Eugenia Paulicelli, Rosa Genoni. La moda è una cosa seria

Rosa Genoni. La moda è una cosa seria

Angela Dogliotti

Eugenia Paulicelli, Rosa Genoni. La moda è una cosa seria. Milano Expo 1906 e la Grande GuerraDeleyva editore, Milano 2017, pp. 312,  € 28,00

Per i tipi di Deleyva editore è stata pubblicata di recente, in italiano e inglese, l’opera di Eugenia Paulicelli su Rosa Genoni, La Moda è una cosa seria. Fino a poco tempo fa il nome di Rosa Genoni era poco noto, soprattutto nell’àmbito del movimento pacifista. In realtà, questa donna, nata a Tirano nel 1867 e trasferitasi a Milano a soli dieci anni per aiutare la numerosa famiglia con il suo lavoro di «piscinina» (come venivano chiamate a Milano le giovani apprendiste di sartoria), divenne in seguito una figura importante come disegnatrice di moda e promotrice dell’ italian style, come insegnante  alla Società Umanitaria (di cui  diresse la sezione sartoria), come femminista e attivista per la pace.

Eugenia Paulicelli, docente di italiano, letterature comparate e Women’s Studies al Queens College e al Graduate Center, CUNY di New York, in cui dirige anche il programma di Fashion Studies da lei fondato, ne ha raccontato la storia in questo saggio che intreccia le molteplici attività di Rosa Genoni, fornendone un ritratto insieme rigoroso e appassionato.

I cinque capitoli nei quali si compone il testo (seguiti da cinque corrispondenti capitoli di immagini) rendono bene questo intersecarsi di impegni professionali e civili:  dai primi tre, centrati sul suo fondamentale ruolo nella storia della moda italiana (il primo di essi ha il significativo titolo Moda, femminismo e costruzione della nazione in Rosa Genoni), agli ultimi due, che approfondiscono l’impegno politico e civile  di Rosa, sia nell’àmbito dell’emancipazione femminile (Primo Congresso Nazionale delle donne. Abbigliamento, lavoro e attività politica), sia nell’attivismo contro la guerra.

A proposito di quest’ultimo aspetto, è di notevole interesse il fatto che Rosa Genoni sia stata la delegata italiana (l’unica) al Congresso Internazionale delle donne dell’Aja, che ebbe luogo dal 28 aprile al 1 maggio 1915, nel quale circa mille delegate di diversi Paesi si ritrovarono, nel tentativo di opporsi alla carneficina della guerra e di trovare una soluzione negoziale al conflitto in corso. Grazie alla collaborazione tra femministe pacifiste europee come Aletta Jacobs, olandese, Rosita Schwimmer, ungherese, Emmeline Pethick-Lawrence, inglese, Alice Hamilton, Emily Green Balch, Jane Addams, statunitensi, fu possibile organizzare questo Congresso Internazionale, nel pieno della guerra. Nelle risoluzioni approvate,  si sottolineava  l’idea di una pace negoziata, senza vincitori né vinti, capace di resistere ad ogni tentazione di rivincita (cosa che non succederà, purtroppo, negli accordi di pace del dopoguerra, guidati dall’idea di una «pace punitiva»); si ribadiva il rapporto tra voto alle donne e pace, sottolineando la funzione politico-sociale della «cura», di cui le donne sono portatrici, come antitesi alla deriva violenta della società; si istituiva un Comitato internazionale delle donne per la pace permanente, con il compito di organizzare una delegazione per portare alle cancellerie europee la proposta delle donne per porre fine alla guerra. Rosa fece parte di una di queste delegazioni, quella che incontrò i rappresentanti dei governi olandese e inglese.

Il seguito di queste iniziative sarà la nascita al congresso di Zurigo, nel 1919, della WILPF (Women International League for Peace and Freedom), al quale Rosa Genoni non potrà partecipare perché non aveva ottenuto il passaporto, in quanto schedata come «sovversiva», «socialista», «anarchica». La sede milanese della sezione italiana della WILPF sarà poi a casa sua, in via Kramer, 6.

Il saggio contiene anche due Appendici: la prima con testi della Genoni e un ricco apparato bibliografico e una seconda con le immagini delle più importanti creazioni di modelli a opera di Rosa.

Completano il testo una Prefazione di John Davis e una Postfazione di Eleonora Fiorani, insieme a una nota dell’editore, Alessia Rinaldi.

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