Thich Nhat Hanh. La biografia | Recensione di Cinzia Picchioni

Bernard Baudoin-Céline Chadelat, Thich Nhat Hanh. La biografia, Lindau, Torino 2017, pp. 288, € 24,00

«Dopo aver visto bisogna agire», scrive Thay (in vietnamita, thay è un appellativo che vuol dire «maestro», rivolto a tutti i monaci), e dopo averlo scritto ha totalmente praticato questo «detto», questo sutra, questo invito rivolto a tutti e a tutte noi.

Se non conosci Thich Nhat Hahn, e vuoi sapere qualcosa del famoso monaco vietnamita, leggere questa biografia è essenziale.

Ma anche se lo conosci è importante sapere come un esile fanciullo malnutrito sia potuto diventare – come fama di maestro spirituale – il «secondo Dalai Lama». 

Si capiscono molte cose leggendo questa biografia ben scritta e coinvolgente, per nulla noiosa (come a volte rischiano di essere le biografie). Bene hanno scelto gli autori di dividere il libro in 3 Parti, richiamando le 3 parti di cui è composto un albero: le radici (l’infanzia, il Vietnam, il buddhismo), il tronco e i molti rami (principalmente la guerra in Vietnam e le altre guerre), le foglie e i fiori (azioni e parole per continuare il suo messaggio).

Soprattutto la Seconda parte è risultata per me sorprendente: chi non ha sentito parlare della guerra del Vietnam? Chi non ricorda la canzone C’era un ragazzo? Chi non ha pianto ascoltando la storia del ragazzo che ora invece della chitarra suona «la stessa nota: rattattatà», chiaramente il suono di un’arma? Be’, tanto quanto la celebre ballata di Morandi narra il punto di vista di un ragazzo americano mandato a «sparare ai Viet Kong», tanto qui è raccontato il punto di vista dei Vietcong, ma anche del Vietnam, degli Stati Uniti e di tutto il resto del mondo.

Nella Terza parte gli autori si propongono 

«di definire […], a grandi linee, il suo insegnamento, per poi dare qualche fondamento pratico. Questa terza parte tratta il sentimento di responsabilità che tale insegnamento produce. Thich Nhat Hanh anima di nuovo significato parole come “guardare”, “amare” o “vivere”. Nel 2010 il maestro rivedeva l’espressione “buddhismo impegnato”, preferendogli l’espressione “buddhismo applicato” […] nulla conta più della pratica dei Cinque Addestramento alla piena consapevolezza, da cui nasce l’esperienza. È l’unione tra conoscenza e pratica a dare forza a una spiritualità vissuta pienamente», p. 215. 

Ma cominciamo dalla Prima parte… (proseguendone la lettura nell’articolo Dopo aver visto bisogna agire, disponibile su questo stesso sito).

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