Economia nonviolenta

Johan Galtung

Due termini importanti che si arricchiscono reciprocamente. “Nonviolento” diventa facilmente un discorso inconcludente, e “Economia” è troppo generico. Però, “nonviolento” rende diversa, in meglio, l’economia? E viceversa, riesce “economia” a far diventare “nonviolento” più positivo, altro che mera resistenza al male?

Iniziamo con “economia”, qui intesa come una successione di tre fasi: Natura, Produzione, Consumo. E di tre processi: Estrazione dalla Natura, Distribuzione da Produzione a Consumo, e Inquinamento da Produzione–Consumo di ritorno alla Natura. Il flusso di questo ciclo è nell’ordine: Natura ? Produzione ? Consumo ? Natura.

Un riepilogo alla buona dell’economia: gli esseri umani estraggono risorse dalla natura, producono–trasformano al fine di consumare, e rimandano alla natura quanto non possono consumare (gli economisti però, da bravi contabili, non hanno considerato quanto riguarda la Natura). E pretendiamo che tutto ciò sia nonviolento!

“Non nuocere!”, nonviolento, non è sufficiente. “Pace”, “pacifico” comprende la pace positiva – Peace Economics, A Theory of Development sono miei libri (Aspetti economici della pace, Una teoria sullo sviluppo; TRANSCEND University Press, 2012, 2010)–insieme a “fai del bene!”.

E: la Natura può evolvere meglio senza di noi, noi senza Natura no.

Arriva il denaro, e accelera il ciclo alla fase Distribuzione. Non solo prodotti in cambio di lavoro o di prodotti di altro genere bensì qualcosa in cambio di qualcosa allo stesso prezzo. Il generale flusso di denaro va in senso contrario al flusso del ciclo: esiste una domanda monetizzata da parte del consumatore (e una offerta da parte del produttore che stimola la domanda) che viene soddisfatta da una offerta monetizzata da parte del produttore, questa resa possibile dalle risorse naturali. Prestiamo attenzione al fatto che i consumatori pagano per i prodotti (beni e servizi), e che nessuno paga la natura; non solo depredata, ma abusata. Violenza.

Il denaro assume vita propria, generalizzata in “prodotti finanziari”, che includono i macchinosi “derivati”. Annessa all’”economia reale” per il consumo finale, esiste una “economia finanziaria” che ha come fine l’acquisto e la vendita di prodotti finanziari, senza consumo finale. Semplicemente va sempre avanti.

La nonviolenza verso la natura solo come non-impoverimento e non-inquinamento non è abbastanza efficace; è solo pace negativa. Una pace positiva con la natura aiuterebbe la natura, provvederebbe al suo bisogno di diversità e di simbiosi, aumenterebbe la diversità degli ecosistemi viventi e non, stimolerebbe la fotosintesi e le altre sintesi arricchendo la natura. Un modello di tutto questo è l’accorta gestione forestale, che con il diradamento fa sì che la luce del sole e (ma non troppo) l’acqua raggiungano le piante, gli alberi, gli animali. Si fa in questo modo anche nei parchi con animali, al contrario degli zoo così violenti con gabbie, etc. Dovrebbero essere vietati, senza indugio.

Ma la violenza sostanziale è la macellazione, per mangiare. Lasciate che la natura produca volontariamente i suoi frutti. Una economia nonviolenta è vegetariana e oltre.

Limita questo la sottrazione di beni a ciò che è “sostenibile”, a ciò che può essere di nuovo prodotto? “Sostenibile”, status quo, non va abbastanza bene, meglio “migliorabile”. Una natura migliore offrirà in maggior quantità quello che può essere estratto e meno violenza naturale, siccità-inondazioni-tsunami-terremoti. Una natura in pace con sé e con gli esseri umani, senza essere addomesticata come facciamo con gli animali. Arare i campi per coltivare monocolture, rimediare alla perduta diversità con fertilizzanti e veleni, è violenza. La permacoltura, diversa, simbiotica, è nonviolenta; arricchire la natura, che ci possa offrire più numerosi e migliori frutti.

Passiamo a Produzione-Distribuzione-Consumo, con ovunque esseri umani ma non “uomini misura di ogni cosa” come secondo Protagora. Senza alcun dubbio il nostro discorso sull’economia include anche la natura quale “misura”. Le ragioni sarebbero le medesime. Non nuocere agli esseri umani vuol dire soddisfare i loro bisogni fondamentali, per rimanere vivi, e per avere acqua e cibo, vestiario e riparo, salute, e istruzione per relazionarsi con gli altri. Non abbastanza positivo, noi vogliamo che l’economia reale e quella finanziaria facciano ambedue il bene degli esseri umani, per migliorare la loro condizione, non meramente che non nuocciano. Troppo modesto. O piuttosto un discorso portato avanti da persone non così modeste che vogliono proteggere un’economia al servizio delle élite, non della gente, apportando giusto alcune piccole modifiche?

Collaborazione, non competizione? Entrambe, la competizione è divertente, come nello sport, nel gioco, fintanto che perdere non danneggia realmente. Una falsa dicotomia.

La risposta sta nel dialogo, tra consumatori e produttori. Che i consumatori possano dire la loro su quanto viene prodotto farebbe anche l’interesse dei produttori. Un’altra risposta è la diversità, ciascun consumatore è un diverso individuo.

Invece di fare “indagini di mercato”, i produttori dovrebbero entrare in dialogo con la gente. Potrebbero scoprire che la gente, al posto di automobili che si somigliano tutte e sono uguali ad eccezione della classe, il che è funzionale a una società classista, vuole automobili più lente, più sicure, più simili alle automobiline dei parchi di divertimento. E computers che fanno il salvataggio in automatico, lasciando come opzione il cancellare.

Invece di indagare sulle persone per offrire delle proposte modellate sui loro “profili” di domanda, permettere alle persone di esprimere preferenze individuali e andare loro incontro. Pare che oggigiorno gli esseri umani siano sempre più individualisti e disuguali; e vogliono essere loro a controllare come soggetti, non essere manipolati quali oggetti.

In breve, parità tra i poli Produzione e Consumo, e similmente tra di essi e il polo Natura. Sebbene anche il ciclo stesso dovrebbe essere nonviolento: un ciclo con tre poli in tre continenti differenti è violento perché è fuori controllo, persino al di là della capacità di comprensione. Restringete il ciclo a livello regionale-statale-provinciale-locale per facilitare il dialogo equamente. Un argomento in favore del localismo.

La distribuzione fa uso di lunghe catene per far arrivare i prodotti ai consumatori, perfino attraversando confini di regioni e stati; trasporto a spese della Natura, costi a carico dei consumatori. Ancora un argomento in favore del localismo.

Economia finanziaria per investimenti nonviolenti; non serie di derivati per speculare a spese di molti. Da proibirsi, subito.

In un’economia nonviolenta non solo il consumo non provoca danno ma è un piacere, come gli incontri in spazio virtuale, o la guida senza rischi. O nel rendere il bere e il mangiare più piacevole. Per spegnere la sete basta tirar giù un po’ d’acqua. Ma qualsiasi cosa che abbia gusto dovrebbe rimanere in bocca un po’ di tempo, presso le papille del gusto e dell’olfatto. Masticate lentamente, senza la violenza del trangugiare. Quantità nonviolente di un buon vino o di un liquore sono da gustare e da annusare, non da sciacquarsi la bocca. Bon apétit!


#467 | Johan Galtung – 6 Febbraio 2017

Titolo originale: Nonviolent Economy

Traduzione di Franco Lovisolo per il Centro Studi Sereno Regis


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