Appunti sulla Strategia Nonviolenta (Parte 2)

Michael Nagler

Questo post è la seconda parte di una serie di due. La parte 1 si focalizza sugli aspetti  esteriori di una strategia: creare un movimento nonviolento proattivo ed a lungo termine. Questa parte si concentra sugli aspetti interiori della strategia: esplorare chi siamo come esseri umani e costruire vite piene di significato.


L’uomo sembra essere l’incarnazione del volere. E’ al desiderio che pensa e il desiderio, in definitiva, è quello che ottiene. Ascolta il tuo vero essere o ci saranno brama, azioni sbagliate, impotenza, tristezza e morte. (Anandamayi Ma)


Mi capita sempre più spesso, ascoltando i dibattiti e le discussioni scatenate dalla crisi attuale, di pensare che affinché questa crisi abbia un senso per noi stessi e per gli altri dovremmo partire da lontano, da qualcosa di semplice. Dobbiamo porci, ciascuno di noi, tre domande:

  • Chi sono come essere umano?
  • Di cosa ho bisogno per sentirmi realizzato?
  • Come diventerei, che forma avrebbe la mia realizzazione personale?

Se questo vi sembra fuori luogo – chi può concedersi il lusso di buttarsi nella filosofia quando il mondo sta andando in fiamme? – non siete i soli. Nel mondo in cui viviamo, in questa cultura post-industriale o comunque la si voglia chiamare, la sola idea di porsi domande così profonde è fuori discussione. Non viene mai in mente alla maggior parte di noi. Ma è proprio per questo che penso che dobbiamo farlo. Perchè le nostre risposte non dette a quelle domande ci guidano nell’azione e perchè non ci viene mai in mente di “ascoltare il nostro vero essere”, come ci esorta a fare la grande santa del moderno Bengala, il destino su cui cerca di metterci in guardia sembra proprio essere quello che stiamo vivendo adesso.

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Detto questo, lasciate che io dia le mie tre risposte:

  • Siamo corpo, mente e spirito.
  • Una volta che abbiamo cibo, vestiario e alloggio, abbiamo bisogno di una rete di relazioni – una comunità – e soprattutto uno scopo più importante per cui vivere: abbiamo bisogno di un significato.
  • Possiamo diventare sempre più consapevoli della nostra natura spirituale e, quindi, dell’essere connessi, nella nostra essenza, con tutti gli essere viventi.

Queste risposte non sono una mia speciale scoperta, non c’è bisogno di dirlo: sono il riassunto della conoscenza tradizionale che Huxley chiama la “filosofia perenne”, comune ad ogni cultura (prima che alla nostra) e supportata progressivamente in ogni fase dalla scienza contemporanea. Per esempio, riguardo il secondo punto, una mole impressionante di letteratura scientifica ha stabilito da diverse prospettive l’importanza critica di un senso del significato, e la pervasiva demoralizzazione che stiamo attraversando per il fatto che, come ha recentemente affermato John Schumacher, “le assunzioni che sottostanno alla nostra obbedienza al consumismo sono fondamentalmente deumanizzanti”. Per questa ragione, continua, “la frustrazione, la rabbia e l’amarezza sono una controparte comune (io direi inevitabile)”.

Molto della discussione sulla crisi attuale ha portato alla luce, in modo corretto, che questa particolare Presidenza non solo non è venuta dal nulla ma non sarebbe risolta dalla messa in stato di accusa (cosa che, come mostrano i sondaggi, vorrebbe il 40% dei votanti). Ma da nessuna parte ho sentito il fatto, abbastanza ovvio in realtà, che abbiamo costruito questa cultura consumistica che ha ci deumanizzato, banalizzato e privati di potere fino al punto in l’ascesa di un narcisista con aspirazioni da dittatore è diventata inevitabile. Come cita la Chhandogya Upaishad, “colore che lasciano questo mondo senza sapere chi sono e cosa vogliono davvero non hanno libertà, nè in questo mondo nè nel prossimo.” I mass media in generale e la pubblicità in particolare sono gli strumenti culturali che stanno rendendo impossibile sapere chi siamo o cosa vogliamo.

Anche porre domande come quelle descritte qui è un atto essenziale, sovversivo; rispondere, in un modo o nell’altro, lungo il cammino è rivendicare una posizione all’estremità della “Grande Svolta” o del cambio di paradigma culturale che devono verificarsi per salvare la nostra democrazia e il nostro futuro.


Posted on February 7, 2017 by Prof. Michael Nagler
Titolo originale: Notes on Nonviolence Strategy: Part 2
http://mettacenter.org/blog/notes-strategy-part-2/
Traduzione di Eleonora Ceccaldi per il Centro Studi Sereno Regis


 

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