La guerra è follia

Enrico Peyretti

Alfred Hermann Fried, La guerra è follia, Centro Gandhi, Pisa 2015, pp. 208, € 20,00  

Il libro è il diario (1914-1919) del pacifista austriaco Alfred Hermann Fried, Premio Nobel, tradotto da Francesco Pistolato. Le vittime civili previste sono un male calcolato – sia dagli eserciti statali, sia dai terroristi – per uno scopo considerato positivo, cioè una vittoria militare sul nemico.
La vittoria militare richiede di fare tanta violenza, anche indiscriminata, più del nemico. Altrimenti vince lui.

Ci sono casi estremi in cui siamo obbligati, per evitare un male peggiore, a fare la guerra? Sì, ci sono, per il fatto che noi – nella logica dominante considerata ragionevole, pratica, doverosa – siamo folli e criminali. È per questo che conduciamo le cose a quel punto. In una catena di folli errori, l’ultimo errore (che ne genera altri) è davvero inevitabile.

Il problema di non sfracellarsi non è a 5 metri dal suolo: è ben prima.

Non è ragionevole adattarsi a questa necessità – dunque: eserciti, arci-armamenti, finanza e politica di guerra; l’unica ragionevolezza per vivere è la rivoluzione copernicana di Gandhi nella teoria e prassi del conflitto, consegnato non più alla potenza materiale delle armi (che è l’antitesi del diritto e della ragione, dice Bobbio più volte), ma alla potenza umana della volontà, arte e forza nonviolenta collettiva.

 

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