Il Centro Studi Sereno Regis, i giovani e don Milani…

Angela Dogliotti

In questo anno e mezzo circa senza Nanni, il Centro Studi Sereno Regis ha cercato di proseguire il suo cammino, con forti elementi di continuità, ma anche con nuove aperture e percorsi di ricerca-educazione-azione in diversi campi.

Se dovessi dire cosa risulta più evidente, oggi, del lavoro del Centro, direi che è, forse, l’attenzione alle giovani generazioni.

Non che ciò non fosse presente anche prima, anzi: il settore di Educazione alla Pace è stato sempre una colonna del Centro, con una grande attenzione non solo al cosa, ma anche al come costruire la pace e con chi, sia in ambito scolastico, sia in contesti di associazionismo e di movimento, sia nel campo dell’educazione formale che in quello dell’educazione informale.

Tuttavia oggi, ed è emerso bene nell’incontro svoltosi alcuni giorni fa tra i soci del CSSR e il gruppo dei giovani attivi in diversi progetti del Centro, l’attenzione prevalente è legata ad un tentativo di rendere concreta la cultura della nonviolenza, a partire dalle opportunità, ma anche dalle difficoltà e dalle carenze che tutti viviamo nella nostra società in crisi e che diventano particolarmente critiche per le nuove generazioni, soprattutto quelle più svantaggiate.

Saper usare criticamente i nuovi linguaggi e gli strumenti di comunicazione offerti dalla rete, saper contrastare i messaggi di violenza che diventano virali in tempi ristrettissimi, contribuendo a propagare una cultura di sopraffazione e di uso strumentale degli altri e della natura, ad esempio, sono aspetti ineludibili, che interpellano una cultura della nonviolenza capace di rispondere alle emergenze dell’oggi.

Non è difficile, a questo punto, capire cosa c’entri tutto ciò con don Milani.

In questo cinquantenario dalla sua morte molti lo ricordano e sono usciti diversi libri su di lui, tra cui l’atteso lavoro scientifico di raccolta dell’opera omnia curato da Alberto Melloni.

Anche il Centro Studi ha deciso che il suo convegno annuale, il 6-7 ottobre prossimo, organizzato in collaborazione con il Mir_Movimento Nonviolento, la Fondazione Nocentini e il Convitto Umberto I, rifletterà sull’oggi a partire da don Milani e in quell’ambito presenteremo anche il libro scritto da Michele Gesualdi su di lui.

Ma non è questa la sede per ricordare tutti i meritevoli lavori pubblicati in questi ultimi tempi (alcuni dei quali già recensiti su questa NL), piuttosto per ricordarci la radicalità di un’esperienza come quella milaniana che ha mille risvolti , ma che nella sua essenza si propone di:

  • dare la parola a chi non ce l’ha (oggi sono soprattutto i migranti, nel senso più classico dell’imparare la lingua italiana, ma anche i giovani, rispetto all’uso critico dei nuovi linguaggi dei media);

  • vivere la politica come ricerca collettiva di soluzioni ai problemi, insieme concreti e globali, (e più o meno avvertiti come propri) che, oggi più che mai, sono problemi di tutti, nessuno escluso (dalle disuguaglianze al riscaldamento globale, all’insostenibilità del nostro modello di sviluppo, all’imperversare di guerre e terrorismi);

  • cercare strade alternative alla violenza e alla guerra nell’affrontare i conflitti. Quelle che don Milani indicava come le strade maestre dello sciopero e del voto, potremmo dire che si sono arricchite con tutte le strade della nonviolenza gandhiana, che è assunzione di responsabilità personale nelle scelte, private e politiche, di contrasto alla violenza attraverso la disobbedienza civile, la lotta satyagraha, la trasformazione nonviolenta dei conflitti, l’assunzione di un modello di difesa civile, non armato e nonviolento, come quello proposto dalla Campagna “Un’altra difesa è possibile”.

Ma per tutto questo servono, da un lato, una visione e una prospettiva di futuro, dall’altro la capacità di collegarsi e saper rispondere ai bisogni reali di chi vive intorno a noi, in particolare i giovani, quelli che possiamo incontrare nelle attività che facciamo.

Come ha fatto don Milani.

Adele Corradi, l’insegnante che collaborò per anni con don Lorenzo a Barbiana e che venne a insegnarci il metodo della scrittura collettiva in uno dei campi estivi degli insegnanti nonviolenti che si svolgevano a Barbiana negli anni Ottanta (Nanni era sempre presente), chiude il suo bel libro di “frammenti sparsi, affioranti alla memoria col disordine dei ricordi” con queste parole:

Era ormai primavera.

Ed erano quasi nove mesi che si lavorava alla Lettera.

Ma ancora non era finita e ogni tanto affiorava la tensione.

Perché la malattia avanzava.

E il tempo si faceva sempre più breve.

Bisognava fare in fretta.

Ma una mattina, i ragazzi si erano appena alzati dal tavolo dove si lavorava e c’ero solo io in camera con don Lorenzo, in piedi accanto al tavolo, perché anch’io stavo per andarmene: “Non ho paura” disse a un tratto, e mi fermai.

Di cosa non avere paura?, mi domandai ascoltandolo senza guardarlo.

Non ho paura di non fare a tempo a dire tutto quello che mi rimane da dire…Non importa che io lo dica…La verità si fa strada da sola”.1

Ecco, la verità si fa strada da sola, basta mettersi in atteggiamento di ascolto e poco per volta, forse, la nonviolenza, la semplicità volontaria, la sostenibilità sociale e ambientale diventeranno parte di una nuova visione del mondo per tutti, o per scelta o per necessità ….

L’auspicio è dunque quello di una presenza sempre più attiva e partecipe di tanti giovani alla vita del Centro per raccogliere e portare avanti, con le loro forze, energie e creatività, questo testimone .


Nota

1 Adele Corradi, Non so se don Lorenzo, Feltrinelli, Milano, 2012, pag.140

1 commento
  1. Cinzia Picchioni
    Cinzia Picchioni dice:

    Comm-ento comm-ovente: grazie cara Angela. Questo scritto mi fa sentire meno la mancanza di Nanni… ma non so perché… so solo che è così, e che l'hai fatto tu.
    Cinzia

    Rispondi

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