Cyberbullismo under 13, quando la Rete fa paura | Lia Curcio

Cyberbullismo-online-tra-ragazzi-800x400-800x400Cresce l’utilizzo del web da parte dei giovanissimi ed è costante la crescita di utenti under 13, le cui giornate sono caratterizzate da una frequente presenza fra le pagine e le chat dei principali social network. I dati che emergono da un’indagine condotta da Telefono Azzurro insieme a Doxa Kidse inseriti nell’ebook Il Nostro Post(o) nella rete ci mostrano l’ampiezza del fenomeno: il 73% degli adolescenti usa abitualmente Whatsapp, il 44% Facebook, seguito da Instagram (35%), Snapchat (13%) e Twitter (10,8%).

Il web e i social network, però, non costituiscono solo nuove opportunità di comunicazione ma covano anche dei pericoli. Riprendendo i dati della ricerca del Telefono Azzurro, il 48% dei giovani intervistati ha paura di incontrare su internet persone che non sono chi dicono di essereil 41% teme di ricevere richieste sessuali da adulti o di essere molestati nelle app di gioco (36%).

La ricerca è stata illustrata nel corso dell’evento ”Insieme per un web più sicuro”, organizzato a Roma alla Camera dei Deputati in occasione del 13° Safer Internet Day – Giornata mondiale per la sicurezza in Rete promossa dalla Commissione europea e celebrata il 7 febbraio 2017 in contemporanea in oltre 100 nazioni di tutto il mondo.

Tra i temi della sicurezza in rete, oltre a quello del dilagante odio online che colpisce soprattutto le donne, un fenomeno in crescita è quello del“cyberbullismo” o “bullismo digitale”, dove le azioni ed i comportamenti di sistematica prevaricazione e sopruso messe in atto da parte di un singolo o di un gruppo (i “bulli”) nei confronti di una persona percepita come più debole o “differente” dai pari, sono attuate online e gli strumenti che permettono di ferire e offendere la vittima prescelta sono smartphone, giochi online e social network. Attraverso i social, le vittime vengono offese, derise e isolate in modo ripetuto nel tempo; in aggiunta, i social fanno sì che il numero di coloro che vengono a conoscenza di quanto sta accadendo sia potenzialmente illimitato. Per questo motivo, le vittime di cyberbullismo si possono sentire senza via di fuga, perché episodi di prevaricazione possono avvenire ovunque esse si trovino (anche quando sono nella loro cameretta da soli e i genitori li credono tranquilli…), a qualsiasi ora del giorno e della notte.

Chi crede che il bullismo informatico sia un problema di poco conto si sbaglia di grosso. Lo studio della Microsoft “Digital Civility Index” (febbraio 2017), ci dice che in Italiacirca 2 ragazzi su 3 dichiarano di aver avuto esperienza diretta o indiretta di fenomeni di cyberbullismo. Inoltre, tra le vittime della violenza on line una su dieci ha tentato togliersi la vita, una pari percentuale pratica autolesionismo e il 77% delle vittime si dichiara depresso e triste (ricerca effettuata da Skuola.net e AdoleScienza.it).

Una strategia educativa dei giovani che coinvolga anche la scuola e i genitori è una priorità per contrastare il fenomeno del cyberbullismo e in questa direzione vanno gli interventi del Centro Studi Sereno Regis di Torino, che lavora con i giovani per l’educazione alla pace e alla trasformazione nonviolenta dei conflitti nel vivere quotidiano. «Abbiamo iniziato ad occuparci di cyberbullismo nel 2013, quando abbiamo visto crescere tra i giovani il fenomeno della violenza in rete, con l’emergere di situazioni per lo più sconosciute alle scuole e ai genitori – Spiega Umberto Forno, direttore del Sereno Regis. La ricerca dell’Università La Sapienza e della Polizia Postale illustra come le condotte particolarmente ridicolizzate in rete riguardino le caratteristiche percepite dai giovani come non “Smart”: comportamenti di timidezza e di non aggregazione a gruppi forti, l’aspetto fisico e l’abbigliamento, la non propensione verso le trasgressioni, la religione, la dipendenza da genitori, il “mostrarsi paurosi”. Pesa la scarsa consapevolezza delle regole della rete, degli effetti di comportamenti aggressivi e dell’impatto sulla vittima. Secondo la ricerca infatti, per 8 giovani su 10 l’insulto social non è grave.

«Nel cyberbuillismo, la violenza non è diretta ma è mediata dalla tecnologia – continua Umberto Forno del Sereno Regis -. Questo fa sì che la percezione della violenza inflitta sia minore. Stiamo attivando sia a livello torinese che in rete con altri operatori in Europa, dei percorsi di peer education per rendere i ragazzi più coscienti del fenomeno e dei danni provocati. Abbiamo trovato una forte voglia di reazione positiva da parte dei ragazzi e oggi abbiamo decine di studenti che sensibilizzano i propri pari nelle scuole superiori e medie. L’utilizzo del teatro e di altre forme artistiche nelle pratiche educative con i ragazzi facilita la loro comprensione del fenomeno, una maggiore empatia verso l’altro e un cambiamento di comportamento. Nelle attività emergono sempre i tre ruoli della violenza: la vittima, il cyberbullo e l’indifferenza dei compagni. Ora stiamo sperimentando una modalità di dialogo che parta dai ragazzi non solo verso i loro pari, ma anche nei confronti delle famiglie, che spesso non riconoscono il fenomeno. L’obiettivo è sollecitare le famiglie a trovare degli strumenti di protezione dal cyberbullismo grazie ai segnali di allarme che arrivano dagli stessi ragazzi».

Anche le istituzioni hanno preso coscienza della gravità del fenomeno: il 7 marzo 2017 è stato istituito il Cnac, Centro Nazionale Anti-Cyberbullismo, ed è in itinere il percorso parlamentare per l’approvazione della legge nazionale che punta a contrastare il fenomeno del cyberbullismo. Nel frattempo, è notizia del 20 marzo che anche la Regione Piemonte ha avviato l’iter per una legge regionale che aiuti la prevenzione e il contrasto del bullismo in rete.

Informazioni utili: Il telefono azzurro ha istituito il numero1.96.96 per supportare le giovani vittime di cyberbullismo. Possono chiamare bambini e adolescenti che desiderino raccontare piccole e grandi difficoltà che si trovano a vivere. Alla medesima linea possono rivolgersi anche adulti che intendano parlare di problemi che coinvolgono minorenni.

Fonte: Unimondo


Lia Curcio

Sono da sempre interessata alle questioni globali, amo viaggiare e conoscere culture diverse, mi appassionano le persone e le loro storie di vita in Italia e nel mondo. Anche per questo, lavoro nella cooperazione internazionale con il ruolo di comunicazione ed ufficio stampa per una Ong italiana. Parallelamente, mi occupo di progettazione in ambito educativo, interculturale e di sviluppo umano. Credo che i media abbiano una grande responsabilità culturale nel fare informazione e per questo ho scelto Unimondo: mi piacerebbe instillare curiosità, intuizioni e domande oltre il racconto, spesso stereotipato, del mondo di oggi.

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