La Norvegia oggi — Compiacenza

Johan Galtung

L’Accademia di Hardanger è particolarmente impegnata su tre temi d’interesse ONU: pace, sviluppo, ambiente. Il convegno di quest’anno è stato inaugurato brillantemente da Vandana Shiva, un dono dell’India al mondo, che ha incluso tutt’e tre i temi con profonde intuizioni e un approccio olistico e molto dialettico, con forze e controforze in tutte le soluzioni proposte; e con il suo attivismo impegnato e ottimista. I media hanno perso un’occasione d’oro di riferirne al pubblico norvegese.

Vandana è stata invitata dall’India per una settimana, e si è incontrata con controparti e gruppi assai impegnati in Norvegia oggi, seppure non molto visibili nello spazio pubblico; ma l’Accademia di Hardanger proverà a cambiare la situazione.

Che cosa s’aggira per la scena pubblica in Norvegia? Un’immagine speculare a quanto domina la scena pubblica USA. Se i media USA dicono che dietro le enormi rivelazioni di WikiLeaks dal computer del Comitato Nazionale Democratico c’è un’azione di hacking russa, altrettanto dicono i media norvegesi. Se i media USA non ne comunicano il contenuto, così pure fanno i media norvegesi. Viene imitata servilmente la retorica generale della controversia Clinton-Trump, compresa l’idea che Trump sia un agente per Putin, e lo stesso vale per il silenzio sui tremendi massacri di Clinton quando era Segretario di Stato.

È il comportamento che ci si aspetterebbe da un compiacente stato cliente. E non basta. Qual è l’interesse essenziale dei media norvegesi? Lo stile di vita, in breve, sul versante positivo: vivere gradevolmente, nelle comodità; sul negativo: i tanti cedimenti personali, suicidi-omicidi, divorzi, alcolismo. La politica della vita quotidiana, personale; non male in sé, ma certo non come velo che avvolga la politica nazionale e globale.

E riguardo agli artisti norvegesi? Con alcune eccezioni, allineati anch’essi, concentrati intensamente sulla vita personale, sovente la propria, nei particolari più minuscoli. Nessun artista scrive sui cecchini militari norvegesi che ammazzano a man salva in Afghanistan, e sull’aviazione che bombarda in Libia per conto USA – salvo qualche caso addirittura presentato come utile esercizio d’addestramento.

Al tempo stesso la politica di pace della Norvegia – autodesignatasi stato di pace – in Palestina/ Israele, in Sri Lanka, sortisce nulla o peggio: il genocidio israeliano a Gaza, il massacro dei Tamil in Sri Lanka. Presentati anch’essi come utile addestramento dal leader, Erik Solheim.

Mera incompetenza? Senza dubbio un elemento. Le uccisioni norvegesi in Afghanistan col cecchinaggio sono state criticate da una commissione ufficiale capeggiata da Björn Tore Godal, ex-ministro degli esteri e della difesa. Conclusione della partecipazione norvegese dal 2001 al 2014: i taliban sono più forti che mai rispetto al 2001, e l’unico obiettivo ottenuto è “mostrare solidarietà e offrire sostegno agli USA, e contribuire a confermare la rilevanza della NATO”. Un dibattito più aperto, chiede Godal.

Quelli possono essere stati solo i fini, e l’Afghanistan solo il mezzo.

La crescita generale dell’armamento norvegese, forse la maggiore dopo quella USA, è alla base della politica estera norvegese: la paura millenaria della Russia da quando i vikinghi attaccarono: “Solo gli USA possono proteggerci se arrivano quelli”. Non solo più armi ma anche più armi offensive, “come deterrente”, dicono tutti loro, solo che dall’altro lato potrebbe essere interpretato come “per attaccare”. Al tempo stesso, si sopprime la difesa basata sulle milizie locali in Norvegia a favore di una “difesa da spedizione”, che vuol dire far comunella con gli USA ovunque; denominata “sicurezza”.

C’è una critica diffusa in ambito militare, sebbene sia per lo più zittita. L’idea generale è chiara: se le élite credessero davvero che “stanno arrivando i russi”, la risposta sarebbe stata una difesa molto maggiore del territorio norvegese. Ma è invece quasi assente.

Perché una tale politica estera-militare-securitaria? Perché è riferita agli USA, non alla Russia. La Voce che parla è quella del Padrone. Solido clientelismo. Ma c’è un’interpretazione aggiuntiva, più cupa. Non che le élite dei decisori non sappiano che gli USA intervengono e organizzano colpi di stato, invadono, uccidono di soppiatto, bombardano ovunque. Ma l’accondiscendenza può assicurare la Norvegia contro lo stesso fato: un’invasione USA della Norvegia.

Diamo uno sguardo a Dimitry Orlov, “The Power of ‘Nyet’ [Il potere del njet]. Gli USA decidono ciò che vogliono che faccia la Russia. La Russia dice ‘njet’.” Cluborlov 26 luglio 2016:

“È così che le cose dovrebbero funzionare su questo pianeta. Le strutture di potere USA, pubbliche e private, decidono che cosa dovrebbe fare il resto del mondo. Comunicano i propri desideri per canali ufficiali e ufficiosi, aspettandosi automatica cooperazione. Se questa non arriva subito, esercitano pressioni politiche, economiche e finanziarie.

Se ciò ancora non produce gli effetti desiderati, tentano un cambiamento di regime con una rivoluzione colorata (pretestuosa) o un colpo militare, oppure organizzano e finanziano un’insurrezione che porta ad attacchi terroristici e a una guerra civile nella nazione recalcitrante. Se poi tutto questo ancora non funziona, bombardano la nazione fino a ridurla all’età della pietra. Così è andata negli anni 1990 e nei primi 2000s, ma di recente è emersa una nuova dinamica.”

Come può fare così la Russia? Perché ha un’arma deterrente perfino per gli USA – motivo per cui odiano la proliferazione [delle armi di distruzione di massa]. La NordCorea può fare come la Russia; ha anch’essa bombe nucleari e sistemi di consegna (invio ai bersagli).

Non è strano, data questa realtà, che gli USA odino ancor più la Russia, e si semplifichino la vita restringendo la realtà russa a una persona, Putin, demonizzato quindi secondo la modalità descritta da Orwell in 1984. Il libro riguarda gli sforzi di costruire società irreversibili; si cita spesso “tutti gli animali sono uguali”, certo, ma meno significativo. Il titolo avrebbe dovuto essere 1985, l’anno in cui Thatcher e Reagan cercarono di costruire un mondo irreversibile, un ordine capitalista anglo-americano.

Tale “ordine” è appunto molto ben descritto da Orlov qui sopra. Il punto chiave è una paura degli USA empiricamente molto fondata, basata su quello che fanno gli USA. Però non lo si dica così apertamente perché non capiti lo stesso al temerario. Una cospirazione, sì; paranoia, no. Realismo.

Importa che la Norvegia accondiscenda per fiducia, per paura, o – più probabilmente – per tutt’e due? Lo fa. Se per amicizia, può darsi che la Norvegia assista l’imperialismo USA fino alla fine, facendosi sempre più nemici. La paura può servire come pretesto. E può motivare la Norvegia a mollare il suo rapporto paranoide verso la Russia a favore di una cooperazione non-militare; non si dovrebbe usare la minaccia di un’invasione russa come pretesto USA per la stessa cosa.

Per come stanno le cose attualmente, un’invasione della Norvegia da parte degli uni o dell’altra è uno scenario verosimile. L’han fatto Inghilterra e Germania nel 1940. Sicurezza?

Jondal_Hardangerakademiet


Nº 440 – Johan Galtung, 1 agosto 2016

Traduzione di Miki Lanza per il Centro Studi Sereno Regis


 

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.