Le “moderne” attività commerciali ci padroneggiano

Johan Galtung, Malvin Gattinger

Iniziamo con un esempio. Il più anziano degli autori di questo articolo comprò un appartamento in un grazioso complesso residenziale nella piccola cittadina di Manassas, nella Contea del Principe William, a mezz’ora dal centro di Washington. In questo complesso c’era un piccolo centro operativo con un ufficio e poco personale sempre presente e una sala riunioni che si poteva affittare e che era anche usata per l’assemblea annuale dei proprietari.

Quel che più importa, era sempre reperibile un bravo addetto alla manutenzione che era in grado di rimediare agli inconvenienti grandi e piccoli che possono verificarsi in un appartamento.

Il complesso era a tutti gli effetti pratici una cooperativa.

C’era naturalmente un canone mensile da pagare. Ma il criterio generale Q/P, Qualità/Prezzo, nel nostro caso Servizi/Canone, era più che soddisfacente.

Qui entra in scena il sistema “moderno” di fare affari, chiamato proprio così, come se “moderno” potesse giustificare l’attività commerciale di qualsiasi cosa faccia.

Sotto il loro ombrello stava non solo il nostro piccolo complesso residenziale ma molti altri dello stesso tipo che si trovavano nelle vicinanze. E il manico di quell’ombrello era molto lontano, in un grande distretto sotto il loro comando.

Il piccolo ufficio venne chiuso, non più personale stabile, ma presente solo quando facevano affari con palestra e piscina. Succede sempre qualcosa in un appartamento, ma l’addetto alla manutenzione non era più al suo posto, le disposizioni erano di “usare internet o l’elenco telefonico”.

Inutile dire che il canone era sempre quello, il medesimo di prima, ma con servizi quasi del tutto inesistenti. Il rapporto Q/P subì uno spaventoso ribasso. Ma nessun incontro fu di qualche aiuto, una delle risposte era “oggi è questo il modo di lavorare”.

Nessun dubbio. La cooperativa era diventata una gigantesca società. E di certo da qualche parte vi era un amministratore delegato molto ben retribuito e con personale ridotto, che mieteva canoni mensili, non scontava quasi nulla, passava il tutto a un consiglio di amministrazione, che senza alcun dubbio usava il capitale acquisito per espandere i loro affari “moderni”.

Conclusione? Si chiude, si vende la nostra parte di affari “moderni”, ci si trasferisce non solo fuori da Manassas ma anche dagli USA – affari commerciali “moderni” quasi dovunque.

Le “moderne” attività commerciali ci padroneggiano

L’autore più giovane divenne attivo in mercati dove sembra ormai perfettamente naturale pagare per fare qualcosa in proprio. Comprare cose online, scansionare i tuoi generi alimentari al supermercato – è tanto più veloce e conveniente, giusto?

Tuttavia il commercio moderno impersonale, pseudo-personalizzato ha i suoi lati oscuri specialmente online e nell’epoca degli “smart” phones; che significa ovunque e sempre.

Non esiste più un solo atto di acquisto dopo di cui siamo liberi di fare quello che vogliamo con il prodotto, ma c’è una dipendenza continua da un venditore che ama chiamare questa situazione “relazione con la clientela”.

Non possediamo più telefoni, computer e mezzi di comunicazione bensì otteniamo una licenza per usarli con modalità molto precise. Microsoft decide quando è tempo di riavviare e aggiornare il vostro computer, Apple e Spotify decidono quale musica ascoltate e Google decide come organizzate le vostre email e i vostri contatti.

Questi giardini chiusi possono anche piacere, ma di tanto in tanto qualcosa capita. Il vostro sistema operativo sembra improvvisamente diverso, o viene rimossa da un servizio una funzione da cui dipendeva il vostro lavoro quotidiano – ad esempio un news reader o una chat federata – per “migliorare e unificare l’esperienza della clientela” ma a quanto pare con il solo risultato di irritare i clienti.

Come fanno a cavarsela senza conseguenze? Non si può dire che le grandi società di tecnologie applicate non badino più ai propri clienti, anzi il contrario. Ma coloro che veramente sono loro clienti sono cambiati: Google è un’azienda pubblicitaria, non molto altro. Se usate i loro servizi di posta elettronica, fate conto di essere un dipendente di Google non stipendiato.

C’è un’analogia fra i nostri esempi.

Il mercato immobiliare era un modo con cui la gente si organizzava per dividersi costi e rischi. Oggi nelle città più grandi sembra che principalmente consista nel vendere le persone alle grandi società immobiliari.

I mercati online erano estensioni di quelli “reali”, e vendevano beni e servizi. Ora il mercato predominante è l’attenzione, fondamentalmente vende le persone ad aziende pubblicitarie.

Ci sono alternative? Certamente, sia non connessi che connessi a un computer: organismi immobiliari locali e cooperativi aiutano la gente a comprare le case in cui vive. E stanno nascendo gruppi similari anche per “l’immobiliare digitale”, i quali mettono a disposizione infrastrutture con tecnologie adeguate per chi vuole di nuovo essere un utente invece di un prodotto.

Inoltre i monopoli stanno incontrando una certa resistenza politica. Giusto due settimane fa l’Unione Europea ha inflitto una multa di 2.42 miliardi di Euro a Google per avere abusato del proprio monopolio di ricerca.

Fate attenzione al commercio “moderno”, che sia in rete o meno. Chi può sapere quali sembianze avranno alloggi e internet nel 2030? Saranno gestiti da imperi di società per azioni o da cooperative? Quali imperi di società sorgeranno e declineranno da oggi ad allora? Al presente possono sembrare insostituibili ma sovente dipendono da tecnologie che diventano obsolete – qualcuno ricorda la Kodak?


#489 | Johan Galtung and Malvin Gattinger, 10 Luglio 2017
Titolo originale: “Modern” Business Owns You

Traduzione di Franco Lovisolo per il Centro Studi Sereno Regis


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