Il rapporto fra diritti delle donne e terrorismo: presentazione dei concetti

Courtney Burns, Kyle Kattelman

Funzionari pubblici e attivisti di destra e di sinistra difendono frequentemente l’importanza dei diritti delle donne nella lotta contro il terrorismo. I paesi occidentali sono consueti redigere avalli ufficiali e compensare attivisti eminenti con onori supremi per la loro opera in tale promozione. Forse nessun contemporaneo è rinomato per questo come Malala Yousafzai, un’adolescente cui I Taliban spararono alla testa per aver promosso l’istruzione femminile. Ribadendo l’importanza dei diritti delle donne, Malala afferma “…sappiamo che i terroristi temono il potere dell’istruzione”.

Ma queste asserzioni sono sostenute dall’evidenza empirica? L’esempio riportato è un commento riguardante un tipo specifico di terrorismo religioso, cioè l’estremismo islamista globale; che è un piccolissimo componente di un mosaico terrorista ben più grande, che secondo certa ricerca non è rappresentativo del terrorismo nel suo insieme. Per di più, benché ampi studi statistici tendano a utilizzare i diritti delle donne come singolo parametro, c’è molto da spacchettare del concetto. Quando si studiano le caratteristiche individuali della democrazia, per esempio, si trova che certi tratti particolari aumentano il terrorismo mentre altri lo riducono. C’è uno schema simile con i diritti delle donne?

In un documento di lavoro, Courtney Burns e io avanziamo una teoria per il rapporto fra diritti delle donne e terrorismo, identificando il ruolo di genere fra varie diverse ideologie. La logica motrice è che se una certa ideologia ha norme di genere ben fondate, avrà una reazione più brusca alla promozione dei diritti delle donne rispetto ad altre con ruolo di genere vaghi o di nessuna importanza.

Noi sosteniamo che ideologie nazionaliste e religiose sono più sensibili a mutamenti nei diritti femminili a causa di ruoli di genere definiti nell’àmbito di ciascuna di esse e per il rapporto intimo, simbiotico fra le due filosofie. I capi di tali gruppi motivano i propri seguaci a commettere violenze creando un senso di “alterità” nelle loro vittime designate. La nazionalità offre una sede perfetta per conseguire tale intento, e la mascolinità ha un ruolo importante nel definire una nazione. Le norme di genere sono chiaramente stabilite nei gruppi nazionalisti, essendo lo stato nazionale essenzialmente un’istituzione maschile scritta da uomini per uomini. La cultura del nazionalismo è costruita per enfatizzare temi maschili come l’onore, il patriotismo, il dovere, e il coraggio, tratti necessari per assicurare e preservare una nazione. I ruoli delle donne, d’altro canto, sono relegati a produttrici biologiche di futuri membri della nazione in boccio.

La religione segue uno schema analogo. I fondamentalisti religiosi combattono un mondo caratterizzato dal disordine sessuale, dove le donne sono considerate invadere la mascolinità della società. Analogamente al nazionalismo, le donne sono considerate creatori biologici, un ruolo da tenersi separato da quello degli uomini e da essi assicurato. Questa sovrapposizione permette a molti movimenti etno-separatisti di usare religione e nazionalità per rafforzare il senso di “alterità” e viene impiegato da gruppi come Hamas e le Tigri per la Liberazione del Tamil Eelam. Questa strategia si basa molto sul ruolo centrale della mascolinità e dei ruoli di genere definiti come cruciali per la sopravvivenza del collettivo. Le minacce a questi ruoli sono considerate minacce al futuro del gruppo.

Per contrasto, altri gruppi o non enfatizzano ruoli di genere o lo fanno in modo incoerente. I gruppi di destra, per esempio, periodicamente esaltano I valori tradizionali della famiglia che pongono le donne in un ruolo di allevatrici della prole, eppure difendono i valori femministi liberal come clava per inveire contro le minacce percepite da parte dell’immigrazione musulmana. Questa disarticolazione rende difficile quadrare questi due punti di vista, e così la reazione ai diritti delle donne dipende da circostanze specifiche.

Abbiamo verificato gli effetti di tre categorie di diritti femminili (politici, economici, e sociali) contro quattro ideologie estremiste (di destra, di sinistra, nazionalista e religiosa), classificate secondo le fonti esistenti e pure a mano—entro un campione di 68 paesi dal 1980 al 2011. Abbiamo scoperto che i diritti politici ed economici delle donne hanno significativi impatti sui gruppi terroristi nazionalisti e religiosi ma nessuna sui gruppi di destra né di sinistra, il che risulta a sostegno della nostra tesi che I gruppi nazionalisti e religiosi hanno ruoli di genere più definiti.

Inoltre, questi diritti esercitano effetti opposti sul verificarsi del terrorismo—l’aumento di diritti politici di una unità aumenta il tasso di attacchi terroristici del 51% fra I gruppi nazionaliste e del 128% fra quelli religiosi, mentre l’aumento dei diritti economici di una unità diminuisce il tasso del 43% fra i gruppi nazionalisti e del 57% fra quelli religiosi. I diritti sociali non avevano effetto indipendentemente dall’ideologia. Questi reperti risultano corposi dopo aver controllato una varietà di fattori, compreso il PIL, la regione, le caratteristiche istituzionali, gli attacchi terroristici trascorsi, e gli abusi rispetto ai diritti umani in generale da parte dello stato. I risultati restano validi anche escludendo dal campione gli estremisti islamisti globali.

Sosteniamo che i diritti politici senza copertura finanziaria servono da ipocrita avallo di uguaglianza, in tal modo concedendo alle donne nulla più che una vittoria simbolica. Una tale situazione non fa che imbaldanzire gli estremisti ad agire per preservare lo status quo. Ciò indica che i decisori di politiche mirate al miglioramento dello status delle donne devono sottolineare l’ importanza dei diritti economici a un livello pari a quelli politici. Il che richiede un livello superiore d’ investimento che I diritti politici, considerati l’opzione più attraente. Eppure i nostri risultati inducono a pensare che promuovere solo i diritti politici possa non essere il corso migliore, e che le dichiarazioni di Malala sono di maggiore spessore di quanto molti si rendano conto in Occidente; perché pur essendo pronti a lodare il suo coraggio, sono più riluttanti a promuoverne la causa.

Il rapporto fra diritti delle donne e terrorismo

Malala Yousafzai becomes youngest ever United Nations Messenger of Peace. Photo: NorwayUN/Ida Helene Andersen


August 9, 2018 | Guest post by Kyle Kattelman and Courtney Burns | Political Violence @ a Glance

Titolo originale: The Relationship Between Women’s Rights and Terrorism: Unpacking the Concepts

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis


 

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