“Palestina occupata”, scenari mondiali incerti e Diritto Internazionale | Luca Cellini

“Palestina occupata”, scenari mondiali incerti e Diritto Internazionale
Gerusalemme: la moschea di Al-Aqsa e il muro del pianto (Foto di Archivio Pressenza)

LA RISOLUZIONE UNESCO “PALESTINA OCCUPATA”

13 ottobre 2016, questa la data riportata sull’approvazione dell’ultima Risoluzione dell’Unesco dal titolo “Palestina Occupata”.

Qui il testo-risoluzione-unesco-palestina-occupata-tradotto-in-italiano che riportiamo allegato.

In sintesi la risoluzione approvata  dall’Agenzia delle Nazioni Unite chiede allo Stato d’Israele di ripristinare lo status quo storico dei luoghi santi, compromesso dall’ultima occupazione israeliana. Si sta parlando di quella risalente al settembre del 2000,  che ha visto progressivamente compromettere lo stato originario di vari siti elencati nel testo stesso della risoluzione. In particolare si fa riferimento alla costruzione di un blocco d’ingresso nella città di Gerusalemme che impedisce ai credenti musulmani l’accesso ai loro luoghi santi.

Per comprendere meglio i termini della questione, è un po’ come se un domani nella cattolica Italia, un altro Stato, magari non cristiano, bloccasse l’accesso dei fedeli alla Basilica di San Pietro.

LE REAZIONI ALLA RISOLUZIONE UNESCO

Dopo l’approvazione della risoluzione, è seguita immediata l’ira dei rappresentanti Israeliani contro l’Unesco per non tener in nessun conto nel testo della risoluzione, delle millenarie radici ebraiche e dei luoghi di culto ad esse legate, come ad esempio il muro del pianto, successivamente ne è nata un’aspra polemica che si sta trascinando anche in questi giorni. L’Italia in questa votazione ha espresso la propria posizione astenendosi.

Senza entrare nel merito della risoluzione dell’Unesco, che meriterebbe un articolo di approfondimento a parte, teniamo però bene a mente questa data, perché nel bene o nel male, con l’approvazione di questa risoluzione si è venuta a creare una precisa condizione. L’esito della risoluzione favorevole all’Autorità palestinese ha aperto una vera propria frattura in seno a quello che fino poco tempo fa era un fronte compatto, un blocco, quello occidentale, che per lungo tempo si è quasi sempre schierato a difesa degli interessi economici e politici dello Stato d’Israele.

Un “consenso” alle politiche israeliane, qualunque esse fossero, a volte manifestato spontaneamente da tutti i paesi del blocco occidentale, altre volte ottenuto tramite la forza delle “efficaci argomentazioni” promosse in primis da Stati Uniti d’America e Regno Unito. Paesi quest’ultimi che per molto tempo hanno esercitato una convincente politica estera, attraverso l’applicazione, a loro dire “democratica”, di una indubbia strapotenza bellica ed economica.

Questa risoluzione dell’Unesco è un segno inequivocabile che qualcosa di sostanziale nell’assetto degli equilibri, o meglio dei disequilibri mondiali che hanno caratterizzato gli ultimi 25 anni di storia, è cambiato.

La risoluzione, sostenuta dall’Autorità palestinese e presentata da 6 paesi – Algeria, Egitto, Libano, Marocco, Oman, Qatar e Sudan – ha scatenato nell’immediato reazioni di vario tipo, da quella del governo israeliano, che ieri per voce del Ministero dell’Educazione ha annunciato la fine di ogni rapporto di cooperazione con l’Unesco.

Lettera del Ministero dell'Educazione israeliano dove si dichiara la sospensione della collaborazione con l'Unesco

Dichiarazione sospensione cooperazione del Ministero dell’Educazione israeliano con l’Unesco

Tra le varie reazioni si è registrato inoltre il forte rammarico espresso dai governi di Stati Uniti e Regno Unito, il surreale comportamento del Messico, che il giorno dopo l’approvazione della risoluzione cambia frettolosamente la propria opinione modificando il proprio voto da astenuto a contrario, la dichiarazione di plauso espressa da Iran e altri paesi arabi. Fino ad arrivare alla folkloristica sceneggiata del Primo Ministro italiano Renzi, che prima richiama sgridando a gran voce il Ministro Gentiloni, chiedendogli le motivazioni dell’astensione dell’Italia, comportandosi implicitamente come se a chiedere le motivazioni non fosse il capo di un Governo, che deve essere per forza a conoscenza delle attività dei vari organi di governo che presiede, bensì un semplice usciere di Montecitorio passato per caso, oggi infine il Premier italiano rinforza la dose dichiarando persino che se questa risoluzione andrà avanti si potrà anche arrivare alla rottura con l’Unione Europea.

TRE DATI FONDAMENTALI ALL’INTERNO DELLA VOTAZIONE DELLA RISOLUZIONE UNESCO

L’approvazione della risoluzione Unesco col voto favorevole di 24 paesi, tra cui Russia, Cina, Iran, Brasile, Sudafrica, Egitto e Algeria e in prima battuta persino il Messico, tanto per citare quelli più importanti, sommata all’astensione di 26 paesi, di cui ben 6 Stati europei, di fatto ha reso vano il voto contrario di paesi come USA, Regno Unito, Germania, Olanda, Lettonia ed Estonia.

Paesi votanti la Risoluzione Unesco "Palestina Occupata"

Paesi votanti la Risoluzione Unesco “Palestina Occupata”

All’interno di questo voto, nemmeno tanto nascoste, si possono scorgere tre implicazioni di grande impatto.

Il primo dato ci dice chiaramente che quello che fino poco tempo fa appariva un fronte unito, l’Asse Occidentale, composta da Stati Uniti, Regno Unito e Unione Europea, adesso non sembra più così tanto compatto.

Il secondo dato evidenzia che le politiche israeliane, che un tempo avevano vita facile e non venivano mai sanzionate da un consiglio internazionale di paesi, letteralmente piegato e ostaggio dell’Asse, invece adesso fanno i conti con un blocco che esprime il suo voto favorevole a delle sanzioni nei confronti del governo di un paese, quello israeliano, che da anni ha un comportamento totalmente al di fuori di tutte le regolamentazioni del Diritto Internazionale.

Il terzo dato ci racconta di un’Unione Europea ormai in preda a stato convulsivo pre-mortem. Un’Europa che sta procedendo in ordine sparso, con paesi come Germania, Olanda, Regno Unito, Lettonia, Estonia e Lituania che almeno apparentemente mantengono una posizione di obbedienza all’Asse e dall’altra parte un nutrito gruppo di paesi europei che comincia invece a manifestare sempre più una forma d’insofferenza agli stessi dettami che provengono dai paesi guida dall’Asse.

Il quadro che ne risulta potrebbe sembrare banale, ma non lo è affatto: si dipinge davanti ai nostri occhi uno scenario sempre meno prevedibile e molto complicato, soprattutto se inserito nel presente contesto di frammentazione crescente dell’Europa e nella situazione geopolitica attuale, con ormai una vera e propria guerra mondiale in atto nel Medio Oriente e nei paesi arabi che si affacciano sul Mediterraneo. Parliamo di guerra mondiale perché ormai sullo scacchiere si sono delineati due precisi blocchi opposti, che in definitiva difendono uguali interessi e metodi, ma riguardano aree geografiche e storiche differenti.

Utile ricordare come all’interno di questi due blocchi la popolazione civile del Medio Oriente sia quella che sta pagando il prezzo più alto per questa guerra, ma sarà anche saggio ricordare come l’Europa, geograficamente parlando, sia proprio nel bel mezzo di questi blocchi contrapposti.

L’APPLICAZIONE DELLE REGOLE DEL DIRITTO INTERNAZIONALE COME UNICA VIA DI USCITA

L’occupazione della Palestina e il conseguente conflitto israelo-palestinese, questioni irrisolte ormai da quasi settant’anni, tornano a ripresentarsi con sempre maggiore forza. Non parlarne, o voltarsi dall’altra parte facendo finta di non vedere non aiuterà certo la situazione generale di tensione internazionale che si è sviluppata e che si sta intensificando rapidamente.

L’uscita da questo film dell’orrore collettivo sarebbe di facile attuazione: basterebbe ritornare rapidamente all’applicazione delle regole del Diritto Internazionale, quelle stesse regole che stabiliscono le forme di convivenza pacifica e rispettosa fra i paesi.

Oggi più che mai le regole sancite dal Diritto Internazionale vanno applicate e non va certo bene continuare a pulircisi i piedi, come fossero uno zerbino.  E’ andata così in questi ultimi 25 anni, dalla caduta del blocco sovietico, dove gli Stati più forti, in testa gli USA e poi in ordine la Gran Bretagna e i paesi europei, in barba non solo al Diritto, ma anche alle varie risoluzioni ONU emesse, hanno violato ogni regola possibile, ogni principio del Diritto, minando nelle fondamenta un equilibrio già di per sé fragile.

Con quale autorità e credibilità si possono adesso presentare questi paesi occidentali, che proprio violando i principi del Diritto Internazionale hanno scatenato guerre, sostenuto dittature e venduto armi, ultimamente facendo persino affari con i cosiddetti terroristi? Come non definirli “Stati Canaglia”, termine coniato proprio dagli Stati Uniti per additare quei paesi contro cui si doveva scatenare la famosa “Guerra al terrore”?

Un concetto, quello del Diritto Internazionale, nato dopo due guerre mondiali e oltre 70 milioni di morti e che proprio per evitare altre catastrofiche guerre riconosce a tutti gli Stati il diritto all’esistenza e all’autodeterminazione.

Purtroppo i principi del Diritto Internazionale in questi ultimi decenni sono spesso stati sostituiti dal concetto di un mondo a trazione unipolare, con gli Stati Uniti, che grazie alla propria potenza bellica ed economica, finora si erano presi il ruolo di “Sceriffo mondiale”.

Ebbene, la storia stessa ci sta dicendo a gran voce che questa modalità non funziona più, che per risolvere i conflitti di varia natura e genere c’è bisogno urgentemente di riprendere la strada del Diritto Internazionale, che stabilisce regole uguali per tutti gli Stati, mentre finora le regole sono state applicate sempre a senso unico. Per questo motivo c’è bisogno di ripensare il mondo passando da una conduzione unipolare ad una multipolare, che riconosca i diritti di tutti gli Stati e non solo quelli di una parte.

Continuare sulla cattiva strada della legge del più forte non può che portare all’ulteriore aumento delle tensioni in atto, attualmente già molto forti. Più insistiamo in questa direzione, più ci avviciniamo all’orlo di un baratro catastrofico, da cui sarebbe saggio, oltre che igienico, allontanarsi rapidamente.

UNA STORIA DA TENERE BENE A MENTE

Un tempo la saggezza popolare, quando all’interno di un conflitto si veniva a creare una situazione senza via d’uscita, specie a causa della cieca ostinazione di una delle parti a voler prevalere per forza sulle altre, usava una famosa citazione biblica: “Allora che muoia Sansone con tutti i Filistei!” Era il grido di Sansone stesso mentre abbatteva le colonne portanti della struttura sotto cui si trovava, provocando così la sua morte, ma anche quella di tutti i filistei che lo avevano imprigionato.

Da questa triste storia sono passati migliaia di anni; da allora i rapporti di forza, i protagonisti e le condizioni sono radicalmente cambiati, però sappiamo bene che la storia è beffarda e tende a ripetersi, specie quando si dimentica la lezione che essa ci aveva impresso. Fortuna vuole che adesso si sappia già in anticipo come vanno a finire certe cose, perciò sarebbe bello immaginarsi almeno questa volta un finale diverso, senza più sacrifici né carneficine. Un epilogo che veda intraprendere una strada differente, che trovi finalmente fondamento nell’applicazione dei Principi del Diritto Internazionale validi per tutti.


Fonte: Pressenza – Agenzia di stampa

1 commento
  1. Claudio
    Claudio dice:

    A me invece non sembra affatto facile la soluzione. Cosa vuol dire applicare finalmente e con soddisfazione il diritto internazionale? Al di là della gestione dei siti sacri e archeologici su cui si è concentrata la risoluzione, non si può non tenere in considerazione il contesto più generale. Intorno a Israele c'è un mondo islamico che ne vuole la sparizione. è questo che, in fondo, vogliamo?

    Rispondi

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