità della relazione,  la contemplazione del fatto che tutti siamo collegati gli uni agli altri, e animati dal medesimo soffio vitale. L’altro, anche se mi appare così diverso e estraneo, è uguale a me.

2.   Nonviolenza

Se dovessimo riassumere in una parola i fondamenti e gli orientamenti della Comunità dell’Arca, questa parola sarebbe “nonviolenza”.

I membri dell’Arca non sono nonviolenti: essi scelgono in coscienza di tendere a diventarlo. La nonviolenza è un cammino di vita, mentre la violenza, sia fisica, che psicologica o istituzionale, è un cammino di morte. La nonviolenza è anche una scelta di vita perché impegna per tutta la vita. Non si tratta di tentare ad essere nonviolenti in certi campi unicamente, ma piuttosto di una trasformazione che implica tutti i campi della nostra esistenza.

3.   Servizio, condivisione e lavoro

In tutto il mondo e particolarmente nelle nostre società occidentali, possiamo constatare che l’essere umano è abitato da uno spirito di possesso, di profitto e di dominio, che lo porta a sfruttare il suo prossimo. Senza pretendere evidentemente di essere indenni da questa tendenza universale e originale, i membri dell’Arca si sforzano di sostituirla con uno spirito di condivisione e di servizio.

4.   Semplicità di vita

La semplicità di vita nell’Arca è la scelta volontaria di limitare “l’avere” per permettere lo sviluppo libero “dell’essere”. E’ una azione nonviolenta di lotta contro lo spreco e l’accaparramento.

Così come i membri dell’Arca non sono nonviolenti ma ‘tendono verso’ il diventarlo, nello stesso modo essi tendono a semplificare la loro vita.  Questa semplificazione volontaria, cioè assunta e accettata, non è un obiettivo in sé, ma un mezzo, un mezzo essenziale per vivere meglio e essere più coerente, per divenire più umano e più libero, per meglio rispondere agli impegni presi.

5.   Coerenza e responsabilità

La coerenza, o l’unità di vita, è un principio fondatore dinamico che collega il pensiero, la parola, e l’azione. In altre parole è il far corrispondere l’atto alla coscienza vigile. Il lavoro interiore (radicato nella presenza al presente e nutrito dalla meditazione, la preghiera, il rappel, i tempi di silenzio e di ritiro, ecc…) conduce verso il lavoro per una maggior giustizia e più solidarietà. Ed è per questo che l’Arca collega questi due poli: la vita spirituale e l’impegno sociale, l’uno essendo indissociabile dall’altro.

6.   Solidarietà

La Comunità dell’Arca fa parte di quei movimenti che sono al servizio degli uomini e delle donne del loro tempo. I suoi membri scelgono di operare nel mondo al quale appartengono anche se non ne condividono tutti i valori.

* * *

All’origine della violenza, vi è la perdita del senso dell’umano.

Sviluppare l’essere, la coscienza della nostra Umanità, è la responsabilità fondamentale di ogni essere umano, di ognuno di noi : scegliere di vivere in modo cosciente, lavorando sulla mia propria violenza interiore perché  questa non si aggiunga a quella del mondo e ricada sulle generazioni future; scegliere di vedere nell’altro un compagno di cammino, con il quale posso collaborare e costruire, e non un concorrente da sorpassare o eliminare; scegliere di vivere crescendo nella fiducia e non nella paura; scegliere di lottare contro l’ingiustizia, contro l’oppressione, contro ciò che distrugge la dignità e la libertà; scegliere di credere che le cose possono cambiare e cominciare a cambiarle nella mia vita.

“Siate il cambiamento che volete vedere nel mondo” diceva Gandhi e lo spirito comunitario è un cambiamento profondo di prospettiva : in una società dove l’individualismo uccide l’individuo, condannandolo alla solitudine e alla perdita di senso, in un’epoca nella quale invece di  insegnarci a collaborare con gli altri ci si instilla giorno dopo giorno la paura dell’altro, in un mondo in cui il profitto privato ha sostituito la ricerca del bene comune, la dimensione comunitaria è una risposta rivoluzionaria, quasi sovversiva, perché va contro tutto ciò che fonda il modello di liberismo economico e sociale che prevale oggi.

Sviluppare lo spirito comunitario è anche un modo di lottare contro la paura, così presente nella nostra società.  Più l’individuo è isolato, più ha paura;  più ha paura, più diventa sottomesso, manipolabile. Jean Goss, un grande nonviolento francese, diceva, e non solo lui, che una delle radici della violenza è la paura. Viviamo attualmente in delle società dove la paura  viene continuamente alimentata: paura dell’altro (il pericolo dei migranti, il pericolo dei poveri…), paura di perdere il lavoro, così che poco a poco accettiamo la perdita dei nostri diritti e ci ritroviamo in una specie di nuovo feudalesimo, in cui i nobili di una volta sono sostituiti dalle grandi multinazionali e in cui diventiamo tutti servi; paura dello sguardo dell’altro su di me per una specie di dovere di perfezione e di efficacia che rende la vita stressante, ecc…

Creare dei legami comunitari, di solidarietà e di fraternità è un atto di liberazione, che rende le persone più forti e responsabili, più libere e capaci di prendere un posto attivo nel mondo.

La nostra epoca si caratterizza per l’assenza di grandi leader spirituali : non abbiamo più un Gandhi, un Lanza, un Martin Luther King o un Mandela. C’è una specie di strano vuoto che ci disorienta. Per millenni, l’Umanità ha  avuto delle grandi guide che l’hanno indirizzata e nutrita, spiritualmente e moralmente. Attualmente, sembra che queste guide sono scomparse oppure sono meno visibili. Alcuni sentono che la nostra generazione è una specie di generazione perduta in una società perduta.

Ma lo Spirito del Vivente, del Divino, è sempre all’opera nel nostro mondo e ogni epoca ha quello che gli serve per affrontare la sua realtà.

Oggi, siamo di fronte ad un cambiamento di paradigma : perché l’Umanità possa sopravvivere dobbiamo passare dal bisogno di insegnamento al bisogno   di   creare   dei   nuovi modelli  sociali. Dobbiamo passare urgentemente allo sviluppo dell’intelligenza collettiva che possediamo in quanto Umanità, abbiamo bisogno di aver fiducia nella nostra capacità di trovare la soluzione adeguata alla situazione quasi catastrofica che viviamo oggi.

Abbiamo bisogno di aver fiducia nella saggezza che abbiamo immagazzinato per secoli e, partendo da questa, sperimentare il cambiamento, sviluppare la nostra creatività e trovare delle soluzioni collettive a un problema collettivo : la progressiva perdita del senso della nostra Umanità. L’essere umano sta perdendo ciò che è proprio della sua umanità.

Tutto ciò che siamo, tutto ciò che abbiamo come capacità di creazione e di cambiamento… è per l’oggi, è per metterlo al servizio del nostro tempo. E’ il “Kairos” Greco, termine che significa “é oggi il momento opportuno”.

L’incontro di Lanza con Gandhi si situa anch’esso nel Kairos. Il tempo opportuno di 80 anni fa è stato un seme che ha permesso di mettere in opera il momento opportuno per l’oggi. Ora tocca a noi operare e cercare di creare insieme ciò di cui la nostra società ha bisogno.


Intervento di Margalida Reus, responsabile internazionale della Comunità dell’Arca di Lanza del Vasto, per l’apertura del convegno annuale del Centro Studi Sereno Regis di Torino, venerdì 5 ottobre 2018. Fonte: Arca Notizie, n. 2, 2018

1 commento
  1. Rosa Dalmiglio
    Rosa Dalmiglio dice:

    sono d'accordo "è OGGI IL MOMENTO OPPORTUNO"
    IL 5 NOVEMBRE 2018, IN SENATO, invitata a parlare di CINA-UNESCO ARTIST for PEACE (che rappresento) nella Conferenza del FESTIVAL DIPAVALI,
    ho inserito un progetto ispirato al MAHATMA GANDHI. in occasione del 150° Anniversario dalla sua Nascita, a cui partecipo.
    inoltre voglio segnalare la CHINA WORLD PEACE FOUNDATION,
    questa è la novità, alcuni degli uomini più ricchi nel mondo finanziano progetti di PACE, in testa i Cinesi, Jack-Ma, lascierà a fine anno il suo impero di e-commerce ALIBABA e si dedicherà al sociale
    Cari Italiani , volete collaborare?
    non dovrete più faticare come la sottoscritta, ma solo sognare che un mondo diverso è possibile e noi siamo facilitati da buoni esempi e pratiche, comprese quelle del MAHATMA GANDHI.

    Rispondi

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