Demonetizzazione in India – e le relazioni umane?

Elena Camino

Tutti i quotidiani indiani del 9 e 10 novembre 2016 riportano la notizia che il Primo Ministro Narendra Modi ha annunciato il provvedimento di ritiro dalla circolazione della carta moneta da 500 e da 1000 rupie, giustificando l’iniziativa come un atto volto a frenare l’uso del denaro ‘sporco’, della circolazione di soldi falsi, e della corruzione. L’annullamento del valore legale aveva effetto immediato, e la gente che aveva denaro di quelle due taglie era invitato a cambiarlo in banca o presso gli uffici postali entro il 30 dicembre.

Questa decisione, inaspettata e rapidamente messa in atto, ha preso il nome di ‘demonetizzazione’, e ha provocato in India numerose conseguenze di breve e lungo termine. Nelle settimane e nei mesi successivi numerosi economisti, giornalisti, attivisti hanno descritto e commentato gli esiti di questa operazione. Al di là delle considerazioni strettamente finanziarie ed economiche, i lettori sono stati colpiti da alcune scene che si sono ripetute in molte parti del Paese: lunghissime code alle banche e agli uffici postali, di persone che erano rimaste senza denaro liquido per comprare cibo e generi di prima necessità, pagare o ricevere salari, ottenere prestazioni mediche.

I primi effetti della demonetizzazione in India: lunghe code, sportelli delle banche chiusi

Tra fine 2016 e i primi mesi del 2017 l’interesse per gli esiti di questa manovra è stato molto alto, e a seconda dei punti di vista si sono letti articoli, saggi e interviste che elogiavano o criticavano le conseguenze di questa decisione del governo. “La demonetizzazione sta colpendo prevalentemente le donne, perché esse sono la base dell’economia di cassa ” dice Ranjana Kumari, direttore del Centro di Ricerca Sociale di New Delhi. “Sono le donne ad essere buttate fuori dalle tradizionali forme di risparmio, perché questo sistema digitalizzato viene assunto tipicamente dagli uomini in famiglia”.(India’s crisis over bank notes hits women especially hard, 23.11.2016).

Anche l’Hindustan Times del 18 novembre 2016 richiama l’attenzione sulle conseguenze negative che il provvedimento avrà sulle donne. “L’iniziativa della demonetizzazione ha avuto una ricaduta negativa soprattutto sulle donne, più di tre quarti delle quali sono estranee al sistema delle banche. Sono penalizzati anche i braccianti a giornata e i lavoratori informali, che di solito utilizzano scambi diretti di denaro. Particolarmente disastroso è l’impatto sulle donne”. Secondo i ricercatori della Fondazione Thomson Reuters, nei villaggi e nelle aree tribali le donne vanno incontro a una vera crisi finanziaria: erano abituate a usare solo denaro in contanti, e a mettere da parte qualche risparmio per i momenti difficili. Ora non hanno neppure quanto basta per soddisfare le necessità quotidiane. Spesso le donne mettevano da parte del denaro all’insaputa dei mariti: un gruzzolo per sé e per i bambini, e qualche risparmio per le emergenze. Non possono mettere i soldi in banca perché non raggiungono neppure la somma minima richiesta per aprire un conto, oppure devono appoggiarsi al conto del marito, che quindi detiene tutto il potere.

14 dicembre 2016: Rajashri Venkatesh mette in evidenza alcuni aspetti negativi della demonetizzazione (8 Negative effects of demonetization in india). Le immagini che si vedono alla TV sono inquietanti: gente esausta che fa la coda per ore. Un uomo anziano, evidentemente molto malato, che piange senza speranza: l’ospedale non ne può autorizzare il ricovero perché si presenta senza le medicine prescritte, che non può comprare perché il suo denaro (in banconote) non ha più valore legale. Una donna che grida, suo marito è morto perché nessun ospedale lo ha voluto ricoverare: i soldi che aveva messo da parte per l’intervento di colpo non avevano più valore.

Nelle aree rurali distanti dalle città gli scambi commerciali di prodotti alimentari all’ingrosso e nei mercati sono crollati dopo che le banconote da 500 e da 1000 rupie sono state improvvisamente tolte dalla circolazione

Jayanti Kumari (15 febbraio 2017) (Demonetization and its impact on Indian Economy) sostiene che nel primo periodo le attività di scambio commerciale in tutti i settori dell’economia sono state interrotte: agricoltura, pesca, e il vasto mercato informale, che in India riguarda la maggioranza dei lavoratori e si realizzava quasi esclusivamente grazie a scambio di denaro corrente. Il cambiamento imposto dalla demonetizzazione ha interferito con la vita della gente, aumentando i disagi e i bisogni della fascia più povera della popolazione.

Milioni di contadini sono rimasti senza i soldi necessari per comprare semi e fertilizzanti per le semine invernali, mettendo a rischio la produzione di prodotti di prima necessità e penalizzando le comunità rurali. (Parveen Kumar/HT Photo)

Amelia Stewart, una ricercatrice dell’ Adam Smith Istitute, il 6 marzo 2017 sostiene (The very real impact of India’s demonetization ) che togliere dalla circolazione nel giro di una notte i biglietti da 500 e da 1000 Rupie (equivalenti a circa 6,5 Euro e 13 Euro) è stato un grosso shock per l’India, dove l’87% delle transazioni avvenivano con denaro contante (più di quanto avviene in Russia, Brasile e Messico).

Anche se l’obiettivo del governo era principalmente quello di colpire gli evasori fiscali e di redistribuire il reddito, a soffrire di più da questa manovra sono stati probabilmente i poveri, in particolare le donne e i contadini. In India le persone con un reddito basso difficilmente hanno un conto in banca, e anche se viene loro dato un certo tempo per aprirlo, spesso il basso livello di alfabetizzazione e le poche risorse economiche rendono loro difficile questa operazione. Possono anche avere difficoltà a raggiungere una banca, dato che solo il 27% dei villaggi indiani ha uno sportello bancario entro un raggio di 5 km. Le donne in particolare sono state penalizzate, perché la maggior parte di loro (l’80% secondo dati delle NU) non aveva un conto in banca fino al 2014.

A giugno 2017 viene pubblicato un articolo che commenta la situazione a distanza di parecchi mesi. Dana Kornberg cerca di spiegare perché una società ‘senza denaro contante’ rischia di danneggiare i più poveri (Why a ‘cashless’ society would hurt the poor—a lesson from India). L’autrice dell’articolo sostiene che il governo indiano ha trascurato di considerare gli effetti negativi che la politica della demonetizzazione avrebbe avuto sui poveri, che sono poco abituati a usare le banche. In India la fascia dei lavoratori poveri basa i suoi scambi commerciali quasi esclusivamente (il 97%) sul denaro in contanti, e la maggior parte delle transazioni monetarie implica delle relazioni personali dirette. Dana Kornberg ha svolto una ricerca sulla persistenza dell’economia informale a Delhi, mettendo in evidenza l’importanza degli scambi diretti di denaro per i lavoratori a basso reddito.

Come funzionano i giri informali di contanti a Delhi

Leggiamo alcune sue note. “Negli ultimi anni la mia ricerca si è concentrata sui raccoglitori informali di immondizie nella zona nord-occidentale di Delhi, dove questi spazzini raccolgono l’immondizia per conto dei residenti della classe media della città. Oltre a raccogliere la spazzatura, questi lavoratori costituiscono anche l’unico servizio di riciclaggio della città, perché separano e rivendono plastica, carta, metalli e altro materiale di qualche valore, come i capelli umani venduti per fare parrucche e il pane secco che serve come cibo per le mucche.

Il denaro che guadagnano dalla vendita di questi materiali permette loro di mantenere le proprie famiglie.

Anche se la mia ricerca era volta a capire come un’economia informale come questa sopravvive di fronte ai servizi che formalmente vengono offerti dal governo, ho capito anche come lo scambio diretto di denaro tra venditori e acquirenti di spazzatura aiuta a tenere insieme la struttura comunitaria, e a creare legami sociali stabili che funzionano al pari di veri contratti.”

Per 20 mesi – dal 2013 al 2015 – la ricercatrice ha intervistato più di 100 spazzini, compratori di immondizie, rappresentanti politici, e ha accompagnato i raccoglitori di immondizia nei loro giri quotidiani, dai luoghi di raccolta fino alle loro case, dove eseguono la selezione, e poi fino ai centri di riciclaggio. “La maggior parte degli spazzini che ho seguito vivono in case di bambù con tetti di plastica, su terreni privati. Lo spazio in casa è abbastanza ampio da permettere di separare 10 diverse categorie di materiali, con l’aiuto degli altri membri della famiglia, e di dividerli in sacchi, che gli acquirenti pagano in base al tasso di cambio del giorno e al peso dei sacchi. Ma i raccoglitori di solito non ricevono tutto il denaro che è loro dovuto, ma solo una piccola somma che serve per le spese quotidiane, mentre il resto viene ‘scalato’ dai prestiti regolarmente forniti in precedenza”.

Una donna sta facendo la cernita del materiale riutilizzabile dai mucchi di immondizia che sono stati raccolti nella zona nord-orientale di Delhi. (Credit: Dana Kornberg, Author provided)

In altre parole, gli acquirenti si comportano come ‘padroni’ responsabili, che si prendono cura delle necessità dei loro ‘dipendenti’. Gli spazzini a loro volta sanno di poter contare su di loro sia per avere il denaro contante per le spese quotidiane, sia per ottenere dei prestiti per affrontare spese più ingenti, in occasione di matrimoni, cure mediche, l’acquisto di un terreno o di una piccola abitazione nel villaggio di origine. Questo tipo di relazione arricchisce lo scambio di denaro di un altro valore, perché presuppone relazioni durevoli e capacità di negoziare. Anche gli acquirenti a loro volta sono coinvolti in scambi informali di denaro che dipendono da relazioni personali, senza che vengano coinvolte le banche.

Quando i contanti scompaiono

Allora, che cosa succede quando l’86% della moneta disponibile nell’intero paese scompare? La ricercatrice riprende il suo racconto. “Tornata in India il 1° dicembre 2016, quasi un mese dopo che il Primo Ministro Narendra Modi aveva annunciato che le banconote da 500 e da 1000 Rupie non avrebbero più avuto valore legale, un raccoglitore di immondizie che conoscevo mi raccontò la sua esperienza. Tre giorni prima dell’annuncio di Modi, Pintu era salito su un treno per raggiungere il suo villaggio, vicino a Calcutta: un viaggio di 24 ore. Aveva con sé 11 biglietti da 1000 rupie che il suo acquirente gli aveva dato subito prima della partenza. Di colpo quel denaro non valeva più nulla, e fece fatica a procurarsi anche un solo pasto per la famiglia. Ancora più grave fu il fatto che la gente come Pintu, ma anche come il suo datore di lavoro, incontrarono molte difficoltà a farsi scambiare le banconote vecchie con quelle nuove, da 500 e da 2000 rupie. La catena era stata spezzata: con la mancanza di denaro liquido dappertutto, i compratori non riuscivano a pagare i raccoglitori, che a loro volta non erano più in grado di mantenere le loro famiglie. Di fronte a questa situazione così difficile ci fu chi si chiese come mai il governo non si fosse preoccupato di assicurare alla gente povera una certa disponibilità di cibo. Mentre le persone appartenenti al ceto medio non avevano difficoltà a cambiare i contanti in banca, i poveri, privi di conti in banca, dovettero rivolgersi a cambisti informali, che applicavano tassi di scambio da strozzini. Senza risparmi, e con alti livelli di analfabetismo, questi lavoratori avevano poche opportunità di partecipare al sogno di Modi di informatizzare l’ economia indiana”.

Con gradualità…

Alcuni hanno avanzato l’idea che una società senza denaro contante sarebbe di aiuto ai poveri, per esempio perché ridurrebbe il tasso di criminalità e renderebbe più trasparenti i rapporti di lavoro. Le Nazioni Unite stanno guidando lo sforzo di più di 50 compagnie finanziarie, fondazioni e governi – inclusa l’India – per accelerare il passaggio dalle transazioni dai contanti ai pagamenti digitali, specificamente per “ridurre la povertà e alimentare la crescita inclusiva”.

Ci può essere del vero in questo: il rapporto economico diretto può facilitare pratiche di sfruttamento o di usura, dato il grande controllo che chi presta denaro esercita sui lavoratori. Quindi può essere saggio spostarsi gradualmente verso forme di scambio basate sui sistemi informatici. Certamente – però – la strada per attuare questa trasformazione è ancora lunga, almeno in India. Se la nuova frontiera economica è basata sulla digitalizzazione delle transazioni finanziarie, occorre studiarne seriamente le implicazioni prima di introdurle indiscriminatamente. Dallo studio di Dana Kornberg emerge la realtà di un’economia delle fasce più povere della popolazione indiana basata essenzialmente sullo scambio diretto di denaro. Occorre grande cautela se si vuole costruire rapidamente un futuro demonetizzato.

Demonetizzazione… informatizzazione … impatti…

La demonetizzazione dell’India fa parte di un processo che rapidamente sta modificando – in tutto il mondo – le relazioni interpersonali. Automazione e informatizzazione, mentre favoriscono certi processi (per esempio le possibilità di comunicazione a distanza) e rendono più efficienti e/o rapide tante operazioni (dai prelievi bancari alla compilazione dei registri scolatici…) , allontanano le persone le une dalle altre, riducendo le occasioni di contatto umano diretto; rendono opache le sequenze dei processi decisionali che portano a importanti decisioni politiche ed economiche (chi decide l’apertura di un nuovo supermercato? Chi ha dato l’autorizzazione alle recenti spese militari?). Inoltre l’espandersi della componente tecnologica nelle nostre vite ci fa perdere la consapevolezza dell’enorme interferenza che le nostre scelte provocano nei sistemi naturali, prelevando a ritmo crescente materia ed energia e abbandonando sempre più rifiuti ‘elettronici’: sistemi naturali dai quali siamo totalmente dipendenti, e le cui perturbazioni – come molto lentamente stiamo cominciando a capire – possono avere effetti inaspettati e irreversibili.

La demonetizzazione dell’India, oltre agli impatti sopra indicati sulle vite delle persone e sulle loro relazioni, introduce un significativo aumento dell’informatizzazione.

Su questo aspetto Norberto Patrignani, docente di Computer Ethics presso il Politecnico di Torino, aveva offerto qualche tempo fa (28 marzo 2017) una interessante presentazione al Centro Studi Sereno Regis, dal titolo “Slow tech: per un’informatica buona, pulita e giusta”. In tale occasione aveva citato un Principio, adottato nel 1999 in Olanda dal TransAtlantic Network for Clean Production Meeting, e conosciuto con il nome di Principio di Soesterberg: Each new generation of technical improvements in electronic products should include parallel and proportional improvements in environmental, health and safety as well as social attributes1.

Sulla sua relazione è disponibile una sintesi: Quale sostenibilità per il mondo virtuale? Inoltre il relatore aveva messo gentilmente a disposizione di chi fosse interessato le slide utilizzate durante l’incontro, che si possono scaricare a questo link.


Nota

1 “Ogni nuova generazione di miglioramenti tecnici in prodotti elettronici dovrebbe includere contemporaneamente miglioramenti paralleli e proporzionali nei settori ambientali, sanitari e sociali”.

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