Sentenza del Tribunale Permanente dei Popoli: la tragedia dei Rohingya è genocidio | Ali MC

In Settembre, il Tribunale Internazionale Permanente dei Popoli ha sentenziato la crisi in corso dei Rohingya inequivocabilmente come genocidio, denunciando l’utilizzo del termine pulizia etnica da parte delle Nazioni Unite come “eufemismo” con “nessuna base nel diritto internazionale”.

Dopo un’udienza di una settimana all’Università della Malaya [=Malaysia peninsulare, ndt], il giudice Daniel Feierstein ha dichiarato che il Governo del Myanmar era colpevole di “crimini di guerra, crimini contro l’umanità e genocidio”.

I crimini di guerra elencati comprendevano arresti arbitrari e torture; sparizioni forzate; stupri; uccisioni; confisca di proprietà; e sfollamento interno.

Il Tribunale ha anche affermato che l’elezione della Lega Nazionale per la Democrazia di Aung San Suu Kyi aveva solo determinato una “accelerazione” degli abusi sui diritti umani, e che era in corso un tentativo di trasformare il Myanmar in una “suprema entità buddhista”.

Per tutta la settimana, testimoni esperti e vittime di abusi sui diritti umani hanno reso testimonianza al Tribunale dei Popoli, che avviò un’iniziativa di base nel 1979 per denunciare i crimini dei dittatori latin-americani.

Il Tribunale ha ascoltato testimonianze di continui abusi sui diritti umani non solo contro i Rohingya, ma pure contro altre minoranze etniche e religiose, compreso il popolo Kachin e altri gruppi musulmani.

Fra le testimonianze, strazianti resoconti di aver assistito a stupri di massa di donne Rohingya e al massacro sistematico di uomini e ragazzi Rohingya. Fra questi il massacro di Tula Toli, villaggio Rohingya presso il confine Myanmar-Bangladesh.

Razia Sultana, un’avvocata Rohingya residente a Chittagong, ha mostrato interviste video a donne di Tula Toli. Nel video, una donna Rohingya in lacrime descriveva il massacro, spiegando che le autorità avevano detto agli abitanti di non andarsene da Tula Toli e che sarebbero stati al sicuro; e descriveva come invece l’esercito del Myanmar sbarcasse da elicotteri e circondasse il villaggio, procedendo quindi a stuprare sistematicamente le donne e uccidere e bruciare donne, bambini e uomini. “Non era rimasto nulla delle donne … i corpi mutilati furono fatti a pezzi e dati alle fiamme … oh, c’è stato un massacro a Tula Toli”, ha esclamato la donna.

Espedienti come la promessa di salvaguardia furono usati anche dalle milizie hutu nel genocidio del Rwanda nel 1994, in modo da adunare i tutsi in luoghi di sterminio come le chiese. Nella sessione del Tribunale si sono effettivamente notati paralleli fra il genocidio rwandese e l’attuale crisi.

Il fondatore e presidente di Genocide Watch, dr Gregory Stanton, ha illustrato un procedimento genocida in 10 tappe, che comprende la classificazione, come il ricorso a carte d’identità, la dis-umanizzazione, la preparazione e programmazione, e la persecuzione. Tale procedimento, ha detto, equivale a un genocidio, che è definito ai sensi della Convenzione sul Genocidio come “l’intento di distruggere, del tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”.

Prova dell’intento comprendeva una linea comportamentale del governo del Myanmar del 1988, di negare la cittadinanza ai Rohingya, e che “qualunque proprietà dev’essere confiscata e ridistribuita fra la popolazione buddhista”. Il dr. Stanton ha spiegato che il termine pulizia etnica fu coniato in realtà dall’ex-presidente serbo Slobodan Milosevic, che affrontò imputazioni di crimini di guerra nel 1999. A differenza della Convenzione sul Genocidio, non ci sono strumenti di diritto internazionale atti a trattare la pulizia etnica; pertanto, l’uso di tale termine in ambito internazionale è stato ritenuto superfluo.

Le sessioni del tribunale sono state pesantemente sorvegliate dalla polizia malese, specificamente per la presenza dell’esplicito attivista birmano dr. Maung Zarni, il cui prozio era un compagno d’università del padre di Aung San Suu Kyi, ed è imparentato con molti birmani attualmente in posizioni di potere. Tuttavia, per la sua dichiarata opposizione al regime, è stato definito traditore e nemico dello stato. Il dr. Zarni ha riferito di aver ricevuto minacce di morte in vista del processo.

Tuttavia, nella sua testimonianza ha dichiarato “non sono nemico dello stato, è lo stato ad essere nemico delIa gente”.

Il Tribunale s’è detto d’accordo, descrivendo come dal colpo di stato militare nel 1962, il governo sia stato “in guerra con il 40 per cento della sua popolazione”.

Secondo le norme processuali, il governo del Myanmar è stato invitato a difendersi; ha però declinato l’invito. In sua vece, si è visto in aula un video con il recente discorso di Aung San Suu Kyi, in cui lei dice: “Dobbiamo capire come avvenga questo esodo [dei Rohingya]”.

Se il governo del Myanmar avesse partecipato alla sessione processuale, forse non porrebbero una domanda così ovvia.

Pur essendo il giudizio emesso dal Tribunale permanente dei Popoli non vincolante, si tratta della sola entità internazionale ufficiale che attualmente definisca la crisi in corso per quello che è: genocidio.

Il Tribunale ha anche emesso diciassette raccomandazioni per trattare la crisi perdurante, e rappresentanti del governo del Bangladesh hanno annunciato che avrebbero registrato tutti i nuovi profughi Rohingya.

Nei suoi passi conclusivi, il presidente del Comitato Organizzativo Malese, dr Chandra Muzaffar, ha ripetuto quell’espressione frequente, “mai più”. Ma, senza intervento e sanzioni immediate da nazioni influenti come l’Australia – la cui Forza di Difesa si è addestrata con l’Esercito del Myanmar – il genocidio continuerà ancora, dopo tutto.

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Ali MC è fotografo, scrittore e musicista, e laureando in Masters di Diritto dei Diritti Umani. Oltre a viaggiare molto all’estero, è anche vissuto in remote comunità aborigene insegnandovi musica e imparandone la lingua. Il suo primo libro a pieno formato The Eyeball End è stato edito nel 2015, e nel 2016 ha prodotto un quarto album Urban Cleansing col suo collettivo musicale New Dub City.

17 oct 2017 – Right Now/Human Rights in Australia
Titolo originale: Rohingya Crisis Ruled as Genocide by Permanent Peoples’ Tribunal
Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis

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