L’islamofobia dei media dominanti alimenta una guerra senza fine | Mike Ludwig


2016_0520islamophobia29 marzo 2016. Gli abitanti del quartiere camminano nell’area del mercato di Molenbeek, un sobborgo di Bruxelles. Se si osserva più da vicino ciò che è accaduto a Molenbeek e in altri quartieri di Bruxelles ad alto tasso di immigrazione si mette in discussione l’idea che l’Islam sia tutt’uno con la fede che alimenta il terrorismo. Secondo una recente pubblicazione dell’American Friends Service Committee, i media che dominano i canali di informazione tendono a dipingere l’estremismo violento come un problema esclusivamente islamico, che si può risolvere solo con l’uso della forza (Daniel Berehulak / The New York Times).

E’ possibile che le notizie presentate dai media principali possano avere l’effetto dei tamburi di guerra?

Coloro che da lungo tempo sono impegnati per la pace sostengono che il loro lavoro è diventato molto più difficile da quando l’ ISIS (noto anche come Daesh) è diventato un nome familiare, e che questo ha molto a che fare con i modi in cui i media seguono e trasmettono notizie su forme violente di estremismo.

I ricercatori dell’American Friends Service Committee (AFSC) hanno esaminato 600 articoli di cronaca pubblicati dai giornali nazionali negli Stati Uniti, e hanno messo in luce una tendenza molto diffusa a presentare episodi di estremismo violento come un problema essenzialmente islamico, da risolvere con la forza.

Sfortunatamente gli interventi militari USA nel Medio Oriente, durante i quali l’attenzione dei media nel fornire le notizie è stata sempre focalizzata verso le manifestazioni di estremismo, hanno ripetutamente fallito nell’obiettivo di produrre una qualche forma di pace durevole. Eppure i risultati dei sondaggi realizzati a livello nazionale indicano che il 64% degli intervistati alla fine del 2015 era favorevole agli interventi militari in Iraq e in Siria, e il 66% della gente negli Stati Uniti pensa che aumentando gli sforzi bellici, alla lunga si otterrà il successo.

I ricercatori dell’AFSC hanno esaminato alcune delle più grandi reti di trasmissioni televisive e giornalistiche degli Stati Uniti, dalla CBS1 e NBC2 al New York Times e al Wall Street Journal; hanno anche analizzato fonti di informazione particolarmente prestigiose e in grado di influenzare l’opinione pubblica, come Politico e Foreign Affairs. Le notizie prese in esame provenivano da entrambi i lati del ventaglio politico – da Fox News come da NPR3 e PBS4 – ma i risultati sono stati spesso uguali.

La ricercatrice Beth Hallowell ha commentato: “Uno degli aspetti che ci ha colpito di più è stata la somiglianza tra questi articoli”.

Le manifestazioni violente di estremismo assumono forme diverse nel mondo, ma il 90% delle notizie in cui era indicata la parola ‘estremismo’ menzionava anche l’Islam, indipendentemente dal fatto che l’evento riguardasse l’Islam o i Musulmani. Solo il 13% delle volte la parola ‘estremismo’ risultava associata a ‘Cristianità’, e solo il 4% menzionava l’Ebraismo. Quasi due terzi degli articoli menzionavano l’ISIS almeno una volta, con al-Qaeda distanziato in seconda posizione.

Secondo gli autori di questo report l’analisi delle fonti mediatiche indica che la religione islamica viene presentata come fonte di violento estremismo, invece di mettere in evidenza che si tratta di una retorica religiosa radicale ad essere usata come arma e come strategia di reclutamento da parte di alcuni gruppi estremisti.

Anni di ricerche svolte dopo gli attacchi dell’ 11 settembre hanno messo in luce che l’abitudine dei mezzi di informazione di equiparare violenza ed estremismo con l’Islam ha contribuito a moltiplicare atti di violenza e discriminazione, e manifestazioni di odio nei confronti dei Musulmani, specialmente i musulmani di colore.

Il numero di azioni criminali motivate dall’odio compiute contro Musulmani negli Stati Uniti sono triplicate l’anno scorso, dopo gli attacchi terroristici a Parigi e in California, e i ricercatori del Center for American Progress hanno individuato una rete ben finanziata di falchi, esperti e gruppi politici che incoraggiano l’emergere di sentimenti anti-Musulmani attraverso le notizie trasmesse dai media.

Beth Hallowell ha affermato che le agenzie di stampa spesso presentano il tema del “terrorismo” entro una cornice che non tiene conto dell’intero scenario. Nei testi che la ricercatrice ha esaminato le situazioni vengono descritte per lo più come lo scontro tra “i cattivi spettacolari” contro “i buoni razionali”, anche se il mondo reale è molto più complicato di così.

L’American Friends Service Committee ha trovato che il 57% delle notizie presenta gli estremisti come psicotici, assetati di sangue e “irrazionali”, tuttavia il 61% delle notizie descrive, al contrario, quanto possano essere “razionali” questi soggetti: in questo scenario viene inserita anche l’abilità dell’ISIS di reclutare a livello internazionale e di utilizzare tattiche militari complesse. Un sorprendente 21% di notizie comprende entrambe le categorie.

Beth Hallowell sostiene che presentare gruppi come l’ISIS come “pazzi” e nello stesso tempo “freddi calcolatori” and “astuti” sia funzionale a suggerire che la violenza è l’unica via costruttiva per rispondere ai problemi che questi gruppi creano. La violenza non ha mai risolto problemi in Medio Oriente, ma sui media che dominano l’opinione pubblica si discute assai poco sulla storia e sulle complessità politiche che sono alla base dell’estremismo violento, anche se gruppi come l’ISIS non emergono dal nulla.

La violenza e il sensazionalismo hanno sempre aumentato le vendite dei giornali e aumentato gli indici di ascolto delle TV. Per questo, secondo Beth Hallowell, i problemi che si riscontrano nelle modalità di presentazione dell’estremismo sui media fanno nascere preoccupazioni per il fatto che i media dominanti risultano più interessati a indirizzare la discussione verso un’estensione della guerra invece di esaminare le radici reali della violenza e dei rivolgimenti politici.

Dall’analisi del testi risulta che un impressionante 75% delle notizie che raccontavano episodi di estremismo si concludevano con notizie di risposte violente al conflitto, come attacchi di droni e bombardamenti; solo il 16% citava risposte nonviolente, come incontri per discutere di pace o di sviluppo economico nei paesi in cui gli estremisti venivano reclutati. Alcune agenzie di stampa sono risultate più focalizzate delle altre sulla violenza: per esempio, Fox News, ABC, CNN e CBS non hanno mai incluso o menzionato discussioni o casi di nonviolenza nei loro comunicati.

Beth Hallowell sostiene che esistono molte strategie nonviolente per affrontare l’estremismo. Per esempio, l’ AFSC realizza programmi di “peace-building” in Somalia e in Indonesia che prendono in esame le cause profonde dell’estremismo, come la povertà e la guerra. Ma questi sforzi ottengono poca attenzione dai media: secondo questa ricercatrice, questo è un atteggiamento che è necessario cambiare. I giornalisti dovrebbero anche fornire più notizie che mettano in evidenza la nostra comune umanità, e far sentire le voci dei gruppi che sono storicamente emarginati, inclusi i Musulmani. Questo permetterebbe di stemperare le forme reazionarie di violenza contro i Musulmani e creerebbe qualche opportunità di parlare di pace nei dibattiti pubblici.


How the Mainstream Media’s Islamophobia Fuels Endless War
Friday, 20 May 2016 Mike Ludwig, Truthout | Report
http://www.truth-out.org/news/item/36115-how-the-mainstream-media-s-islamophobia-fuels-endless-war
Traduzione e sintesi di Elena Camino per il Centro Studi Sereno Regis


1 CBS – Columbia Broadcasting System – è uno dei più grandi network televisivi presenti negli Stati Uniti d’America.

2 La NBC è un network radiotelevisivo statunitense con sede principale presso il GE Building del Rockefeller Center di New York.

3 La National Public Radio è un’organizzazione indipendente no-profit comprendente oltre 900 stazioni radio statunitensi

4 PBS, acronimo di “Public Broadcasting Service”, è un’azienda no-profit statunitense di radiodiffusione pubblica che appartiene ad un consorzio che rappresenta 349 stazioni televisive pubbliche nazionali;

1 commento
  1. mario ciani
    mario ciani dice:

    le grandi testate, naturalmente hanno finanziatori con tanti capitali, che li hanno fatti con questo sistema, pertanto, non hanno alcun interesse cambiarlo. ritengo ingenuo credere che si possa cambiare il mondo restando amici del capitalismo.
    Il comunismo (70 anni fa io ne avevo 11 capii che non avrebbe funzionato) pieno di incongruenze ma per mezzo secolo fece molta paura ai capitalisti. oggi tutti amici di tutti, nessuna filosofia che sostituisce il sistema (che ci potrebbe essere), ci meravigliamo dei terrorismi e guerre? io non mi meraviglio e temo il peggio!

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