Guerra e pace. Storia e teoria di un’esperienza filosofica e politica | Recensione di Paolo Candelari


cop_carlo-altini-a-cura-di-guerra-e-pace-storia-e-teoria-di-unesperienza-filosofica-e-politicaCarlo Altini (a cura di), Guerra e pace. Storia e teoria di un’esperienza filosofica e politica, il Mulino, Bologna 2015, pp. 334, € 26,00

Il volume è una raccolta di saggi curata da Carlo Altini, con lo scopo di approfondire la riflessione sul rapporto tra guerra e pace, concentrandosi principalmente sui modi in cui sono stati considerati nelle diverse epoche.

Guerra e pace sono condizioni esistenziali dell’uomo e coinvolgono non solo la politica ma anche l’antropologia, la religione e la filosofia. Nel loro studio esse ci rimandano, in ultima analisi, alla questione filosofica del male, come limitarlo, alla sua ineluttabilità o meno, e ci riportano alla relazione contraddittoria tra potere, questione del «male», guerra e pace. Il potere serve per frenare la violenza o per incrementarla? La pace deve essere garantita «dall’alto» (cioè dal potere) o deve svilupparsi «dal basso» (cioè in una prospettiva anarchica)? La natura umana è in sé socievole o aggressiva? Date le condizioni storiche delle società umane, organizzate gerarchicamente, una condizione generale e permanente di pace è da considerarsi possibile o utopistica?

Trattandosi di una raccolta di saggi di autori diversi ognuno approfondisce un tema particolare in un determinato contesto storico: si parte dall’antichità classica, da una analisi critica degli scritti di Tucidide, si affronta il rapporto tra potere politico e religione nell’impero romano, dove la religione veniva vista come accompagnamento delle guerre, più in senso strumentale che come loro giustificazione, e poi via via nel Medioevo e nel Rinascimento dove si sottolinea il sorgere del «monopolio della violenza» da parte dei nascenti Stati sovrani; la guerra a questo punto diventa un «affare di Stato», e la ricerca della pace è ricerca di un equilibrio tra Stati. Da un punto di vista della storia della pace è interessante il saggio di Maria Laura Lanzillo Progettare la pace, sui progetti di pace perpetua elaborati nel Settecento, dal Dessein di Sully a quello più famoso di Kant. Benché ognuno di questi classici contributi meriti di essere rimeditato, è però evidente che molte delle soluzioni avanzate nel passato sono inadeguate dinanzi alla realtà odierna.

Si arriva infine ai giorni nostri, con alcuni saggi che affrontano il rapporto tra concetto della guerra, progetti di pace e le scienze. Chiude il saggio di Elisabetta Borghi, dal titolo significativo, La globalizzazione del risentimento. Avendo letto questo saggio mentre mi giungevano le cronache drammatiche degli attentati di questa terribile estate (Nizza, Kabul, Dacca) l’ho trovato di una tremenda attualità. Ma l’aspetto più interessante è che la guerra non è più un aspetto delle relazioni tra Stati; gli attori delle guerre odierne sono spesso organizzazioni informali, reti a volte evanescenti: stiamo assistendo a un processo del tutto inedito di «individualizzazione» e di «informalizzazione» della violenza: esempio eclatante è il terrorismo. E forse proprio per questo torna di nuovo al centro la vecchia domanda sulla «natura umana» e sulle radici antropologiche della violenza. Quella stessa domanda che la modernità aveva potuto dimenticare, quando aveva fatto della guerra un «affare di Stato».

Nel corso dei secoli il pensiero occidentale si è interrogato a lungo sui legami che avvicinano la politica alla guerra e sulle modalità che consentono di «imbrigliare» la conflittualità all’interno di vincoli giuridici. Oggi i termini di quella vecchia riflessione si ripropongono ancora una volta, ma in forma nuova rispetto al passato. La «terza guerra mondiale combattuta “a pezzi”, con crimini, massacri distruzioni», di cui ha parlato più volte Papa Francesco, segna una svolta perché sembra dissolversi il presupposto del monopolio della forza fisica da parte degli Stati. Non basta più dunque l’equilibrio diplomatico tra Stati, mentre va superato il diritto internazionale come regolatore dei rapporti tra Stati.

Il «progetto di pace perpetua» del secolo XXI deve partire da un ripensamento di tutta la politica internazionale ma va accompagnato da un nuovo concetto di giustizia.

Questa ci sembra la sfida che sorge dalla lettura di questo libro. Sapranno i nonviolenti rispondere ad essa?

Carlo Altini è direttore scientifico della Fondazione San Carlo di Modena. Tra le sue pubblicazioni recenti: «Introduzione a Leo Strauss» (Laterza, 2009), «Democrazia» (a cura di, Il Mulino, 2011), «Potenza come potere» (ETS, 2012), «Utopia» (a cura di, Il Mulino, 2013), «Potenza/atto» (Il Mulino, 2014).

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