Cittadini senza politica. Politica senza cittadini

Enrico Peyretti

Valentina Pazè, Cittadini senza politica. Politica senza cittadini, Edizioni Gruppo Abele, Torino 2016, pp. 157, euro 13

Ricongiungere politica e cittadini

Abbiamo presentato il 21 novembre al Sereno Regis (con Amedeo Cottino e Pietro Polito) un bel libretto, serio, scientifico, “Cittadini senza politica. Politica senza cittadini”, di Valentina Pazè, filosofa della politica, docente di Teoria dei Diritti all’Università (Ediz. Gruppo Abele, 2016, pp. 157, euro 13).  Raccolgo e riferisco solo qualche spunto dalla aperta discussione.

L’idea bella di democrazia è sempre a rischio, nelle attuazioni, di venire profondamente svuotata. Gli svantaggiati nella società oggi non si aspettano più nulla dalla politica, vista come “un gioco di intrattenimento della classe media”. I luoghi decisionali sono dislocati, fuori dal controllo. Da ciò il voto di rifiuto, o il non voto. La politica, i partiti, sono squadre personali, utili al capo, e il secco decidere prevale sul discutere, ragionare, persuadere, per poter decidere. Si arriva alla politica immediata, alla pura conta numerica. Colpa anche di una assenza della cultura.

Esiste un popolo, oppure c’è una accozzaglia di individui, ciascuno per sé? Se non c’è popolo, con un cammino comune, anche dialettico e conflittuale senza violenza, non c’è democrazia. Le forme democratiche sono facilmente manipolabili da oligarchie, strumenti di interessi più potenti dei popoli, attivi nell’ombra, senza volto. Forse la democrazia è stata una bella illusione moderna? Quella classica di Atene era ben limitata, ma lanciava l’idea. La nostra moderna è fallita per rinuncia o impreparazione dei popoli? per illusione illuministica? per la complessità della vita sociale, in mano a chi ha forza e mezzi? per lo sgretolamento individualistico? per l’astuzia di chi la usa senza rispettarne le regole essenziali? per caduta etica? E’ del tutto fallito il compimento della democrazia in “onnicrazia” (Aldo Capitini), potere veramente distribuito con giustizia fra tutti? La preoccupazione è vera, ma disperare è arrendersi. Bisogna ancora resistere e cercare.

La democrazia è “vincere”, gli uni contro gli altri, oppure è rappresentare tutti, lavorando per tutti? Ci sono partiti contro la gerarchia, però con una dura gerarchia personale interna! Ci vuole partecipazione, ma l’informazione aiuta a sapere? Per esempio, si fa credere che il debito è cresciuto per le spese sociali, e invece è stato per salvare le banche.

La democrazia è usurata: il referendum costituzionale attuale è una rissa confusa tra rabbia e speranza, tra potere difeso coi denti, e assalto al potere. La malattia non si cura con misure tecniche. Valentina Pazè propone un’alternativa radicale tra due modelli: 1) democrazia immediata, o di investitura, esaurita nella scelta di capi a governare per cinque anni, senza intralci di soggetti collettivi; 2) democrazia mediata, o di indirizzo, dove il popolo sovrano elegge organi rappresentativi (art. 1 Cost.) e anche partecipa attraverso partiti, movimenti, associazioni che danno forma e voce alle istanze della società.

La scelta tra i due modelli è all’ordine del giorno, sia nel referendum costituzionale, sia in tutta la cultura o consapevolezza popolare che può formarsi. O democrazia rappresentativa, consensuale, oppure maggioritaria, consegnata, che si dice “consolidata”, stabile. Si rischiano autocrazie elettive, democrazie capovolte. Per Schumpeter la democrazia è elezione di un governo. Per Kelsen è la ricerca ragionata e nonviolenta di un consenso in un’assemblea che rispecchi tutti gli interessi e idee. Il potere legislativo è diverso dal potere esecutivo. Invece la legge elettorale Italicum impedisce il pluralismo, designando un solo partito e il suo capo.

Col primato dei mercati sulla politica, in nome della “stabilità” ogni mezzo è buono. Nella “democrazia finanziaria” non c’è differenza tra chiunque vinca, nel gioco così limitato. Ricordiamoci che 24 su 28 paesi europei hanno il sistema elettorale proporzionale, maggiore garanzia di custodire e promuovere una democrazia di tutti, non preda dei luoghi decisionali dislocati.

1 commento
  1. Giuseppe Casadio
    Giuseppe Casadio dice:

    Non ho ancora trovato il testo in libreria; tuttavia mi pare lo sviluppo dei temi già trattati nel bel libro "In nome del popolo". Tutto confermato nel travaglio politico ulteriormente acuitosi dopo il risultato del Referendum Costituzionale.

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