Il “Safer Internet Day”

Fabio Poletto

Martedì 7 febbraio si è celebrata la Giornata Internazionale per la Sicurezza in Rete (Safer Internet Day, appunto), e anche il Centro Studi si è attivato per l’occasione.

Facciamo un passo indietro: di cosa si tratta? Il SID è un progetto internazionale promosso dalle reti INSAFE e INHOPE – network internazionali che in vari modi si occupano di sicurezza online e prevenzione di crimini nel mondo virtuale. Giunto quest’anno alla sua quattordicesima edizione, ha coinvolto associazioni in più di 100 Paesi, che hanno organizzato eventi e attività sotto lo slogan “Be the change: Unite for a better Internet”. In Italia l’evento principale, seguito e raccontato con attenzione dai media, si è tenuto a Roma con la partecipazione, tra gli altri, del Ministro dell’Istruzione Fedeli, della Sen. Elena Ferrara prima firmataria del disegno di legge contro il cyberbullismo attualmente in discussione alla Camera e dell’On. Milena Santerini presidente dell’Alleanza Parlamentare “No Hate” del Consiglio d’Europa.

In concomitanza con #SID2017 si è tenuta la prima Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo a scuola, un evento promosso dal Miur con il nome “Un nodo blu – le scuole unite contro il bullismo.” Queste mobilitazioni daranno impulso a numerosi progetti rivolti a contrastare il cyberbullismo e a far riflettere ragazzi e ragazze sull’uso consapevole del mezzo digitale e sull’importanza di assumere un ruolo attivo e responsabile nel rendere Internet un luogo sicuro e costruttivo. Tutte le iniziative #SID2017 si svolgeranno sotto l’egida di Generazioni Connesse e Safer Internet Centre Italiano, in collaborazione con numerosi enti pubblici e privati.

Torniamo però al punto iniziale: come si è attivato il Centro Studi per questa occasione, e come si occupa del tema ogni giorno? Il nostro impegno nelle scuole per contrastare bullismo, cyberbullismo e discriminazione dentro e fuori dal web è solido già da alcuni anni grazie alla sezione EDAP, e si concretizza in percorsi di educazione tra pari che coinvolgono ragazzi di scuole medie e superiori in diverse attività. Il 7 febbraio abbiamo comunque voluto mobilitarci in modo particolare, per inserirci all’interno di un movimento di portata europea e dare il nostro contributo all’azione. In due scuole, aiutati dai ragazzi che già seguono il percorso di peer education con noi, abbiamo portato un’attività di sensibilizzazione che ha coinvolto complessivamente più di cento ragazzi e ragazze tra i 14 e i 16 anni. Con loro abbiamo parlato di strumenti e conoscenze sicure per navigare in rete, della facilità con cui l’odio e i pregiudizi si diffondono sul web e delle conseguenze reali che possono portare, ma anche di cosa ognuno di noi può fare per contrastare, nel suo piccolo, la diffusione del fenomeno. L’attività ha ricevuto un buon feedback sia da parte dei ragazzi coinvolti che da parte dei docenti; questo ci incoraggia ad andare avanti nel nostro lavoro, che punta a percorsi inclusivi sul lungo periodo piuttosto che a interventi una tantum.

Perché occuparsi di odio online? Secondo una ricerca dell’Università degli Studi di Firenze in collaborazione con Generazioni Connesse e Skuola.net, la quasi totalità dei ragazzi di età compresa tra 14 e 18 anni usa i social network (Whatsapp, Facebook e Instagram i più usati); il 40% per almeno 5 ore al giorno. Molti si sono imbattuti in episodi di odio o violenza verbale online, tre su dieci hanno messo un like e uno su dieci ha commentato contribuendo all’escalation dell’odio. Di questi, alcuni ammettono che non avrebbero usato le stesse parole in uno scambio vis-à-vis.

Internet e in particolar modo i social network sono ormai parte integrante della vita quotidiana, uno strumento fondamentale per la realizzazione dell’individuo e la costruzione di reti sociali, soprattutto tra gli adolescenti. Ne consegue che ciò che avviene nel mondo virtuale ha ricadute concrete; ciò vale anche per l’odio e la violenza verbale, a partire dagli episodi di bullismo rivolti a un singolo fino a discriminazioni di maggior portata che colpiscono gruppi cospicui per una loro caratteristica.

Il problema ci pare particolarmente urgente da affrontare, aggravato da una crisi economica che ha acuito i conflitti sociali e l’avversione verso gruppi già discriminati o marginalizzati, e dal diffondersi di derive populiste in tutto l’Occidente (si pensi a USA, Gran Bretagna, Francia, Austria, Olanda, ma anche al dibattito pubblico e politico italiano). D’altra parte ci conforta vedere un movimento internazionale vario e ramificato che lavora per affrontare la questione: sensibilizzando ed educando, sviluppando strumenti per i cittadini/utenti, facendo pressione sulle istituzioni, affrontando direttamente chi semina odio. Il Centro Studi lavora sul territorio torinese con obiettivi e strumenti affini a quelli di tante altre realtà grandi e piccole in Europa, investendo soprattutto nei giovani e nell’educazione non formale, nello sforzo concreto di contribuire a sciogliere i punti di conflitto nel tessuto sociale e diffondere una cultura di rispetto, tolleranza e costruzione della pace.

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