Disarmo nucleare

Via dal nucleare, dalle armi e non solo…

Elena Camino

Il Nobel per la pace alla Campagna ICAN

La Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari (ICAN) è una coalizione di organizzazioni non-governative di 100 paesi. Grazie al potere delle mobilitazioni popolari ICAN ha lavorato per scrivere la parola fine alla storia dell’arma più distruttiva che l’uomo abbia mai inventato, un’ arma che minaccia l’esistenza stessa dell’umanità. ICAN  è stato insignito del Premio Nobel per la Pace 2017 come riconoscimento del  ruolo avuto nell’approvazione del Trattato sulla Proibizione delle Armi Nucleari. Questo storico trattato, adottato il 7 luglio con il voto favorevole di 122 Stati, offre all’umanità uno strumento alternativo, assolutamente necessario, in questo nostro mondo dove prevalgono e proliferano invece le minacce di azioni di distruzione di massa.

L’ Istituto Soka Gakkai International  è stato fin dal 2007 un partner internazionale di ICAN, lavorando insieme per l’obiettivo comune della completa eliminazione delle armi nucleari.

La mostra ‘senza atomica’ 

Tra pochi giorni [il 16 gennaio alla Cittadella, ndr] sarà inaugurata a Torino la Mostra “Senzatomica – Trasformare lo spirito umano per un mondo libero da armi nucleari”, un’iniziativa ideata e promossa dall’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai con il patrocinio della Città di Torino, del Consiglio Regionale del Piemonte, del Comitato Regionale dei Diritti Umani e dell’Università degli Studi di Torino. La mostra è rivolta soprattutto ai giovani, e pone l’accento sui seguenti punti:

  • Garantire il diritto alla vita di tutti i popoli.
  • Passare dalla sicurezza basata sulle armi alla sicurezza basata sul soddisfacimento dei bisogni fondamentali degli esseri umani.
  • Cambiare la visione del mondo, da una cultura della paura a una cultura della fiducia reciproca.
  • Le azioni che costruiscono la pace. L’esposizione è anche l’occasione per riflettere su temi di ampio respiro quali la responsabilità sociale dello scienziato, la responsabilità nei confronti delle generazioni future, l’impatto ambientale dei test nucleari, il costo (esorbitante) degli armamenti e del loro mantenimento

Quali azioni costruiscono la pace? 

Tutte le persone consapevoli dei rischi di un uso  deliberato o accidentale  di armi nucleari  sono favorevoli a premere sui governi, nel caso specifico su quello italiano, affinché aderisca alla campagna e si adoperi fattivamente ad abolire l’enorme stock di armi nucleari immagazzinate e/o pronte all’uso in varie regioni  d’Europa, e in particolare d’Italia.

Ma la produzione di un ordigno nucleare è solo una tappa di un lungo processo che inizia in luoghi spesso molto distanti: le miniere di uranio. Ed è un processo che si interseca con quello che consente il funzionamento delle centrali nucleari  per la produzione di energia elettrica. La filiera nucleare – nel caso delle centrali – termina con lo smantellamento dei reattori obsoleti  e il conferimento in apposite discariche, dove i materiali radioattivi vengano  immagazzinati in modo tale da non provocare danno alle generazioni presenti e future.  Nel caso delle armi atomiche, se si vuole arrivare al disarmo nucleare completo occorre portare a termine il ciclo, smantellare i depositi di armi  e provvedere alla decontaminazione.  L’uso dell’energia nucleare, che sia a fini pacifici o a fini bellici, implica la produzione, il trasporto e l’uso di materiale altamente radioattivo, con tutti i rischi che ciò comporta per i sistemi viventi – dall’umanità alle piante agli insetti…

Dunque la campagna per l’abolizione delle armi nucleari  mette in luce l’ insostenibilità  del  sogno dell’”atomo per la pace” auspicato dal Presidente Eisenhower in un discorso pronunciato all’Assemblea generale dell’ONU, a New York l’8 dicembre 1953.

Il nucleare è sempre militare

Questo è il titolo di un articolo scritto da Nanni Salio nel 1981 (più di 30 anni fa!), che metteva in guardia i lettori  dal credere che sia possibile separare le due filiere di produzione del materiale fissile: esiste una tappa intermedia in cui il materiale messo a punto, i macchinari predisposti  e le competenze tecno scientifiche acquisite consentono di dirigere il resto del processo verso la strada della produzione di energia elettrica (con la costruzione dei reattori) oppure verso l’assemblaggio delle componenti di un’arma.  A detta di alcuni studiosi, l’interesse e la pressione a costruire ancora centrali nucleari, nonostante i gravissimi incidenti  che si sono verificati e i costi esorbitanti dell’impresa, sono da attribuire ai militari, che si rendono conto che senza  avere come ‘spalla’ le competenze e le tecnologie del nucleare civile, sarebbe sempre più difficile gestire i processi di fissione nucleare.

Sul sito di ICAN è spiegato chiaramente che “ogni impianto per l’arricchimento dell’uranio necessario ad essere usato nel reattore di una centrale per la produzione di energia può anche trattare l’uranio fino a renderlo utile per uso bellico”. E ancora: “in un reattore nucleare viene prodotto plutonio dall’uranio. I programmi nucleari civili e militari sono spesso strettamente legati. La maggior parte dei più recenti casi di proliferazione nucleare derivano da programmi apparentemente pacifici.”

Occorre quindi che i cittadini che sono favorevoli alla messa al bando delle armi nucleari  siano contemporaneamente contrari alla costruzione di nuove centrali nucleari, e che sostengano i movimenti di protesta che in molte parti del mondo cercano di opporsi  allo sviluppo di questa forma di produzione energetica.  Come è stato tragicamente sperimentato in passato, gli incidenti gravi avvenuti alle centrali nucleari hanno coinvolto vaste aree, e costituiscono un problema per l’intera comunità umana. Il Bulletin of Atomic Scientists dedica un settore del sito a offrire una informazione aggiornata della produzione di energia nucleare: le centrali attive e quelle chiuse, i reattori in costruzione, quelli in programma.

La World Nuclear Association ci informa che nel 2017 sono attivi nell’Unione Europea 128 reattori nucleari  che operano  in 14 dei 28 stati membri, e producono più di un quarto dell’elettricità totale dell’Unione. Più di metà dell’elettricità da fonte nucleare nella UE è prodotta dalla Francia.

E’ sempre la WNA a informarci su quanto avviene fuori dall’Europa, ed ecco – a titolo di esempio –  la situazione in tre importanti Paesi:

  • la Cina ha 37 reattori operativi, 20 in costruzione, e altri in programma
  • In Giappone attualmente sono potenzialmente funzionanti 42 reattori, che potrebbero ripartire. Finora 5 hanno potuto riprendere l’attività, e altri 21 sono in attesa di autorizzazione.
  • l’ India ha un programma nucleare molto vivace e autonomo, e intende fornire il 25% di elettricità dal nucleare entro il 2050.

I programmi di installazione di nuove centrali nucleari suscitano ovunque forti proteste: sia da chi è contrario  per motivi ambientali  e/o umanitari, sia da parte delle comunità, spesso di contadini e pescatori,  che vengono brutalmente espropriati dalle loro terre e zone di pesca per lasciare spazio alla costruzione di queste ‘grandi opere’.

Il lascito ingestibile della radioattività

Se anche fosse possibile separare i processi che attualmente consentono un facile passaggio dalla produzione di energia alla produzione di armi nucleari, basterebbe concentrare l’attenzione ai due estremi della filiera – lo scavo in miniera di minerali di uranio e lo smaltimento delle scorie a fine processo – per renderci conto che maneggiare questa forma di energia, in modo esplosivo con le bombe o in modo controllato con le centrali, ha  in ogni caso conseguenze devastanti.

Nell’ultimo numero del Bulletin of Atomic scientists (gennaio 2018) è stato pubblicato un articolo di Jonathan P. Thompson che inizia così: Sotto le torbide acque verdi all’estremità nord del lago Powell, sepolto tra le tonnellate di limo trasportate lungo il fiume Colorado nel corso degli anni, si trova un cumulo di 26.000 tonnellate di materiale di scarto non bonificato di una miniera di uranio.  E un cocktail  di polonio, bismuto, torio e radio che ci ricorda  come  l’industria dell’uranio, con l’autorizzazione del governo federale, ha devastato l’Occidente e le sue comunità per decenni.

Questo lago è circa equidistante da due grandi città, Denver e Las Vegas, e si trova ai confini di un ampio territorio che comprende due riserve indiane,  dei Navajo e degli Hopi. L’evento raccontato dall’Autore è solo uno delle migliaia di casi che – dall’inizio dell’era nucleare – hanno provocato danni, inquinamenti e morti  in tutte le zone del mondo che sono state toccate dalla filiera nucleare.

Conoscere il nucleare per eliminarlo

Per contribuire a sostenere l’impegno di ICAN, dell’Istituto Soka Gakkai e di tante altre realtà impegnate nello sforzo di abolire le armi nucleari, il Centro Studi Sereno Regis ha avviato un ciclo di incontri per far conoscere alcuni aspetti meno conosciuti, e più indiretti del problema che la Campagna per l’abolizione delle armi nucleari vuole risolvere.

Il primo incontro, realizzato il 22 novembre 2017, ha permesso di portare alla luce un episodio avvenuto in Italia ai tempi della Guerra fredda: l’installazione di missili a testata atomica nelle Murge.

Il secondo incontro si svolgerà il 17 gennaio, alle ore 18 presso il CSSR: L’India nucleare: contraddizioni interne, collaborazioni/collusioni internazionaliIn questo incontro saranno illustrati alcuni degli intrecci tra atomi di pace e atomi di guerra in India, e saranno presentate delle sequenze video su manifestazioni nonviolente di protesta contro le centrali nucleari.

Il terzo incontro è fissato per il 21 febbraio (sempre alle 18 presso il CSSR). Si parlerà di Chernobyl: non solo il bilancio di un disastro avvenuto più di 30 anni fa, ma una riflessione sulle opportunità (mancate?)  di trarre un insegnamento per il futuro.  L’incontro prevede la presentazione di dati aggiornati sulla situazione, alcuni video che documentano la tragedia avvenuta, e la lettura di alcuni passi di un libro straordinario, Preghiera per Chernobyl, scritto da Svetlana Alexievich (Premio Nobel  per la letteratura nel 2015).

Il 21 marzo avremo il privilegio di assistere alla proiezione di alcuni video prodotti da una regista giapponese, Masako Sakata: una occasione straordinaria per capire che cosa è successo a Fukushima, e come questo incidente si colloca all’interno di una sequenza di scelte irresponsabili e distruttive che pesano sul presente e sul futuro del Giappone e dell’umanità.

Ad aprile (in data ancora da fissare) ci occuperemo dei due estremi della filiera nucleare: le miniere di uranio, e di depositi di scorie radioattive. Temi scottanti, di grande attualità, che riguardano non solo le vite di tante comunità oggi, ma anche un futuro lontano: un lascito avvelenato alle generazioni che verranno, per l’eternità….

Infine, a maggio avremo la gioia di assistere alla performance  di una giovane artista che generosamente ci ha offerto questa opportunità: I simply didn’t think, ok?  di Alice Benessia.

2 commenti
  1. Elio Pagani
    Elio Pagani dice:

    Ottime iniziative.
    Approfitto per chiedere al Centro Studi Sereno Regis e a Senzatomica di aderire e/o partecipare alla manifestazione di Ghedi del 20.01, contro la presenza nella base di armi nucleari e per sostenere il Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari, contro la pavidità del Governo italiano.
    Grazie.
    Elio Pagani

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